Cecilia Jonsson. Paradoxes of a Diamond
Dal 04 Agosto 2015 al 16 Agosto 2015
Venezia
Luogo: Museo di Storia Naturale
Indirizzo: calle Santa Croce 1730
Orari: da martedì a domenica 10-18
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 5.50
Telefono per informazioni: +39 041 2750206
E-Mail info: creativa@comune.venezia.it
Sito ufficiale: http://msn.visitmuve.it
“Nulla è più utile dell’acqua, ma difficilmente con essa si comprerà qualcosa, difficilmente se ne può avere qualcosa in cambio. Un diamante, al contrario, ha difficilmente qualche valore d’uso, ma in cambio di esso si può ottenere una grandissima quantità di altri beni”
Adam Smith, 1776
Apre al pubblico martedì 4 agosto presso il cortile interno del Museo di Storia Naturale di Venezia Paradoxes of a Diamond, un progetto interdisciplinare e site-specific di arte contemporanea dell’artista Cecilia Jonsson, che esplora l’ambiente sedimentario della Laguna di Venezia, le sue dinamiche e la sua composizione.
La mostra, visitabile con il biglietto e gli orari del museo, conclude il programma di residenza presso la Fondazione Bevilacqua La Masa dell’artista Cecilia Jonsson, che ha trascorso tre mesi a Venezia grazie alla collaborazione con l’Office for Contemporary Art Norway di Oslo.
La laguna di Venezia è un sistema naturale dall’equilibrio delicato, in cui erosione, sedimentazione, correnti di marea, salinità e tempi di residenza contribuiscono a dare origine ad uno dei bacini acquitrinosi più estesi del Mediterraneo, ove si mescolano acqua e terra. Citando Marcel Proust che ne coglie la paradossale relazione, è al contempo “una laguna urbana e una parte naturale di Venezia”.
Nel corso del Ventesimo secolo le zone centrali della laguna di Venezia hanno subito drastici cambiamenti a livello ambientale, dovuti principalmente all’impatto antropico dell’area industriale di Porto Marghera e degli insediamenti circostanti, allo sfruttamento agricolo intensivo e allo scavo di due profondi canali. I conseguenti cambiamenti a livello idrodinamico hanno avuto un forte impatto nel riciclo dei sedimenti e nel deposito di sostanze nutrienti e inquinanti e hanno portato alla sostituzione di parte della flora lagunare preesistente con alcune specie di macro-alga, maggiormente adattabili e resistenti. Negli ultimi anni, la biomassa di alcune alghe è stata talmente abbondante da rendere necessaria una rimozione periodica, per limitarne la diffusione e prevenire la de-ossigenazione dell’acqua.
Paradoxes of a Diamond esplora la storia della laguna di Venezia attraverso una prospettiva ecologica contemporanea, utilizzando le alghe come indicatore biologico dello stato ambientale della laguna. Più in particolare, il progetto indaga il livello di contaminazione da metalli pesanti contenuto in tre specie di alghe presenti in laguna (Ulva rigida, Gracilaria gracilis e Sargassum mutucum), nonché il loro accumulo di diossido di carbonio e la loro “utilità” come riserva di carbonio.
Ispirato al “Paradosso dell’Acqua e del Diamante”, formulato da Adam Smith nel 1776 in La ricchezza delle nazioni, il progetto riflette inoltre sui concetti economici di valore d’uso e valore di mercato, nonché sul concetto di utilità marginale all’interno di un ecosistema, immaginando la produzione di un diamante a partire dal carbonio contenuto in alghe raccolte in zone con sedimenti di classe C, ossia quelli maggiormente contaminati, presenti nelle aree centrali della laguna. Effettuata una misurazione dei livelli di carbonio e metalli pesanti contenuti in un piccolo campione di alghe, ne sono stati prelevati ulteriori 150 kg per ottenere la quantità di carbonio necessaria alla creazione di un diamante, la cui colorazione dipende dalla combinazione dei metalli presenti.
Il diamante non è però stato concretamente sintetizzato, ma solo rappresentato simbolicamente come “riserva” di carbonio, attraverso un’installazione composta da mattoni di alghe essiccate, conservate sottovuoto in sacchetti sigillati. Il processo chimico di sintesi del diamante è quindi mantenuto in uno stato di incompletezza e possibilità: un diamante in fieri più che un diamante compiuto, il cui valore è quindi più affine ad un simbolico valore d’uso che ad un consueto valore di mercato, diventando così il mezzo paradossale di una rinnovata consapevolezza ecologica.
Il progetto si presenta un’installazione composta da più elementi: numerosi mattoni di alghe essiccate, un “dipinto organico”, una reinterpretazione della colonna di Winogradsky (un dispositivo per la coltura di varie tipologie di microrganismi) in cui sono raccolti sedimenti lagunari di classe C, alcuni disegni su carta realizzata con alghe, un erbario, stampe di analisi e di scansioni realizzate in laboratorio, una pietra di Peridotite.
Paradoxes of a Diamond è stato realizzato col supporto dell’Office for Contemporary Art Norway (OCA) e della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Il progetto, a cura di Rachele D’Osualdo e Sabina Bassetto, è stato condotto in collaborazione con Adriano Sfriso e Alessandro Buosi, del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; Paola Del Negro e Francesca Malfatti, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste.
Si ringraziano l’Università degli Studi di Trieste per le scansioni realizzate al SEM (microscopio elettronico a scansione) e Favini Srl, produttore della carta Shiro Alga, per il supporto al progetto.
Cecilia Jonsson è la vincitrice per il 2015 della residenza per artisti attivi in norvegia, realizzata dalla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia in collaborazione con OCA Office for Contemporary Art Norway, Oslo.
www.ceciliajonsson.com
Adam Smith, 1776
Apre al pubblico martedì 4 agosto presso il cortile interno del Museo di Storia Naturale di Venezia Paradoxes of a Diamond, un progetto interdisciplinare e site-specific di arte contemporanea dell’artista Cecilia Jonsson, che esplora l’ambiente sedimentario della Laguna di Venezia, le sue dinamiche e la sua composizione.
La mostra, visitabile con il biglietto e gli orari del museo, conclude il programma di residenza presso la Fondazione Bevilacqua La Masa dell’artista Cecilia Jonsson, che ha trascorso tre mesi a Venezia grazie alla collaborazione con l’Office for Contemporary Art Norway di Oslo.
La laguna di Venezia è un sistema naturale dall’equilibrio delicato, in cui erosione, sedimentazione, correnti di marea, salinità e tempi di residenza contribuiscono a dare origine ad uno dei bacini acquitrinosi più estesi del Mediterraneo, ove si mescolano acqua e terra. Citando Marcel Proust che ne coglie la paradossale relazione, è al contempo “una laguna urbana e una parte naturale di Venezia”.
Nel corso del Ventesimo secolo le zone centrali della laguna di Venezia hanno subito drastici cambiamenti a livello ambientale, dovuti principalmente all’impatto antropico dell’area industriale di Porto Marghera e degli insediamenti circostanti, allo sfruttamento agricolo intensivo e allo scavo di due profondi canali. I conseguenti cambiamenti a livello idrodinamico hanno avuto un forte impatto nel riciclo dei sedimenti e nel deposito di sostanze nutrienti e inquinanti e hanno portato alla sostituzione di parte della flora lagunare preesistente con alcune specie di macro-alga, maggiormente adattabili e resistenti. Negli ultimi anni, la biomassa di alcune alghe è stata talmente abbondante da rendere necessaria una rimozione periodica, per limitarne la diffusione e prevenire la de-ossigenazione dell’acqua.
Paradoxes of a Diamond esplora la storia della laguna di Venezia attraverso una prospettiva ecologica contemporanea, utilizzando le alghe come indicatore biologico dello stato ambientale della laguna. Più in particolare, il progetto indaga il livello di contaminazione da metalli pesanti contenuto in tre specie di alghe presenti in laguna (Ulva rigida, Gracilaria gracilis e Sargassum mutucum), nonché il loro accumulo di diossido di carbonio e la loro “utilità” come riserva di carbonio.
Ispirato al “Paradosso dell’Acqua e del Diamante”, formulato da Adam Smith nel 1776 in La ricchezza delle nazioni, il progetto riflette inoltre sui concetti economici di valore d’uso e valore di mercato, nonché sul concetto di utilità marginale all’interno di un ecosistema, immaginando la produzione di un diamante a partire dal carbonio contenuto in alghe raccolte in zone con sedimenti di classe C, ossia quelli maggiormente contaminati, presenti nelle aree centrali della laguna. Effettuata una misurazione dei livelli di carbonio e metalli pesanti contenuti in un piccolo campione di alghe, ne sono stati prelevati ulteriori 150 kg per ottenere la quantità di carbonio necessaria alla creazione di un diamante, la cui colorazione dipende dalla combinazione dei metalli presenti.
Il diamante non è però stato concretamente sintetizzato, ma solo rappresentato simbolicamente come “riserva” di carbonio, attraverso un’installazione composta da mattoni di alghe essiccate, conservate sottovuoto in sacchetti sigillati. Il processo chimico di sintesi del diamante è quindi mantenuto in uno stato di incompletezza e possibilità: un diamante in fieri più che un diamante compiuto, il cui valore è quindi più affine ad un simbolico valore d’uso che ad un consueto valore di mercato, diventando così il mezzo paradossale di una rinnovata consapevolezza ecologica.
Il progetto si presenta un’installazione composta da più elementi: numerosi mattoni di alghe essiccate, un “dipinto organico”, una reinterpretazione della colonna di Winogradsky (un dispositivo per la coltura di varie tipologie di microrganismi) in cui sono raccolti sedimenti lagunari di classe C, alcuni disegni su carta realizzata con alghe, un erbario, stampe di analisi e di scansioni realizzate in laboratorio, una pietra di Peridotite.
Paradoxes of a Diamond è stato realizzato col supporto dell’Office for Contemporary Art Norway (OCA) e della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Il progetto, a cura di Rachele D’Osualdo e Sabina Bassetto, è stato condotto in collaborazione con Adriano Sfriso e Alessandro Buosi, del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; Paola Del Negro e Francesca Malfatti, dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste.
Si ringraziano l’Università degli Studi di Trieste per le scansioni realizzate al SEM (microscopio elettronico a scansione) e Favini Srl, produttore della carta Shiro Alga, per il supporto al progetto.
Cecilia Jonsson è la vincitrice per il 2015 della residenza per artisti attivi in norvegia, realizzata dalla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia in collaborazione con OCA Office for Contemporary Art Norway, Oslo.
www.ceciliajonsson.com
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