Nuovi percorsi permanenti e mostre di qualità nel futuro della Galleria Nazionale delle Marche

Urbino riparte dagli arazzi di Raffaello. Parla Luigi Gallo, direttore di Palazzo Ducale

Urbino, il cortile d'onore di Palazzo Ducale I Foto Claudio Ripalti I Courtesy Galleria Nazionale delle Marche
 

Francesca Grego

08/04/2021

Pesaro e Urbino - Una grande mostra sugli arazzi di Raffaello inaugurerà il nuovo corso della Galleria Nazionale delle Marche appena i musei saranno della regione autorizzati a riaprire. Ma anche a porte chiuse i lavori fervono a Palazzo Ducale, che si prepara a riaccogliere i visitatori con tante attrazioni inedite: ambienti mai visti prima, percorsi rinnovati, eventi espositivi di qualità. Il programma del neo-direttore Luigi Gallo, arrivato a Urbino lo scorso novembre dalle Scuderie del Quirinale, punta a valorizzare la grande storia e i tesori di uno dei centri più vivaci del Rinascimento, con un occhio al contemporaneo e un’attenzione speciale per il patrimonio artistico del territorio. Le mostre, poche ma buone, evidenzieranno l’enorme contributo che la corte del Montefeltro e i suoi artisti hanno portato allo sviluppo dell’arte italiana: Raffaello, Piero della Francesca, Federico Barocci sono solo alcuni dei protagonisti di questa avventura. E al cuore di tutto c’è lui, il Palazzo, scrigno, teatro e manifesto di un’epoca d’oro che risuona ancora nelle superbe architetture quattrocentesche.
Ne parliamo con Luigi Gallo, cominciando da un appuntamento espositivo atteso da tempo.  


Manifattura Gobelins (da Raffaello), Cacciata di Eliodoro dal tempio, arazzo, XVIII secolo, cm 500 x 895, Mobilier National, Parigi

Che cosa vedremo nella mostra Sul filo di Raffaello? Quali storie ci racconteranno gli arazzi del Divin Pittore?
“Raffaello ha rivoluzionato molti generi artistici e fra questi certamente l’arte della tessitura degli arazzi. Pochi anni prima della sua morte riceve l’incarico di realizzare i cartoni per gli arazzi della Cappella Sistina. Ne vedrà completati sette, che saranno esposti la notte di Natale nel 1519 appunto nella Cappella Sistina. Oggi i cartoni sono conservati al Victoria and Albert Museum di Londra e sono dei veri capolavori della grafica, resi ancora più belli dall’uso del colore. Quella degli arazzi è una tradizione fondamentalmente nordica e le grandi manifatture si trovano nelle Fiandre. Qui vengono realizzati anche gli arazzi di Raffaello, che danno il via a una nuova moda e influenzano l’arte della tessitura fino all’Ottocento. A Urbino esponiamo nella collezione permanente un ciclo tratto dai disegni di Raffaello all’inizio del XVII secolo per il cardinal Mazzarino. Altri dodici ne arriveranno dalle raccolte del Mobilier National di Parigi: sono panni di dimensioni monumentali, tessuti nelle manifatture francesi di Gobelins a cavallo tra XVII e XVIII secolo. Non sono mai stati esposti in Italia e testimoniano la fortuna dei disegni di Raffaello dopo la sua morte. Nel Salone del Trono di Palazzo Ducale li vedremo insieme agli arazzi conservati ai Musei Vaticani in un allestimento veramente grandioso”. 

In questo momento non è facile organizzare mostre. Quali sono i prossimi progetti della Galleria Nazionale delle Marche?
“La mia volontà è continuare a fare mostre, sia pure riducendone il numero a due all’anno per concentrarci meglio sulla collezione permanente. A novembre un importante evento espositivo, che curerò personalmente con l'architetto Luca Molinari, inserirà la Galleria Nazionale delle Marche all’interno delle celebrazioni dantesche. Presenteremo per la prima volta al pubblico 22 tavole disegnate da Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri con l’aiuto del pittore Mario Sironi per il Danteum, il monumento dedicato a Dante che sarebbe dovuto sorgere a Roma su via dei Fori Imperiali. Era il 1938 e lo scoppio della guerra fece naufragare il progetto, ma queste meravigliose tavole acquerellate restano il documento di uno dei più grandi monumenti dell’architettura razionalista. Grazie al prestito dell’Archivio Lingeri, le esporremo accanto alla nostra Città Ideale per raccontare l’evoluzione del modello architettonico italiano nel tempo. Avremo poi una sessantina di progetti di architetti contemporanei ispirati alla topografia dell’Inferno di Dante. Non tutti sanno che anche Galileo si misurò con la cartografia dell’ultramondo dantesco ricostruendone le dimensioni esatte e in seguito molti architetti si sono relazionati con i suoi disegni. Trovo che l’architettura sia un tema particolarmente adatto a Palazzo Ducale che, oltre a essere la sede di un meraviglioso museo, è in sé un oggetto straordinario e uno degli edifici più amati dagli architetti sin dalla sua fondazione”.


Luigi Gallo, direttore della Galleria Nazionale delle Marche I Foto Claudio Ripalti

Nel 2022 ricorreranno i 600 anni dalla nascita di Federico da Montefeltro, senza il quale Palazzo Ducale non sarebbe mai stato costruito…
“Federico da Montefeltro è in qualche modo il padre fondatore di Urbino. Celebreremo il centenario con una grandissima mostra incentrata sul momento aureo della Urbino quattrocentesca, crocevia di artisti viaggiatori come Piero della Francesca, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini, Sandro Botticelli. Per l’occasione arriveranno opere da tutto il mondo. Contestualmente avremo una mostra sul palazzo e la sua influenza sull’architettura contemporanea”. 

Il Montefeltro è stato una fucina di talenti. Ce n’è qualcuno che aspetta di essere riscoperto?
“Il 2024 sarà l’ultimo anno del mio mandato e sarà dedicato a Federico Barocci, che insieme a Raffaello è il grande pittore di Urbino. Nato a metà del Cinquecento, darà il la alla pittura del Barocco: l’arte del XVII secolo deve moltissimo all’incanto straordinario dei suoi colori. A differenza di Raffaello, Barocci non riuscirà mai a staccarsi da Urbino, pur mandando quadri fino in Spagna, all’Escorial. Credo che la sua città natale gli debba una mostra e il nostro sarà un omaggio in grande stile”. 

In Italia e nel mondo i musei rispondono alla crisi del comparto espositivo attingendo alle proprie collezioni. Accadrà anche a Palazzo Ducale?
“Per il 2023 abbiamo in programma due mostre dedicate alla nostra collezione. La prima andrà a pescare nei depositi, valorizzando opere preziose ma escluse dal percorso permanente per via delle grandi dimensioni, come alcune pale d’altare provenienti dalle chiese sconsacrate delle Marche. La seconda metterà in luce il fondo grafico del museo, che stiamo facendo studiare per la prima volta. Si tratta di circa 300 fogli, alcuni dei quali molto belli e importanti: disegni di Zuccari e di Barocci, tavole meravigliose di Sassoferrato, che tutte insieme raccontano i percorsi dell’arte in regione”.


Studiolo di Federico da Montefeltro, Palazzo Ducale, Urbino I Foto Claudio Ripalti I Courtesy Galleria Nazionale delle Marche

Anche l’arte contemporanea troverà spazio a Palazzo Ducale?
“Nei prossimi anni mi piacerebbe realizzare almeno due mostre di arte contemporanea nei sotterranei del palazzo, che si prestano molto bene a questo scopo. Sono già in contatto con un paio di curatori di caratura nazionale e internazionale. Nonostante le difficoltà del momento, l’idea è quella di rafforzare la posizione di Urbino nel panorama artistico ed espositivo italiano”. 

Come cambierà la Galleria Nazionale delle Marche nel prossimo futuro?
“Grazie ai lavori che stiamo facendo al secondo piano, apriremo al pubblico una parte del palazzo che non è mai stata presentata prima. In questa sezione esporremo in un allestimento completamente rinnovato la Collezione Volponi, una importante raccolta del Seicento che comprende opere di Salvator Rosa, Guercino, Domenichino, e altri dipinti datati tra il XVI e il XVIII secolo. Stiamo anche pensando a una nuova museografia  per il piano nobile, che conserva la pittura del Trecento e del Quattrocento con i must della Galleria: Piero della Francesca, Tiziano, Raffaello. Infine, costi permettendo, speriamo di poter contare al più presto su una nuova illuminazione”.

Che tipo di esperienza offrirete ai visitatori?
Vorrei che le persone che visitano la Galleria Nazionale delle Marche comprendessero di trovarsi in un luogo straordinario, uno dei più bei palazzi del Quattrocento: qui il modello del castello incontra quello degli edifici dell’antica Roma, evocando quella Spalato che è così vicina anche se sull’altra sponda dell’Adriatico. Mi piacerebbe che il pubblico potesse riflettere sull’esperienza unica della capitale del Montefeltro, che ha irraggiato cultura da Milano a Napoli e che ancora oggi è capace di raccontare l’eccezionale credo del Rinascimento. E soprattutto vorrei che chi viene a Palazzo Ducale potesse visitarlo senza fretta, prendendosi tutto il tempo necessario per apprezzare le opere e le architetture”. 


Il giardino segreto di Palazzo Ducale I Foto Claudio Ripalti I Courtesy Galleria Nazionale delle Marche

Ci saranno novità anche sul fronte dei restauri?
“La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato qui è stato stilare una lista dello stato delle opere, che per fortuna nella maggior parte dei casi sono in buone condizioni. Nella prima sala del museo abbiamo una grande lunetta di terracotta invetriata di Della Robbia, che un tempo era conservata all’esterno. È stata restaurata nel ’79, ma ora è di nuovo a rischio a causa di una risalita di sali minerali. Tra poco ci lascerà per l’Opificio delle Pietre Dure e tornerà dopo qualche mese, più bella di prima. Proprio due giorni fa ho aperto un Art Bonus per il restauro, spero qualcuno accolga l’invito”. 

La sua nomina risale al novembre 2020, nel pieno della seconda ondata. Quali strategie ha adottato per entrare in contatto con il pubblico a museo chiuso?
“Ho puntato con decisione sui canali social, l’unico mezzo di cui tuttora disponiamo per uscire dal silenzio. In museo abbiamo la fortuna di poter contare su un regista e fotografo davvero bravo, Claudio Ripalti. Con i suoi video la comunicazione della Galleria ha compiuto un salto di qualità e mi sembra che la risposta sia stata molto positiva”. 

C’è un’opera del museo alla quale si sente particolarmente legato?
“Sicuramente la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, perché mi commuove con la forza dei ricordi. Sono figlio di un artista e nipote di un collezionista. Ho sempre visto quest'opera nello studio di mio padre che, come tanti artisti della sua generazione, era un estimatore di Piero”. 


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