Dopo 50 anni restaurato il dono dell’imperatore del Giappone
Torna a casa il Samurai di Vittorio Emanuele II
Musei Reali, Torino. |
Armatura del guerriero giapponese.
Francesca Grego
27/01/2017
Torino - È di nuovo al suo posto, nella Sala della Rotonda dei Musei Reali, l’armatura del guerriero giapponese donata dall’imperatore Meiji a Vittorio Emanuele II, in seguito all’accordo di amicizia e commercio tra Italia e Giappone del 1866. Il restauro del prezioso artefatto è stato possibile grazie a Intesa Sanpaolo e al programma di tutela del patrimonio artistico nazionale Restituzioni, giunto alla diciassettesima edizione, che negli ultimi due anni ha permesso il recupero di 140 opere.
Risalgono a un periodo compreso fra il XV e il XVIII secolo le parti che compongono l’equipaggiamento completo del guerriero, che colpisce per l’elasticità e la flessibilità, se paragonato alle rigide armature in uso nello stesso periodo in Occidente: lamelle in cuoio e metallo, tenute insieme da fettucce azzurre e arancio, garantivano una notevole libertà di movimento, oltre a resistenza, impermeabilità ed eleganza. L’armatura apparteneva probabilmente a un personaggio di alto rango, come testimoniano la fine fattura, i colori e i materiali impiegati, ed è riconducibile alla tipologia dō-maru, concepita per scontri a piedi.
Dopo la presentazione presso le Gallerie d’Italia di Milano, il Samurai “a piedi, armato di tutto punto”, torna alle Armerie Reali di Torino da cui mancava da 50 anni. Sarà visibile all’interno di una speciale teca su un supporto realizzato ad hoc, insieme all’inseparabile katana, la lunga spada che la tradizione nipponica identificava con l’anima, l’onore e il rango del proprietario.
L’esposizione fa parte del programma delle celebrazioni del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia, avviate proprio dal Trattato di Amicizia e Commercio che fu preludio al dono.
Risalgono a un periodo compreso fra il XV e il XVIII secolo le parti che compongono l’equipaggiamento completo del guerriero, che colpisce per l’elasticità e la flessibilità, se paragonato alle rigide armature in uso nello stesso periodo in Occidente: lamelle in cuoio e metallo, tenute insieme da fettucce azzurre e arancio, garantivano una notevole libertà di movimento, oltre a resistenza, impermeabilità ed eleganza. L’armatura apparteneva probabilmente a un personaggio di alto rango, come testimoniano la fine fattura, i colori e i materiali impiegati, ed è riconducibile alla tipologia dō-maru, concepita per scontri a piedi.
Dopo la presentazione presso le Gallerie d’Italia di Milano, il Samurai “a piedi, armato di tutto punto”, torna alle Armerie Reali di Torino da cui mancava da 50 anni. Sarà visibile all’interno di una speciale teca su un supporto realizzato ad hoc, insieme all’inseparabile katana, la lunga spada che la tradizione nipponica identificava con l’anima, l’onore e il rango del proprietario.
L’esposizione fa parte del programma delle celebrazioni del 150° anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia, avviate proprio dal Trattato di Amicizia e Commercio che fu preludio al dono.
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