Il 17 giugno aprono a Messina i nuovi spazi del Museo Interdisciplinare regionale
Dopo anni di attesa a Messina apre il MuMe
La sede del Museo Interdisciplinare regionale di Messina (MuMe). Courtesy of Regione siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità siciliana, museo Interdisciplinare Regionale
Samantha De Martin
08/06/2017
Messina - Avrà finalmente la sua degna collocazione la preziosa rosa di capolavori del patrimonio artistico di Messina, recuperati a fatica dalle macerie del disastroso terremoto del 1908, e inscatolati per decenni tra musei, depositi e magazzini.
Dopo anni di attese, infatti, il 17 giugno verrà consegnata alla città la nuova sede del Museo Interdisciplinare Regionale (MuMe), finalmente ultimata.
A risplendere in tutto il loro fascino nelle sale dell'edificio - destinato a diventare parte integrante del grande parco museale dell'antica Zancle, uno dei più grandi dell'Italia meridionale con i suoi 17mila metri quadrati - ci saranno anche due grandi tele di Caravaggio - Resurrezione di Lazzaro e Adorazione dei Pastori - realizzate dal Merisi durante la sua fuga in Sicilia, alcuni lavori di Antonello da Messina, come il Polittico di San Gregorio, prima opera datata e firmata del catalogo dell'artista, e la tavoletta bifronte acquistata nel 2006 da Christie's.
A dire il vero una parte della collezione, incluse le opere di Antonello e Caravaggio, è sempre stata fruibile dai visitatori, esposta nella sede dell'ex Filanda Mellinghoff, storico opificio ottocentesco risparmiato dal sisma.
Quella del MuMe, infatti, è una lunga storia, iniziata nel 1984. Ed è per questo che la consegna dei nuovi spazi, a distanza di oltre 30 anni, dopo la parziale apertura avvenuta nel 2016, acquista per la città del Peloro, ma anche per il panorama artistico nazionale, un significato da non sottovalutare.
La struttura architettonica che avrebbe dovuto accogliere i beni storico-artistici messi in sicurezza dopo il sisma, iniziata nel 1984 e consegnata nel 1995, non era risultata idonea ad ospitare le collezioni, e i fondi erano al tempo insufficienti per riparare al solito pastiche all'italiana che aveva partorito una delle tanti grandi incompiute.
E così, una selezione di opere, insieme a molti oggetti provenienti da numerose chiese della città sfiancate dal terremoto, era stata destinata ad essere esposta nelle sale dell'ex Filanda.
L'ostinato impegno del direttore del museo, Caterina Di Giacomo, che, definendo, negli anni, interventi di adeguamento tecnologico e completamento dei percorsi espositivi, si è adoperato per consegnare la struttura completa alla comunità, inaugurando un nuovo capitolo nella storia artistica della città dello Stretto, aveva raccolto i suoi primi frutti già a dicembre dello scorso anno. Nel 2016, infatti, erano stati aperti il settore archeologico e l'ala nord del MuMe, con la grande produzione Manierista, i due Caravaggio, la sala dei caravaggeschi e il monumentale complesso statuario del Montorsoli.
Collezione alla quale, tra pochi giorni, andranno ad aggiungersi i restanti capolavori, molti dei quali finora sottratti al pubblico per motivi di spazio.
È sempre un'emozione quando un museo accresce le sue illustri viscere che, nel caso del MuMe, raccontano una storia millenaria che dal III secolo a.C corre ai primi del Novecento. Ne sono testimoni alcuni gioielli, come il rostro romano d'età imperiale di Capo Rasocolmo, pezzo forte della sezione Archeologia, gli idoletti cicladici, già simbolo della millenaria centralità dell'area dello Stretto, ma anche i capolavori del Seicento e Settecento, espositi al secondo piano.
«Un museo - spiega l'architetto Gianfranco Anastasio, responsabile dei lavori di completamento della struttura - non è un luogo della memoria, ma una macchina urbana destinata alla comunità locale e ai visitatori, costruita per rappresentare il futuro oltre che per racchiudere un'identità forte».
E infatti il MuMe, ancor prima di vedere completati i suoi spazi, questa identità l'aveva difesa e conservata, proiettandola nel futuro - come quando aveva ospitato, nel 2015, la mostra sul Futurismo e, nel 2016, quella sul Mediterraneo, in regime di art-sharing con il Mart di Rovereto.
Identità che adesso ha anche trovato la sua definitiva sede.
Leggi anche.
• Il varo del nuovo museo
Dopo anni di attese, infatti, il 17 giugno verrà consegnata alla città la nuova sede del Museo Interdisciplinare Regionale (MuMe), finalmente ultimata.
A risplendere in tutto il loro fascino nelle sale dell'edificio - destinato a diventare parte integrante del grande parco museale dell'antica Zancle, uno dei più grandi dell'Italia meridionale con i suoi 17mila metri quadrati - ci saranno anche due grandi tele di Caravaggio - Resurrezione di Lazzaro e Adorazione dei Pastori - realizzate dal Merisi durante la sua fuga in Sicilia, alcuni lavori di Antonello da Messina, come il Polittico di San Gregorio, prima opera datata e firmata del catalogo dell'artista, e la tavoletta bifronte acquistata nel 2006 da Christie's.
A dire il vero una parte della collezione, incluse le opere di Antonello e Caravaggio, è sempre stata fruibile dai visitatori, esposta nella sede dell'ex Filanda Mellinghoff, storico opificio ottocentesco risparmiato dal sisma.
Quella del MuMe, infatti, è una lunga storia, iniziata nel 1984. Ed è per questo che la consegna dei nuovi spazi, a distanza di oltre 30 anni, dopo la parziale apertura avvenuta nel 2016, acquista per la città del Peloro, ma anche per il panorama artistico nazionale, un significato da non sottovalutare.
La struttura architettonica che avrebbe dovuto accogliere i beni storico-artistici messi in sicurezza dopo il sisma, iniziata nel 1984 e consegnata nel 1995, non era risultata idonea ad ospitare le collezioni, e i fondi erano al tempo insufficienti per riparare al solito pastiche all'italiana che aveva partorito una delle tanti grandi incompiute.
E così, una selezione di opere, insieme a molti oggetti provenienti da numerose chiese della città sfiancate dal terremoto, era stata destinata ad essere esposta nelle sale dell'ex Filanda.
L'ostinato impegno del direttore del museo, Caterina Di Giacomo, che, definendo, negli anni, interventi di adeguamento tecnologico e completamento dei percorsi espositivi, si è adoperato per consegnare la struttura completa alla comunità, inaugurando un nuovo capitolo nella storia artistica della città dello Stretto, aveva raccolto i suoi primi frutti già a dicembre dello scorso anno. Nel 2016, infatti, erano stati aperti il settore archeologico e l'ala nord del MuMe, con la grande produzione Manierista, i due Caravaggio, la sala dei caravaggeschi e il monumentale complesso statuario del Montorsoli.
Collezione alla quale, tra pochi giorni, andranno ad aggiungersi i restanti capolavori, molti dei quali finora sottratti al pubblico per motivi di spazio.
È sempre un'emozione quando un museo accresce le sue illustri viscere che, nel caso del MuMe, raccontano una storia millenaria che dal III secolo a.C corre ai primi del Novecento. Ne sono testimoni alcuni gioielli, come il rostro romano d'età imperiale di Capo Rasocolmo, pezzo forte della sezione Archeologia, gli idoletti cicladici, già simbolo della millenaria centralità dell'area dello Stretto, ma anche i capolavori del Seicento e Settecento, espositi al secondo piano.
«Un museo - spiega l'architetto Gianfranco Anastasio, responsabile dei lavori di completamento della struttura - non è un luogo della memoria, ma una macchina urbana destinata alla comunità locale e ai visitatori, costruita per rappresentare il futuro oltre che per racchiudere un'identità forte».
E infatti il MuMe, ancor prima di vedere completati i suoi spazi, questa identità l'aveva difesa e conservata, proiettandola nel futuro - come quando aveva ospitato, nel 2015, la mostra sul Futurismo e, nel 2016, quella sul Mediterraneo, in regime di art-sharing con il Mart di Rovereto.
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