La Battaglia di Custoza

Giovanni Fattori

 
DESCRIZIONE:
Alla più vasta delle sue numerose tele di soggetto militare, dedicata al disastroso insuccesso di Custoza del 24 giugno 1866, Fattori lavorò dal 1876 al 1880 (non andò a documentarsi sul luogo come era avvenuto per la battaglia di Magenta, ma l'accuratezza delle ricerche è testimoniata dai disegni preparatori conservati nel Museo Civico di Livorno), in un vasto ambiente messogli a disposizione nell'Accademia di Belle Arti di Firenze, per interessamento del Ministero della Pubblica Istruzione. Onorato dalla vista di re Umberto I nel 1878, Fattori presentava infine il dipinto all'Esposizione Nazionale di Torino del 1880, senza troppo successo: "è impossibile sognare i nostri bellissimi artiglieri più brutti, più sciatti, meno soldati nella tenuta [...] sono trasparenti, essi e le loro divise; i fanti del quadrato,  cavalli,  cavalieri, armi ed armati, tutto è scialbo, diafano, scolorito, fragile, inconsistente come le spoglie secche delle cicale" recensiva Chirtani, che trovandovi alcuni brani - quali il paesaggio - meglio riusciti, concludeva: "questi pezzi più consistenti fanno parere ancor più svanite le larve dei combattenti" (Chirtani 1880 a, p. 87). Similmente Filippi si doleva che tutte le "belle cose" militari, uniformi, attrezzi e divise, fossero come "affogate nella più strana falsità di colore, bigio, violaceo, azzurrognolo, da far venire il mal di mare" (Filippi 1880, pp. 112-113). Esposto nuovamente a Roma nel 1883, il dipinto venne in quell'occasione acquistato per la costituenda Galleria d'Arte Moderna grazie all'interessamento del ministro Ferdinando Martini. In un momento storico tanto drammatico per il giovane Regno d'Italia "in considerazione della crescente importanza della pittura di battaglie e del significato tributatele dalla politica culturale dello Stato [...] nella consapevolezza delle particolari difficoltà che il nuovo soggetto presentava" (Hansmann 2005, p. 243), pur non del tutto compresa nelle sue rivoluzionarie novità formali, nella scabra essenzialità della pittura, carica di pathos proprio perché volutamente priva di facili attrattive, l'opera di Fattori otteneva così un riconoscimento pubblico carico di significato. "Proprio in quella dimensione popolare, scarna e quasi schematica che definiva la grande tela di Custoza, [Fattori] riproponeva una più articolata o per lo meno apparentemente più complessa definizione ‘nazionale' del quadro realista" (Monti 1987, p. 60).
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