Il passaporto culturale: un nuovo sistema di inclusione.
L’arte come patrimonio genetico
Madonna di Bruges, Michelangelo
Ludovica Sanfelice
30/09/2014
Torino - ARTE.it aderisce all’appello rivolto al Ministro Franceschini e al sottosegretario Borletti Buitoni perché l'iniziativa “Nati con la cultura” venga adottata in tutta Italia. Il progetto di un passaporto culturale che combini un incontro tra il museo e il cittadino fin dalla nascita, affidando alla cultura un ruolo dominante nella formazione dell’identità dell’individuo, rappresenta un modello facilmente applicabile sull’intero territorio nazionale. Ne abbiamo parlato con Enrica Pagella, direttrice di Palazzo Madama, Catterina Seia, vicepresidente della Fondazione Medicina a misura di donna, e Patrizia Asproni, presidente della Fondazione Torino Musei.
Come nasce l’idea del passaporto culturale? E come si passa dalle idee ai fatti?
Enrica Pagella: L’idea è venuta nel corso di una serie di contatti tra il museo e l’ospedale Sant’Anna relativi al miglioramento dell’assetto dell’Ospedale che si era rivolto a noi perchè suggerissimo soluzioni per portare la bellezza all’interno della struttura sanitaria contribuendo a migliorare la permanenza dei degenti. Tramite Focus Group organizzati con medici e infermieri abbiamo cominciato a riflettere insieme sul rapporto tra arte e ospedale. In particolare, parlando con Catterina Seia, Fondazione a Misura di donna, è nato un confronto sui reciproci problemi. E così sono venute anche le reciproche soluzioni.
Se l’ospedale lavora all’elaborazione di risposte mirate a ristabilire il benessere dei pazienti sulla base di studi e ricerche che interessano la sfera emozionale, il Museo si pone l’obiettivo di raggiungere un pubblico sempre più ampio e di accrescere i consumi culturali attraverso un sistema di inclusione, adeguando a forme sempre più evolute di accoglienza anche le proprie strutture, con facilitazioni per le famiglie, i bambini, i neonati.
Catterina Seia: Tengo a sottolineare la genesi collettiva del progetto perchè le belle idee per essere tradotte in realtà hanno bisogno di sostegno plurale. La cifra distintiva della piattaforma è proprio l’intreccio di competenze. Il radicamento del progetto nella città di Torino, in particolare, va ricondotto al percorso pluriennale osservato dall’Ospedale Sant’Anna che ha messo in campo tutto il proprio impegno per combinare alla qualità e all’eccellenza del proprio operato in termini scientifici, una struttura altrettanto innovativa e accogliente, creando di fatto spazio per scambi e interazioni di forze di diversa natura, luogo ideale per un’azione di people raising.
Patrizia Asproni: Passare dall’idea ai fatti e rendere vivo il progetto “Nati con la cultura” è stato possibile proprio perchè a Torino esiste un sistema che incoraggia la collaborazione virtuosa fra diverse realtà. Sul modello di paesi come la California, la città attrae talenti e offre casa alle idee. A Torino tutto si può fare. E si può fare mantenendo salda l’identità italiana, nelle sua espressione più positiva. Il passaporto culturale, ad esempio, lavora sul concetto di inclusione pensando ai bambini figli di immigrati e premurandosi di offrire loro radici culturali. Un modo di pensare e accogliere squisitamente italiano.
Integrare la cultura nel welfare è possibile?
Catterina Seia: Ad ispirare il progetto hanno concorso molti fattori: il gran numero di studi che dimostrano che l’appropriazione dell’identità dell’individuo passa per la cultura e che la bellezza oltre a ridurre le patologie può accelerare processi di autoguarigione, una via da esplorare anche per contenere la spesa sanitaria; l’osservazione della composizione delle nuove famiglie e l’importanza di coinvolgerle nel processo di educazione e trasmissione di cultura aiutandole a superare barriere economiche e sociali, ragione per cui l’ospitalità del museo garantita dal passaporto riguarda anche i fratelli e i nonni; lo Ius Soli, nel nostro caso esteso al concetto di cultura come diritto di nascita, messaggio importante in un ospedale che aiuta a nascere tantissimi nuovi italiani.
Vie che se percorse concretamente possono rappresentare una bella risorsa nello sviluppo di strategie e politiche sociali, giovanili e culturali, oltre che sanitarie.
Enrica Pagella: Lo spirito del progetto fonda sul presupposto che la cultura è parte integrante del nostro patrimonio genetico e che l’arte costituisce un nutrimento per la crescita. Noi siamo convinti che i processi educativi seguano anche percorsi diversi dal linguaggio e crediamo nell’influenza di suggestioni, emozioni e scoperte trasmissibili fin dalla tenera età.
A tal proposito vorrei citare lo storico medievalista francese George Duby che alla domanda “Perchè ha fatto lo storico?” rispondeva “Forse perchè da bambino passavo sempre davanti alla Consiergerie”. Gli stimoli esterni provenienti dall’ambiente circostante contribuiscono alla formazione dell’individuo e possono ovviamente anche orientarne le scelte in età adulta.
Avete pensato ad un sistema per facilitare la diffusione del progetto anche su scala nazionale, e perchè no, europea?
Patrizia Asproni: La Fondazione Torino Musei lavora moltissimo sull’audience development e sul tema dell’inclusione. Come? Aprendo i Musei e trasformandoli in luoghi di elaborazione della cittadinanza. Attraverso numerose iniziative come questa, i musei al pari di altri luoghi di socializzazione possono diventare spazi da frequentare oltre la visita.
Il sistema è fare sistema.
Enrica Pagella: Altre città hanno già chiesto di poter adottare l’iniziativa e per favorire l’obiettivo di farne un modello virale abbiamo stabilito che la cessione del layout del passaporto sia gratuita e che il documento sia personalizzabile a seconda delle esigenze.
Catterina Seia: Oltre a Lecce, Brescia e Siena, anche la Finlandia ha espresso il desiderio di seguire l'esempio. Inoltre il Club UNESCO si è già impegnato a promuovere l’iniziativa in ogni città che abbia un monumento iscritto nell’elenco del patrimonio dell’umanità.
Come nasce l’idea del passaporto culturale? E come si passa dalle idee ai fatti?
Enrica Pagella: L’idea è venuta nel corso di una serie di contatti tra il museo e l’ospedale Sant’Anna relativi al miglioramento dell’assetto dell’Ospedale che si era rivolto a noi perchè suggerissimo soluzioni per portare la bellezza all’interno della struttura sanitaria contribuendo a migliorare la permanenza dei degenti. Tramite Focus Group organizzati con medici e infermieri abbiamo cominciato a riflettere insieme sul rapporto tra arte e ospedale. In particolare, parlando con Catterina Seia, Fondazione a Misura di donna, è nato un confronto sui reciproci problemi. E così sono venute anche le reciproche soluzioni.
Se l’ospedale lavora all’elaborazione di risposte mirate a ristabilire il benessere dei pazienti sulla base di studi e ricerche che interessano la sfera emozionale, il Museo si pone l’obiettivo di raggiungere un pubblico sempre più ampio e di accrescere i consumi culturali attraverso un sistema di inclusione, adeguando a forme sempre più evolute di accoglienza anche le proprie strutture, con facilitazioni per le famiglie, i bambini, i neonati.
Catterina Seia: Tengo a sottolineare la genesi collettiva del progetto perchè le belle idee per essere tradotte in realtà hanno bisogno di sostegno plurale. La cifra distintiva della piattaforma è proprio l’intreccio di competenze. Il radicamento del progetto nella città di Torino, in particolare, va ricondotto al percorso pluriennale osservato dall’Ospedale Sant’Anna che ha messo in campo tutto il proprio impegno per combinare alla qualità e all’eccellenza del proprio operato in termini scientifici, una struttura altrettanto innovativa e accogliente, creando di fatto spazio per scambi e interazioni di forze di diversa natura, luogo ideale per un’azione di people raising.
Patrizia Asproni: Passare dall’idea ai fatti e rendere vivo il progetto “Nati con la cultura” è stato possibile proprio perchè a Torino esiste un sistema che incoraggia la collaborazione virtuosa fra diverse realtà. Sul modello di paesi come la California, la città attrae talenti e offre casa alle idee. A Torino tutto si può fare. E si può fare mantenendo salda l’identità italiana, nelle sua espressione più positiva. Il passaporto culturale, ad esempio, lavora sul concetto di inclusione pensando ai bambini figli di immigrati e premurandosi di offrire loro radici culturali. Un modo di pensare e accogliere squisitamente italiano.
Integrare la cultura nel welfare è possibile?
Catterina Seia: Ad ispirare il progetto hanno concorso molti fattori: il gran numero di studi che dimostrano che l’appropriazione dell’identità dell’individuo passa per la cultura e che la bellezza oltre a ridurre le patologie può accelerare processi di autoguarigione, una via da esplorare anche per contenere la spesa sanitaria; l’osservazione della composizione delle nuove famiglie e l’importanza di coinvolgerle nel processo di educazione e trasmissione di cultura aiutandole a superare barriere economiche e sociali, ragione per cui l’ospitalità del museo garantita dal passaporto riguarda anche i fratelli e i nonni; lo Ius Soli, nel nostro caso esteso al concetto di cultura come diritto di nascita, messaggio importante in un ospedale che aiuta a nascere tantissimi nuovi italiani.
Vie che se percorse concretamente possono rappresentare una bella risorsa nello sviluppo di strategie e politiche sociali, giovanili e culturali, oltre che sanitarie.
Enrica Pagella: Lo spirito del progetto fonda sul presupposto che la cultura è parte integrante del nostro patrimonio genetico e che l’arte costituisce un nutrimento per la crescita. Noi siamo convinti che i processi educativi seguano anche percorsi diversi dal linguaggio e crediamo nell’influenza di suggestioni, emozioni e scoperte trasmissibili fin dalla tenera età.
A tal proposito vorrei citare lo storico medievalista francese George Duby che alla domanda “Perchè ha fatto lo storico?” rispondeva “Forse perchè da bambino passavo sempre davanti alla Consiergerie”. Gli stimoli esterni provenienti dall’ambiente circostante contribuiscono alla formazione dell’individuo e possono ovviamente anche orientarne le scelte in età adulta.
Avete pensato ad un sistema per facilitare la diffusione del progetto anche su scala nazionale, e perchè no, europea?
Patrizia Asproni: La Fondazione Torino Musei lavora moltissimo sull’audience development e sul tema dell’inclusione. Come? Aprendo i Musei e trasformandoli in luoghi di elaborazione della cittadinanza. Attraverso numerose iniziative come questa, i musei al pari di altri luoghi di socializzazione possono diventare spazi da frequentare oltre la visita.
Il sistema è fare sistema.
Enrica Pagella: Altre città hanno già chiesto di poter adottare l’iniziativa e per favorire l’obiettivo di farne un modello virale abbiamo stabilito che la cessione del layout del passaporto sia gratuita e che il documento sia personalizzabile a seconda delle esigenze.
Catterina Seia: Oltre a Lecce, Brescia e Siena, anche la Finlandia ha espresso il desiderio di seguire l'esempio. Inoltre il Club UNESCO si è già impegnato a promuovere l’iniziativa in ogni città che abbia un monumento iscritto nell’elenco del patrimonio dell’umanità.
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