A Venezia dal 1° aprile al 18 settembre
"Come Kandinsky". La Collezione Peggy Guggenheim riscopre Edmondo Bacci
Edmondo Bacci, Avvenimento #299, 1958. Tempera grassa e sabbia su tela, 140 x 140 cm. Palm Springs Art Museum, Donazione Estate of Seymour Oppenheimer
Francesca Grego
30/03/2023
Venezia - “Figli dell’oggi. Sono dinamici. Sono la bomba atomica sulla tela. Scoppiano di luce, di energia, di colore”, scriveva Peggy Guggenheim a proposito dei dipinti di Edmondo Bacci, giovane artista veneziano che ne conquistò l’attenzione negli anni Cinquanta. Tra i talenti più innovativi della sua generazione, Bacci reinventa la pittura con la forza generativa del colore. Lo scopriremo a Venezia dal 1° aprile al 18 settembre, proprio a casa di Peggy Guggenheim, che ne fiutò le doti e lo lanciò sulla scena internazionale dell’arte.
“Nel 1949 Peggy Guggenheim si trasferisce a Venezia, a Palazzo Venier dei Leoni”, ricorda Karole P. B. Vail, direttrice della Collezione Peggy Guggenheim: “In laguna prosegue con entusiasmo la sua attività di collezionista e mecenate, ma invece di aprire una galleria, come aveva fatto a Londra e a New York, decide di sostenere alcuni artisti veneziani, che guardano a lei come a un faro di speranza nell’Italia del dopoguerra. Tra questi artisti c’è appunto Bacci”.
"Edmondo Bacci. L'energia della luce". Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Foto Matteo De Fina
A cura di Chiara Bertola, responsabile del programma di arte contemporanea alla Fondazione Querini Stampalia, Edmondo Bacci. L’energia della luce riunisce circa 80 opere, la parte più lirica e interessante della produzione dell’artista. Molti dei pezzi in mostra arrivano da grandi musei americani come il MoMa di New York e l’Art Museum di Palm Springs, in California, o da prestigiose raccolte private. Alcuni tornano in Italia per la prima volta dagli anni Cinquanta, quando, grazie alla mediazione di Peggy Guggenheim e dell’allora direttore del MoMa Alfred H. Barr Jr, furono acquistati da alcuni collezionisti statunitensi: un’ulteriore testimonianza del successo di Bacci oltreoceano, che culminò nel ‘56 con una personale presso la storica Seventy-Five Gallery di New York.
“Per me questa mostra rappresenta un ritorno a casa di Edmondo Bacci, a casa di Peggy Guggenheim, collezionista sensibile e rara, che aveva intuito come, dietro a una figura così timida e schiva, quale era Bacci, si celasse un grandissimo artista”, racconta la curatrice. “Fu lei, per prima, a capire che l’energia del colore delle sue opere era qualcosa di speciale, di unico. Dal percorso espositivo ho cercato di far emergere, il più possibile, il linguaggio di Bacci, cercando di portare lo sguardo dentro l’esperienza dell’artista stesso”.
Edmondo Bacci, Avvenimento #247, 1956, tempera grassa e sabbia su tela, 140,2 x 140 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76.2553 PG 164
Attraverso dipinti e disegni, alcuni dei quali mai esposti, la mostra ripercorre l’evoluzione artistica di Bacci a partire dalle sue prime tele in bianco e nero - le serie dei Cantieri e delle Fabbriche - create pensando agli altoforni di Marghera. È alla fine di questa fase che Bacci introduce l’ingrediente chiave della sua ricetta: il colore, che dà forma allo spazio come pura materia di luce. Lo si osserva nella serie degli Avvenimenti, realizzati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il momento più felice della produzione dell’artista. “C’è una veggenza nel colore, il quale esplode in tutta la sua gioiosa ebbrezza. Potrei forse suggerire Kandinsky per un’uguale potenza poetica”, avrebbe scritto Peggy Guggenheim nel catalogo della Biennale di Venezia del 1958, che rese omaggio a Bacci dedicandogli un’intera sala.
"Edmondo Bacci. L'energia della luce". Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Foto Matteo De Fina
“Nel percorso non manca una sorta di deviazione, che definisco inedita, dedicata ai suoi lavori più sperimentali”, anticipa la curatrice. È qui che incontriamo i Gessi, le Sagome e i Teatrini, testimoni di un’incessante ricerca che negli anni Settanta si proietta oltre la pittura, verso la tridimensionalità della materia. Accanto a questi lavori, disegni inediti e la serie Carte bruciate, dove l’artista interroga ancora una volta le potenzialità del segno grafico e del colore.
Il finale è un ricordo della trionfale partecipazione di Bacci alla XXIX Biennale Internazionale d’Arte: l’allestimento del 1958 è stato ricostruito a Palazzo Venier dei Leoni con le opere più apprezzate dell’artista, come Avvenimento 299, proveniente dall’Art Museum di Palm Springs. L’ultimo capolavoro è una sorpresa solo apparentemente fuori contesto: il Giudizio finale di Giambattista Tiepolo, testimonianza di come Bacci, moderno virtuoso del colore, abbia guardato agli affreschi e ai mirabili cieli del maestro settecentesco, e alla rinomata tradizione della pittura veneta.
"Edmondo Bacci. L'energia della luce". Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Foto Matteo De Fina
Leggi anche:
• Una grande mostra su Marcel Duchamp nel 2023 della Collezione Peggy Guggenheim
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"Edmondo Bacci. L'energia della luce". Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Foto Matteo De Fina
A cura di Chiara Bertola, responsabile del programma di arte contemporanea alla Fondazione Querini Stampalia, Edmondo Bacci. L’energia della luce riunisce circa 80 opere, la parte più lirica e interessante della produzione dell’artista. Molti dei pezzi in mostra arrivano da grandi musei americani come il MoMa di New York e l’Art Museum di Palm Springs, in California, o da prestigiose raccolte private. Alcuni tornano in Italia per la prima volta dagli anni Cinquanta, quando, grazie alla mediazione di Peggy Guggenheim e dell’allora direttore del MoMa Alfred H. Barr Jr, furono acquistati da alcuni collezionisti statunitensi: un’ulteriore testimonianza del successo di Bacci oltreoceano, che culminò nel ‘56 con una personale presso la storica Seventy-Five Gallery di New York.
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Edmondo Bacci, Avvenimento #247, 1956, tempera grassa e sabbia su tela, 140,2 x 140 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia 76.2553 PG 164
Attraverso dipinti e disegni, alcuni dei quali mai esposti, la mostra ripercorre l’evoluzione artistica di Bacci a partire dalle sue prime tele in bianco e nero - le serie dei Cantieri e delle Fabbriche - create pensando agli altoforni di Marghera. È alla fine di questa fase che Bacci introduce l’ingrediente chiave della sua ricetta: il colore, che dà forma allo spazio come pura materia di luce. Lo si osserva nella serie degli Avvenimenti, realizzati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il momento più felice della produzione dell’artista. “C’è una veggenza nel colore, il quale esplode in tutta la sua gioiosa ebbrezza. Potrei forse suggerire Kandinsky per un’uguale potenza poetica”, avrebbe scritto Peggy Guggenheim nel catalogo della Biennale di Venezia del 1958, che rese omaggio a Bacci dedicandogli un’intera sala.
"Edmondo Bacci. L'energia della luce". Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Foto Matteo De Fina
“Nel percorso non manca una sorta di deviazione, che definisco inedita, dedicata ai suoi lavori più sperimentali”, anticipa la curatrice. È qui che incontriamo i Gessi, le Sagome e i Teatrini, testimoni di un’incessante ricerca che negli anni Settanta si proietta oltre la pittura, verso la tridimensionalità della materia. Accanto a questi lavori, disegni inediti e la serie Carte bruciate, dove l’artista interroga ancora una volta le potenzialità del segno grafico e del colore.
Il finale è un ricordo della trionfale partecipazione di Bacci alla XXIX Biennale Internazionale d’Arte: l’allestimento del 1958 è stato ricostruito a Palazzo Venier dei Leoni con le opere più apprezzate dell’artista, come Avvenimento 299, proveniente dall’Art Museum di Palm Springs. L’ultimo capolavoro è una sorpresa solo apparentemente fuori contesto: il Giudizio finale di Giambattista Tiepolo, testimonianza di come Bacci, moderno virtuoso del colore, abbia guardato agli affreschi e ai mirabili cieli del maestro settecentesco, e alla rinomata tradizione della pittura veneta.
"Edmondo Bacci. L'energia della luce". Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Foto Matteo De Fina
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