Dal 3 luglio al 24 ottobre al Castello del Buonconsiglio

Fede Galizia, "mirabile pittoressa", in mostra a Trento

Fede Galizia, Ritratto di Paolo Morigia, Milano, Veneranda Pinacoteca Ambrosiana
 

Samantha De Martin

20/04/2021

Trento - Nel novero delle pittrici tra Cinque e Seicento, Fede Galizia è stata una delle più raffinate e misteriose, ma soprattutto poliedriche.
Quest’artista europea a tutto tondo che intinse con garbo i propri pennelli nei fermenti artistici e culturali del suo tempo, spaziò dal ritratto all’incisione, dal disegno alle nature morte con una destrezza rara, gettando al tempo stesso un ponte tra la Trento del Concilio e la Milano di un’industria del lusso che muoveva già i primi passi.
Il Castello del Buonconsiglio di Trento, città che diede i natali al padre Nunzio, anche lui pittore, e alla quale anche Fede fu in qualche modo legata, le rende omaggio ospitando dal 3 luglio al 24 ottobre la prima mostra monografica dedicata all’artista.

L’arte di Fede - un nome programmatico per l’Europa della Controriforma - spopola tra i committenti dell’epoca e le opere di questa pittrice - documentata a Milano almeno dal 1587, dove visse presumibilmente fin dopo il 21 giugno 1630 - debuttano persino alla corte imperiale di Rodolfo II d’Asburgo tramite la mediazione di Giuseppe Arcimboldi.


Fede Galizia, Giuditta con la testa di Oloferne, 1601, Olio su tela, 92 x 123 cm, Roma, Galleria Borghese, Ministero per i Beni e le Attività culturali

Il "fenomeno" Fede Galizia
“Attraverso una sagace opera di promozione, Fede viene piroettata fino agli alti ranghi del suo tempo, dando vita a un vero ‘fenomeno Galizia’ - commenta Giovanni Agosti, curatore della mostra assieme a Luciana Giacomelli e Jacopo Stoppa -. Il percorso è pensato come un momento di formazione che vuole contribuire a far comprendere un fenomeno culturale. Fenomeno che passa attraverso la messa a punto di un regesto delle vicende estere di Fede e di Nunzio”.
Piaceva molto questa “mirabile pittoressa”, soprattutto agli scrittori. La figlia d’arte apprezzata per le sue Giuditte, i ritratti, le pale d’altare, e soprattutto le nature morte - dove tra pesche e cavallette riesce a trasmettere il respiro della vita silente - si racconta al pubblico attraverso le nove sezioni del percorso.

Fede Galizia a confronto con Sofonisba Anguissola e Arcimboldo
Un’ottantina saranno le opere esposte, tra dipinti, incisioni, medaglie e libri antichi, lavori ai quali si affiancano le opere di suor Plautilla Nelli e Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana e Barbara Longhi, ma anche di Giuseppe Arcimboldi, Bartholomeus Spranger, Jan Brueghel e Daniele Crespi, provenienti dai più importanti musei italiani, da collezioni private e internazionali. C’è l’excursus sulle donne pittrici nell’epoca della Controriforma, prologo all’esperienza di Fede Galizia, e c’è la Trento del Concilio, città in preda ai venti internazionali, artistici e culturali, che aleggiano tra le botteghe d’arte e la wunderkammer del cardinal Madruzzo, raffinato custode di antichità.
A sottolineare il legame tra Fede e la città è tuttavia la raffigurazione del «beato» Simonino da Trento.


Giuseppe Arcimboldo, Costume per mascherata, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi

Un "ponte" tra Trento e Milano
Non manca Milano, già nel Cinquecento capitale europea delle industrie del lusso, dove Nunzio, alle prese con profumate paste muschiate e ventagli alla spagnola, domina la scena e dove, fin dal 1587, sua figlia è celebrata per la sua attività di pittrice.
In questa sezione della mostra, oltre alla prima veduta tridimensionale della città realizzata nel 1578 da Nunzio, il pubblico ritrova il milanese Arcimboldo, main sponsor delle doti della giovanissima Fede.
Ed eccole le Giuditte, un soggetto affrontato più volte, in alcuni casi riproponendo addirittura la medesima immagine (come per il dipinto datato 1601 della Galleria Borghese), dalle quali emerge il gusto di Fede per la rappresentazione dei costumi e dei gioielli, alla luce delle competenze di suo padre Nunzio in fatto di abbigliamento.
 Fulcro della quinta sezione è la Giuditta del museo di Sarasota, firmata e datata 1596.


Fede Galizia, Noli me tangere. Pinacoteca Brera, Milano

Gli influssi di Correggio e Parmigianino
Non mancano gli influssi della pittura di Correggio, riferimento prioritario per Fede, e del Parmigianino, come attesta la Santa Caterina che giunge dalla raccolta dei principi Borromeo. Del primo la pittrice studia le opere, a partire da quelle presenti nel contesto milanese, come l’Orazione nell’Orto, oggi nella londinese Apsley House, ma a Milano tra Cinque e Seicento. O anche la Zingarella (oggi a Capodimonte) e la Madonna della cesta (oggi alla National Gallery di Londra), nelle quali individua un timbro devoto e sentimentale.
In questa galleria ideale, che è la mostra al Castello del Buonconsiglio, sfilano anche il ritratto di Paolo Morigia della Pinacoteca Ambrosiana, e quello di Ludovico Settala, il medico della peste manzoniana, accanto a Federico Zuccari e alla principessa di Monaco Ippolita Trivulzio.

Tra altari e vita silente
Tra le pale d’altare non poteva mancare il Noli me tangere, capolavoro della Pinacoteca di Brera, il più ammirato dai viaggiatori del passato, ma anche il più lontano dal gusto moderno. La dettagliata descrizione dei fiori, in primo piano, i gesti calibrati e la preziosità esecutiva delle vesti, esaminati con il cannocchiale del tempo, dovevano restituire fama all'artista nella Milano a cavallo tra XVI e XVII secolo.
Ultima, in mostra, la sezione dedicata alle nature morte, un genere nuovo, introdotto forse a Milano, intorno alla metà dell’ultimo decennio del Cinquecento, da Giovanni Ambrogio Figino, un pittore di tradizione leonardesca. Ma sarà la Canestra di Caravaggio, appartenuta al cardinale Federico Borromeo, a cambiare le carte in tavola, sollecitando Fede a misurarsi, tra temi e variazioni, con il nuovo corso della pittura.


Fede Galizia, Coppa di vetro con pesche, mele cotogne, fiori di gelsomino e una cavalletta, Collezione privata

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