Arte e attualità
Un profugo gigante nel bacino di San Marco

Inflatable Refugee, Schellekens & Peleman © Anouk Focquier
Ludovica Sanfelice
17/11/2015
Venezia - ll collettivo artistico belga Schellekens & Peleman ha presentato a Venezia un intervento artistico che lega il proprio messaggio ai temi della migrazione, dell’identità e degli sviluppi geopolitici.
Il 16 novembre sulle acque del bacino di San Marco, a bordo di una piccola inbarcazione, abitanti e turisti hanno visto sfilare una gigantesca figura gonfiabile di sei metri. Un profugo seduto venuto a richiamare l’attenzione sulla disumanizzazione dei sentimenti di accoglienza riservati a chi fugge dalle guerre.
L’Inflatable Refugee nasce insieme alla grande crisi dovuta all’intensificarsi dei flussi migratori, conseguenze di conflitti che vedono il nostro coinvolgimento. Per la sua creazione, gli artisti hanno scelto di utilizzare lo stesso materiale dei mezzi che spesso i profughi utilizzano per le traversate. Un tessuto troppo fragile per affrontare il mare che ben comunica la vulnerabilità di chi si affida disperatamente alla sorte pur di sottrarsi all’orrore. La dimensione conferita al “rifugiato” consente invece diverse letture. Se da un lato l’altezza gli permette di elevare lo sguardo oltre l’orizzonte, sgombrandolo da confini e problemi burocratici, dall’altro la statura diventa un riflesso di come l’Occidente lo guarda. Come un problema o come un’opportunità?
Dopo Venezia, l’“Inflatable Refugee” compirà un giro del mondo facendo tappa anche a Roma, Parigi, New York, Amsterdam, Hong Kong, Sidney e tante altre città, e accovacciato sulla tuga del suo imbarco incrocerà le vite di chi le abita.
Il 16 novembre sulle acque del bacino di San Marco, a bordo di una piccola inbarcazione, abitanti e turisti hanno visto sfilare una gigantesca figura gonfiabile di sei metri. Un profugo seduto venuto a richiamare l’attenzione sulla disumanizzazione dei sentimenti di accoglienza riservati a chi fugge dalle guerre.
L’Inflatable Refugee nasce insieme alla grande crisi dovuta all’intensificarsi dei flussi migratori, conseguenze di conflitti che vedono il nostro coinvolgimento. Per la sua creazione, gli artisti hanno scelto di utilizzare lo stesso materiale dei mezzi che spesso i profughi utilizzano per le traversate. Un tessuto troppo fragile per affrontare il mare che ben comunica la vulnerabilità di chi si affida disperatamente alla sorte pur di sottrarsi all’orrore. La dimensione conferita al “rifugiato” consente invece diverse letture. Se da un lato l’altezza gli permette di elevare lo sguardo oltre l’orizzonte, sgombrandolo da confini e problemi burocratici, dall’altro la statura diventa un riflesso di come l’Occidente lo guarda. Come un problema o come un’opportunità?
Dopo Venezia, l’“Inflatable Refugee” compirà un giro del mondo facendo tappa anche a Roma, Parigi, New York, Amsterdam, Hong Kong, Sidney e tante altre città, e accovacciato sulla tuga del suo imbarco incrocerà le vite di chi le abita.
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