Biennale e Arte a Venezia
Swimming Cities of Serenissima
la redazione
10/06/2009
Nella settimana delle inaugurazioni veneziane, yacht di lusso ondeggiano tranquillamente alla fonda vicino alla “Punta da Mar” o lungo la riva dei Sette Martiri, incuranti del moto ondoso prodotto dalla fervente attività dei taxi acquei che trasportano galleristi e critici, commissari e collezionisti, STARtisti e curiosi vari provenienti dai 77 stati ufficialmente rappresentati per questa 53 Biennale.
Intitolata al “Fare mondi” dal curatore Birnbaum - forse ignaro dell’omonimo libro di Bolelli e Bifo del 1989 - vent’anni dopo questo invito biennalizio pare avocare all’arte il ruolo di offrire alla società globale ispirazioni utili a trascendere la crisi finanziaria, le guerre nel Grande Medio Oriente, e una quotidianità sempre meno sopportabile. E’ forse questo vitale bisogno di trascendere il quotidiano attraverso l’arte - un passaggio a un’altra dimensione ben esemplificato dall’installazione di Navarro al padiglione cileno - la vera anima pulsante di questa Biennale, che quest’anno oltrepassa come mai prima il perimetro dei Giardini o dell’Arsenale.
Che l’arte contemporanea non fosse più solo appesa alle pareti delle gallerie non è certo una novità. Dagli interventi delle avanguardie storiche alle performance degli anni Sessanta corre una linea dinamica che porta l’arte in luoghi non convenzionali e in ultima analisi nella vita stessa delle persone e delle città che tocca. Venezia è da sempre protagonista privilegiata di questa dinamica.
Nel 1964 il premio della Biennale per la pittura era andato a Robert Rauschenberg – oggi giustamente celebrato alla Collezione Peggy Guggenheim - solo dopo che Alan Solomon, commissario degli Stati Uniti alla Biennale, aveva concordato con la giuria di trasferire in barca tre opere di Rauschenberg al padiglione americano ai Giardini.
Così mentre in città si celebrano i futurismi e il padiglione americano riceve il primo premio per Bruce Nauman, già fondatore della performance art, l’arte ha conquistato alla città nuovi spazi permanenti con l’apertura della Fondazione Vedova ai Magazzini del Sale e l’inaugurazione del Museo Pinault a Punta della Dogana.
“Your presence is the best work” recitava una micro-opera che James Lee Byars donava al pubblico in una Biennale degli anni Novanta e lo tsunami artistico che ha inondato Venezia in queste settimane mette in scena innanzitutto una competizione totale per conquistare l’attenzione, visto che la città si è riempita di eventi collaterali collegati più o meno direttamente alla Biennale stessa.
E se questa competizione a tutto campo per l’attenzione potrà a volte lasciare perplessi – visti alcuni sconfinamenti che rasentano l’ambito pubblicitario – l’impressione è comunque che la città acquatica viva un suo momento magico, grazie alla miriade di manifestazioni e presenze più o meno estemporanee in una moltitudine di palazzi, magazzini, giardini, calli e angoli di ogni genere.
Alcune piccole scoperte sono proprio tra gli eventi a margine della Biennale, a margine, ma non marginali: gli studi aperti +1 alla ex-birreria della Giudecca hanno aperto al pubblico per il secondo anno consecutivo un ambito urbano-industriale da due decenni riconquistato alla città: Carolina Antich, Augusto Maurandi e Serena Nono sono alcuni degli artisti veneziani che da anni vi operano.
Anche Fabio Mauri, da poco scomparso, espone personali librerie con videoproiezioni ad accompagnare i suoi giganteschi zerbini da riflessione, a Palazzo Palumbo Fossati. Sono solo alcuni spunti, certo non esaustivi di quanto presente oggi a Venezia. Forse non innovazioni rivoluzionarie dei linguaggi, peraltro ben difficili dopo decadi di abuso di sperimentazioni a tutto campo, ma personali itinerari di ricerca artistica che meritano attenzione, proprio perché non strillati.
Con l’arte contemporanea a ogni angolo della città, Venezia riprende a vivere e a respirare. Come all’isola della Certosa - riconquistata alla vita urbana da un valido connubio tra arte e attività marittima - che merita una visita ad hoc. Oltre alle opere prescelte da Premio Celeste, distribuite su quasi tutta l’isola, per qualche giorno restano ormeggiate tre pionieristiche zattere-installazione. Sono le Swimming Cities of Serenissima, opere dell’artista americana Shoon con la collaborazione di un collettivo di trenta marinai-artisti e di una band di musicisti che suona a bordo dal vivo.
Ogni zattera è interamente costruita con materiali di recupero. Tuttavia Alice, Maria e Ol’Hickory (questi i nomi delle tre installazioni naviganti) non sono un omaggio a Duchamp o a Rauchenberg: con i loro motori diesel mercedes modificati possono muoversi portando il loro equipaggio di artisti-marinai a bordo.
Spedite in container da New York a Capodistria, sono state lì riassemblate e con una lenta navigazione sono poi giunte a Venezia. Hanno inaugurato sabato scorso con uno spettacolare concerto/performance alla Certosa e domenica pomeriggio sono entrate piratescamente nel bacino dell’Arsenale iniziando una danza acquatica degna dei dervisci rotanti sulle note live di fisarmoniche, contrabbassi, violoncelli e banjo a ricordare agli astanti che l’arte è un processo vivente nella città e a Venezia non può prescindere dalla simbiosi acquatica.
Info pratiche
Capolavori Futuristi alla Collezione Peggy Guggenheim, Dorsoduro 701, sino al 31 dicembre, ore 10-18 (chiuso il martedì).
La città ideale - The Ideal City, Isola della Certosa, sino al 25 ottobre, Linea 41-42 fermata a richiesta, sino al 25 ottobre.
Fabio Mauri, Fabio Mauri, etc., Palazzo Palumbo Fossati, fondamenta della Malvasia Vecchia, San Marco 2597, fino al 20 settembre, dal martedi al sabato, ore 10-12.30 15.30-19.
Bruce Naumann, Padiglione degli Stati Uniti ai Giardini.
Ivan Navarro: Threshold, Padiglione del Cile all’Arsenale.
Robert Rauschenberg: Gluts. Collezione Peggy Guggenheim, Dorsoduro 701, sino al 20 settembre, ore 10-18 (chiuso il martedì).
Studi Aperti 1+1: Giudecca, 710/c (su appuntamento).
Swimming Cities of Serenissima, Isola della Certosa, Linea 41-42 (fermata a richiesta) sino al 15 giugno. http://www.swimmingcities.org
Nella foto: Swimming Cities of Serenissima. Isola della Certosa. Installazione: materiali riciclati, cielo, nuvole e luci.
Intitolata al “Fare mondi” dal curatore Birnbaum - forse ignaro dell’omonimo libro di Bolelli e Bifo del 1989 - vent’anni dopo questo invito biennalizio pare avocare all’arte il ruolo di offrire alla società globale ispirazioni utili a trascendere la crisi finanziaria, le guerre nel Grande Medio Oriente, e una quotidianità sempre meno sopportabile. E’ forse questo vitale bisogno di trascendere il quotidiano attraverso l’arte - un passaggio a un’altra dimensione ben esemplificato dall’installazione di Navarro al padiglione cileno - la vera anima pulsante di questa Biennale, che quest’anno oltrepassa come mai prima il perimetro dei Giardini o dell’Arsenale.
Che l’arte contemporanea non fosse più solo appesa alle pareti delle gallerie non è certo una novità. Dagli interventi delle avanguardie storiche alle performance degli anni Sessanta corre una linea dinamica che porta l’arte in luoghi non convenzionali e in ultima analisi nella vita stessa delle persone e delle città che tocca. Venezia è da sempre protagonista privilegiata di questa dinamica.
Nel 1964 il premio della Biennale per la pittura era andato a Robert Rauschenberg – oggi giustamente celebrato alla Collezione Peggy Guggenheim - solo dopo che Alan Solomon, commissario degli Stati Uniti alla Biennale, aveva concordato con la giuria di trasferire in barca tre opere di Rauschenberg al padiglione americano ai Giardini.
Così mentre in città si celebrano i futurismi e il padiglione americano riceve il primo premio per Bruce Nauman, già fondatore della performance art, l’arte ha conquistato alla città nuovi spazi permanenti con l’apertura della Fondazione Vedova ai Magazzini del Sale e l’inaugurazione del Museo Pinault a Punta della Dogana.
“Your presence is the best work” recitava una micro-opera che James Lee Byars donava al pubblico in una Biennale degli anni Novanta e lo tsunami artistico che ha inondato Venezia in queste settimane mette in scena innanzitutto una competizione totale per conquistare l’attenzione, visto che la città si è riempita di eventi collaterali collegati più o meno direttamente alla Biennale stessa.
E se questa competizione a tutto campo per l’attenzione potrà a volte lasciare perplessi – visti alcuni sconfinamenti che rasentano l’ambito pubblicitario – l’impressione è comunque che la città acquatica viva un suo momento magico, grazie alla miriade di manifestazioni e presenze più o meno estemporanee in una moltitudine di palazzi, magazzini, giardini, calli e angoli di ogni genere.
Alcune piccole scoperte sono proprio tra gli eventi a margine della Biennale, a margine, ma non marginali: gli studi aperti +1 alla ex-birreria della Giudecca hanno aperto al pubblico per il secondo anno consecutivo un ambito urbano-industriale da due decenni riconquistato alla città: Carolina Antich, Augusto Maurandi e Serena Nono sono alcuni degli artisti veneziani che da anni vi operano.
Anche Fabio Mauri, da poco scomparso, espone personali librerie con videoproiezioni ad accompagnare i suoi giganteschi zerbini da riflessione, a Palazzo Palumbo Fossati. Sono solo alcuni spunti, certo non esaustivi di quanto presente oggi a Venezia. Forse non innovazioni rivoluzionarie dei linguaggi, peraltro ben difficili dopo decadi di abuso di sperimentazioni a tutto campo, ma personali itinerari di ricerca artistica che meritano attenzione, proprio perché non strillati.
Con l’arte contemporanea a ogni angolo della città, Venezia riprende a vivere e a respirare. Come all’isola della Certosa - riconquistata alla vita urbana da un valido connubio tra arte e attività marittima - che merita una visita ad hoc. Oltre alle opere prescelte da Premio Celeste, distribuite su quasi tutta l’isola, per qualche giorno restano ormeggiate tre pionieristiche zattere-installazione. Sono le Swimming Cities of Serenissima, opere dell’artista americana Shoon con la collaborazione di un collettivo di trenta marinai-artisti e di una band di musicisti che suona a bordo dal vivo.
Ogni zattera è interamente costruita con materiali di recupero. Tuttavia Alice, Maria e Ol’Hickory (questi i nomi delle tre installazioni naviganti) non sono un omaggio a Duchamp o a Rauchenberg: con i loro motori diesel mercedes modificati possono muoversi portando il loro equipaggio di artisti-marinai a bordo.
Spedite in container da New York a Capodistria, sono state lì riassemblate e con una lenta navigazione sono poi giunte a Venezia. Hanno inaugurato sabato scorso con uno spettacolare concerto/performance alla Certosa e domenica pomeriggio sono entrate piratescamente nel bacino dell’Arsenale iniziando una danza acquatica degna dei dervisci rotanti sulle note live di fisarmoniche, contrabbassi, violoncelli e banjo a ricordare agli astanti che l’arte è un processo vivente nella città e a Venezia non può prescindere dalla simbiosi acquatica.
Info pratiche
Capolavori Futuristi alla Collezione Peggy Guggenheim, Dorsoduro 701, sino al 31 dicembre, ore 10-18 (chiuso il martedì).
La città ideale - The Ideal City, Isola della Certosa, sino al 25 ottobre, Linea 41-42 fermata a richiesta, sino al 25 ottobre.
Fabio Mauri, Fabio Mauri, etc., Palazzo Palumbo Fossati, fondamenta della Malvasia Vecchia, San Marco 2597, fino al 20 settembre, dal martedi al sabato, ore 10-12.30 15.30-19.
Bruce Naumann, Padiglione degli Stati Uniti ai Giardini.
Ivan Navarro: Threshold, Padiglione del Cile all’Arsenale.
Robert Rauschenberg: Gluts. Collezione Peggy Guggenheim, Dorsoduro 701, sino al 20 settembre, ore 10-18 (chiuso il martedì).
Studi Aperti 1+1: Giudecca, 710/c (su appuntamento).
Swimming Cities of Serenissima, Isola della Certosa, Linea 41-42 (fermata a richiesta) sino al 15 giugno. http://www.swimmingcities.org
Nella foto: Swimming Cities of Serenissima. Isola della Certosa. Installazione: materiali riciclati, cielo, nuvole e luci.
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