Crossing the Rubicon
Dal 05 Marzo 2023 al 27 Aprile 2023
Venezia
Luogo: IKONA PHOTO GALLERY
Indirizzo: Campo del Ghetto Nuovo - Cannaregio 2909
Orari: Dom - Ven 11 - 19 | Sab chiuso
Curatori: Živa Kraus
Costo del biglietto: Ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 041 528 9387
E-Mail info: ikonavenezia@ikonavenezia.com
Sito ufficiale: http://ikonavenezia.com
'"Pochi sono i disegni che hanno questa grana, questa epidermide; più ancora, pochi con quel nero profondo, di carbone venuto dal fondo."
La polvere e il carbone, Jean Clair
In un'epoca in cui le sperimentazioni artistiche indagano prevalentemente sul mezzo, Marko Velk sceglie la tecnica più tradizionale di tutte: il disegno a carboncino. Un mezzo espressivo antico che connette l’uomo postmoderno agli uomini dell’età della pietra che per tramandare ai postumi le proprie tracce, concretizzare un’idea o scongiurare la paura dell’ignoto utilizzavano un tizzone ardente per lasciare un segno nero su di una superfice. Non esiste una maniera più naturale del carboncino per disegnare, il legno diventa un prolungamento della mano dell’artista riducendo la via tra la superficie e l’urgenza di riempire il foglio vuoto. Anche per questo Marko Velk sembra distaccarsi dall’arte contemporanea spesso fondata su un concetto, un’idea, un progetto a favore di un istinto creativo.
La mostra Crossing the Rubicon curata da Živa Kraus prende il nome dall’omonimo disegno di Marko Velk. L’illustrazione riproduce realisticamente il quadro Washington crossing the Delaware dipinto da Emanuel Leutze per onorare l’impresa della traversata sul Fiume Delaware durante la guerra di indipendenza americana il giorno di Natale del 1776. George Washington è paragonato a Giulio Cesare nelle gesta dell’attraversamento del Rubicone, quando l’imperatore pronunciò le famose parole Alea Iacta Est, il dado è tratto.
L’opera di Marko Velk ha degli elementi estranei alla vicenda, simili a stringhe, che disturbano la composizione tanto familiare confondendo l’osservatore. Il disegno Crossing the Rubicon è accompagnato da una serie di 12 ritratti a carboncino dei protagonisti delle guerre di indipendenza. Ancora una volta, elementi estranei confondono lo spettatore innescando un’inquietudine disorientante.
"Sono i ritratti, in queste forme nate dalla notte del carbone e della polvere della grafite, a risultare spesso le resurrezioni più inquietanti. Li si credeva familiari e invece riescono così estranei. Sono così presenti ma di una strana presenza; li si guarda come apparizioni scaturite dal cuore della notte, mentre sono della stessa medesima natura della notte."
Questa è una parte del testo La polevere e il carbone dello storico e critico dell'arte dell’Acadèmie française Jean Clair, che rivede nel lavoro di Marko Velk l’intera parabola della storia dell’arte che termina nel ritorno ai simboli ancestrali restaurando il potere primitivo e inquietante di rappresentare la contemporaneità. Il rovesciamento dell’armonia e la caoticità del presente sono rappresentati da Marko Velk mediante la trasformazione, l’ibridazione, lo svisceramento dei personaggi con parti del corpo come organi o ossa. Contemporaneamente l’artista crea e deforma, esalta e nasconde, facendo della sua arte ombra e luce, morte e vita.
L’osservatore è libero di interpretare il significato dei simboli applicati ai volti, dando un’interpretazione personale all’immagine e ai personaggi. Sono eroi o nemici? Liberatori o conquistatori? Non a caso la serie termina con un anamorfismo di un memento mori, simbolo rinascimentale di enigma per eccellenza che spinge ancora una volta lo spettatore a chiedersi con quale strumento poter leggere l’opera, e a chi sia rivolta.
INAUGURAZIONE: Domenica 5 marzo ore 12
L'artista sarà presente all'inaugurazione
Vedi anche:
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• FOTO: Le memorie iconiche di Živa Kraus
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MEMORY FOR THE FUTURE:
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• FLOTTE (2019)
• DIVERSI (2019)
• VJENCESLAV RICHTER. Object - that is everything!… Architecture, painting, sculpture - everything is an object! (2018-2019)
• PERCEPTIONS di Marya Kazoun (2018)
• Elena Veronese. Hospital Poetry (2018)
• LÁ DOVE NON C'É NULLA (2018)
• FIL ROUGE (2018)
• DEATH OF VENICE (2018)
• La Fine del Tempo fotografie di Mario Sillani Djerrahian (2018)
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• Gerusalemme_Dove salgono i popoli (2014)
• Živa Kraus. Au bord de L'eau (2013)
• Daniele Duca. Hot&Cold (2012)
• Chuck Freedman. Venezia Icon (2012)
• Ritratti fotografici e video ritratti all’Ikona Gallery di Venezia (2012)
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La polvere e il carbone, Jean Clair
In un'epoca in cui le sperimentazioni artistiche indagano prevalentemente sul mezzo, Marko Velk sceglie la tecnica più tradizionale di tutte: il disegno a carboncino. Un mezzo espressivo antico che connette l’uomo postmoderno agli uomini dell’età della pietra che per tramandare ai postumi le proprie tracce, concretizzare un’idea o scongiurare la paura dell’ignoto utilizzavano un tizzone ardente per lasciare un segno nero su di una superfice. Non esiste una maniera più naturale del carboncino per disegnare, il legno diventa un prolungamento della mano dell’artista riducendo la via tra la superficie e l’urgenza di riempire il foglio vuoto. Anche per questo Marko Velk sembra distaccarsi dall’arte contemporanea spesso fondata su un concetto, un’idea, un progetto a favore di un istinto creativo.
La mostra Crossing the Rubicon curata da Živa Kraus prende il nome dall’omonimo disegno di Marko Velk. L’illustrazione riproduce realisticamente il quadro Washington crossing the Delaware dipinto da Emanuel Leutze per onorare l’impresa della traversata sul Fiume Delaware durante la guerra di indipendenza americana il giorno di Natale del 1776. George Washington è paragonato a Giulio Cesare nelle gesta dell’attraversamento del Rubicone, quando l’imperatore pronunciò le famose parole Alea Iacta Est, il dado è tratto.
L’opera di Marko Velk ha degli elementi estranei alla vicenda, simili a stringhe, che disturbano la composizione tanto familiare confondendo l’osservatore. Il disegno Crossing the Rubicon è accompagnato da una serie di 12 ritratti a carboncino dei protagonisti delle guerre di indipendenza. Ancora una volta, elementi estranei confondono lo spettatore innescando un’inquietudine disorientante.
"Sono i ritratti, in queste forme nate dalla notte del carbone e della polvere della grafite, a risultare spesso le resurrezioni più inquietanti. Li si credeva familiari e invece riescono così estranei. Sono così presenti ma di una strana presenza; li si guarda come apparizioni scaturite dal cuore della notte, mentre sono della stessa medesima natura della notte."
Questa è una parte del testo La polevere e il carbone dello storico e critico dell'arte dell’Acadèmie française Jean Clair, che rivede nel lavoro di Marko Velk l’intera parabola della storia dell’arte che termina nel ritorno ai simboli ancestrali restaurando il potere primitivo e inquietante di rappresentare la contemporaneità. Il rovesciamento dell’armonia e la caoticità del presente sono rappresentati da Marko Velk mediante la trasformazione, l’ibridazione, lo svisceramento dei personaggi con parti del corpo come organi o ossa. Contemporaneamente l’artista crea e deforma, esalta e nasconde, facendo della sua arte ombra e luce, morte e vita.
L’osservatore è libero di interpretare il significato dei simboli applicati ai volti, dando un’interpretazione personale all’immagine e ai personaggi. Sono eroi o nemici? Liberatori o conquistatori? Non a caso la serie termina con un anamorfismo di un memento mori, simbolo rinascimentale di enigma per eccellenza che spinge ancora una volta lo spettatore a chiedersi con quale strumento poter leggere l’opera, e a chi sia rivolta.
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