Alberto Burri. Dalla concretezza reale all’incanto della forma
Alberto Burri
Dal 21 Ottobre 2011 al 31 Gennaio 2012
Torino
Luogo: Mazzoleni Galleria arte moderna
Indirizzo: Piazza Solferino 2
Curatori: Francesco Poli
Costo del biglietto: ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 011 534473 |
Alberto Burri è uno dei grandi maestri dell’arte internazionale della seconda parte del Novecento. Protagonista assoluto della stagione dell’Informale, la sua opera, radicalmente innovativa, ha influenzato in maniera sostanziale gli sviluppi successivi della ricerca sperimentale e, ancora oggi, è un affascinante punto di riferimento per molti giovani artisti. È un classico del contemporaneo sempre attuale ed è per questo che l’interesse dei collezionisti, anche di quelli più attenti alle ultime tendenze, non ha mai cessato di crescere.
La Mazzoleni Galleria d’Arte è da molti anni la galleria italiana che più si è impegnata a ricercare, acquisire e proporre le opere del maestro umbro in esposizioni di alto livello, tra cui una personale nel 2003 e due collettive, Gesto, materia, colore. Aspetti della cultura italiana del secondo Novecento. Fontana Burri Afro nel 2006 e l’Europa degli Informali nel 2009.
Grande è stato l’impegno anche per questa mostra che è stata organizzata per festeggiare degnamente il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che peraltro ricorre anche proprio in occasione dei 25 anni di attività della galleria torinese.
Intitolata Alberto Burri. Dalla concretezza reale all’incanto della forma, propone una selezione molto attenta di circa trenta lavori che vanno dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. Tutte le principali fasi della ricerca dell’artista sono documentate al meglio con opere di varie dimensioni.
Tra i Sacchi si possono citare la Composizione n°5 (1952), il magnifico R 1 (1953) e il potente Sacco e Rosso (1956), esposto a La Biennale di Venezia del 1984, ma anche piccoli gioielli come Sacco nero (anni’50), in cui l’artista propone un forte contrasto tra i brandelli consunti di stoffa e la preziosa presenza dell’oro, o Pagina (1953-54), il cui intreccio grezzo della trama e dell’ordito della iuta assume una totale autonomia formale.
Le Combustioni, su carta o plastica (dal 1957 al 1968), sono quasi tutte di piccole dimensioni ma di drammatica e concentrata energia. E questo vale anche per uno straordinario Ferro (1959), che fa parte della limitata serie realizzata tra il 1958 e il 1959. Le lastre di metallo vengono aperte e ripiegate, recise e unite insieme in modo da mostrare i segni della saldatura. Il fuoco è ancora una volta il mezzo espressivo prediletto da Burri, che brucia i materiali, plasmandoli con forza e determinandone la forma.
Di grande rigore formale sono i due Gobbi, bianchi-neri, del 1968 e 1969, di misura media, mentre i Cretti degli anni Settanta, bianchi o neri, di varie misure, spiccano per l’intensità profonda della materia monocromatica.
E, infine, non mancano esempi dell’ultimo periodo (anni Ottanta e Novanta) quello dei Cellotex, tra cui spicca il grande e raffinatissimo Nero e Oro (1993).
La mostra è accompagnata da una piccola sezione che presenta una serie di fotografie dedicate alla figura e al lavoro del Maestro. Sono belle immagini realizzate dal fotografo Aurelio Amendola, che è stato un intimo amico dell’artista.
In occasione dell’esposizione sarà realizzato un catalogo con la riproduzione a colori di tutte le opere esposte, corredate da schede tecniche, insieme ad alcune foto di Amendola e a un testo introduttivo del curatore Francesco Poli.
Alberto Burri nasce a Città di Castello (Perugia) nel 1915. Si laurea in medicina nel 1940. Ufficiale medico è fatto prigioniero dagli alleati in Tunisia nel 1943 e viene inviato nel campo di Hereford in Texas, dove inizia a dipingere.
Tornato in Italia nel 1946, si dedica alla pittura e si stabilisce a Roma dove nel 1947 e 1948 tiene le prime personali. Nel 1948 la scelta astratta si impone definitivamente e il suo interesse verte sulle sue potenzialità espressive della materia. Dal 1950 assumono rilievo i suoi Sacchi, fino a predominare nelle mostre personali che, dopo Roma, si tengono anche in varie città americane ed europee. Nel 1951 prende parte alla fondazione del gruppo “Origine” con Ballocco, Capogrossi e Colla.
Negli anni Sessanta appaiono i Legni, le Combustioni, i Ferri e le Plastiche. Gli anni Settanta registrano una progressiva rarefazione dei mezzi tecnici e formali verso soluzioni monumentali, dai Cretti (terre e vina-vil) ai Cellotex (compressi per uso industriale). Si susseguono mostre personali e partecipazioni a importanti collettive nei musei più prestigiosi del mondo, tra cui il MoMA e il Guggenheim di New York, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Tate Gallery di Londra, il Musée National d’Art Moderne di Parigi.
Nel 1973, l’Accademia Nazionale dei Lincei conferisce a Burri il Premio “Antonio Feltrinelli” per la grafica. In anni recenti Burri realizza complessi organismi ciclici, a struttura polifonica; il primo è Il viaggio, presentato a Città di Castello nel 1979 ed esposto l’anno successivo a Monaco di Baviera, poi Orti a Firenze nello stesso 1980, Sestante a Venezia nel 1983, Annottarsi presentato a Roma nel 1985 e alla Biennale di Venezia nel 1988. Nel 1978 crea a Città di Castello la Fondazione Palazzo Albizzini – Collezione Burri, che ha lo scopo di promuovere, tutelare e in primo luogo esporre le sue opere: una selezione di esse, omaggio di Burri alla sua città, è esposta in permanenza a Palazzo Albizzini dal 1981. Nel 1989 la Fondazione stessa acquisisce gli ex Seccatoi del Tabacco, complesso di capannoni industriali destinati fino agli anni Sessanta all’essiccazione del tabacco. Queste gigantesche strutture diventano così i contenitori ideali per i grandi cicli pittorici e le sculture prodotte dall’artista negli anni Settanta e Novanta e da lui donati a Città di Castello quale completamento del primo nucleo di opere già conservate presso Palazzo Albizzini. Muore a Nizza il 13 febbraio 1995
La Mazzoleni Galleria d’Arte è da molti anni la galleria italiana che più si è impegnata a ricercare, acquisire e proporre le opere del maestro umbro in esposizioni di alto livello, tra cui una personale nel 2003 e due collettive, Gesto, materia, colore. Aspetti della cultura italiana del secondo Novecento. Fontana Burri Afro nel 2006 e l’Europa degli Informali nel 2009.
Grande è stato l’impegno anche per questa mostra che è stata organizzata per festeggiare degnamente il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che peraltro ricorre anche proprio in occasione dei 25 anni di attività della galleria torinese.
Intitolata Alberto Burri. Dalla concretezza reale all’incanto della forma, propone una selezione molto attenta di circa trenta lavori che vanno dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. Tutte le principali fasi della ricerca dell’artista sono documentate al meglio con opere di varie dimensioni.
Tra i Sacchi si possono citare la Composizione n°5 (1952), il magnifico R 1 (1953) e il potente Sacco e Rosso (1956), esposto a La Biennale di Venezia del 1984, ma anche piccoli gioielli come Sacco nero (anni’50), in cui l’artista propone un forte contrasto tra i brandelli consunti di stoffa e la preziosa presenza dell’oro, o Pagina (1953-54), il cui intreccio grezzo della trama e dell’ordito della iuta assume una totale autonomia formale.
Le Combustioni, su carta o plastica (dal 1957 al 1968), sono quasi tutte di piccole dimensioni ma di drammatica e concentrata energia. E questo vale anche per uno straordinario Ferro (1959), che fa parte della limitata serie realizzata tra il 1958 e il 1959. Le lastre di metallo vengono aperte e ripiegate, recise e unite insieme in modo da mostrare i segni della saldatura. Il fuoco è ancora una volta il mezzo espressivo prediletto da Burri, che brucia i materiali, plasmandoli con forza e determinandone la forma.
Di grande rigore formale sono i due Gobbi, bianchi-neri, del 1968 e 1969, di misura media, mentre i Cretti degli anni Settanta, bianchi o neri, di varie misure, spiccano per l’intensità profonda della materia monocromatica.
E, infine, non mancano esempi dell’ultimo periodo (anni Ottanta e Novanta) quello dei Cellotex, tra cui spicca il grande e raffinatissimo Nero e Oro (1993).
La mostra è accompagnata da una piccola sezione che presenta una serie di fotografie dedicate alla figura e al lavoro del Maestro. Sono belle immagini realizzate dal fotografo Aurelio Amendola, che è stato un intimo amico dell’artista.
In occasione dell’esposizione sarà realizzato un catalogo con la riproduzione a colori di tutte le opere esposte, corredate da schede tecniche, insieme ad alcune foto di Amendola e a un testo introduttivo del curatore Francesco Poli.
Alberto Burri nasce a Città di Castello (Perugia) nel 1915. Si laurea in medicina nel 1940. Ufficiale medico è fatto prigioniero dagli alleati in Tunisia nel 1943 e viene inviato nel campo di Hereford in Texas, dove inizia a dipingere.
Tornato in Italia nel 1946, si dedica alla pittura e si stabilisce a Roma dove nel 1947 e 1948 tiene le prime personali. Nel 1948 la scelta astratta si impone definitivamente e il suo interesse verte sulle sue potenzialità espressive della materia. Dal 1950 assumono rilievo i suoi Sacchi, fino a predominare nelle mostre personali che, dopo Roma, si tengono anche in varie città americane ed europee. Nel 1951 prende parte alla fondazione del gruppo “Origine” con Ballocco, Capogrossi e Colla.
Negli anni Sessanta appaiono i Legni, le Combustioni, i Ferri e le Plastiche. Gli anni Settanta registrano una progressiva rarefazione dei mezzi tecnici e formali verso soluzioni monumentali, dai Cretti (terre e vina-vil) ai Cellotex (compressi per uso industriale). Si susseguono mostre personali e partecipazioni a importanti collettive nei musei più prestigiosi del mondo, tra cui il MoMA e il Guggenheim di New York, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Tate Gallery di Londra, il Musée National d’Art Moderne di Parigi.
Nel 1973, l’Accademia Nazionale dei Lincei conferisce a Burri il Premio “Antonio Feltrinelli” per la grafica. In anni recenti Burri realizza complessi organismi ciclici, a struttura polifonica; il primo è Il viaggio, presentato a Città di Castello nel 1979 ed esposto l’anno successivo a Monaco di Baviera, poi Orti a Firenze nello stesso 1980, Sestante a Venezia nel 1983, Annottarsi presentato a Roma nel 1985 e alla Biennale di Venezia nel 1988. Nel 1978 crea a Città di Castello la Fondazione Palazzo Albizzini – Collezione Burri, che ha lo scopo di promuovere, tutelare e in primo luogo esporre le sue opere: una selezione di esse, omaggio di Burri alla sua città, è esposta in permanenza a Palazzo Albizzini dal 1981. Nel 1989 la Fondazione stessa acquisisce gli ex Seccatoi del Tabacco, complesso di capannoni industriali destinati fino agli anni Sessanta all’essiccazione del tabacco. Queste gigantesche strutture diventano così i contenitori ideali per i grandi cicli pittorici e le sculture prodotte dall’artista negli anni Settanta e Novanta e da lui donati a Città di Castello quale completamento del primo nucleo di opere già conservate presso Palazzo Albizzini. Muore a Nizza il 13 febbraio 1995
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