From a common past
Dal 15 Aprile 2021 al 29 Maggio 2021
Treviso
Luogo: B#S Gallery e sito web
Indirizzo: Via Isola di mezzo 3/5
Orari: visitabile solo su prenotazione
Curatori: Associazione culturale IoDeposito
Sito ufficiale: http://www.bsidewar.com
Allestita alla B#S Gallery di Treviso ma fruibile anche online sul sito www.bsidewar.org, la mostra collettiva FROM A COMMON PAST, a cura dell’associazione culturale IoDeposito, raccoglie le opere di 11 artisti internazionali che hanno indagato i lasciti nella contemporaneità degli eventi traumatici del passato (europeo e non solo), quali guerre, regimi dittatoriali e le derive più cupe di questi ultimi, come l’olocausto. La mostra sarà visitabile online e in galleria (solo su prenotazione) dal 15 aprile al 29 maggio.
Ad accompagnarne l’apertura, il 15 e 16 aprile alle ore 18, due sessioni di talk d’artista online, per scoprire i retroscena delle opere in mostra e le storie personali che collegano i loro autori alle tematiche dell’esposizione.
Con opere realizzate con diverse tipologie di media (tra installazioni – anche sonore – videoarte, pittura, collage, e una sezione d’archivio dedicata alla performance art), saranno presenti in mostra gli artisti Dan Allon (Israele), Marcela Avellaneda (Colombia), Manca Bajec, Boris Beja (Slovenia), Mircea Ciutu (Romania), Jason File (USA), Sylvia Griffin (Australia), Katarzyna Pagowska (Polonia), Vasilisa Palanina, Lesya Pchelka e Uladzimir Hramovic (Bielorussia).
"La presenza attraverso le generazioni di traumi antichi o recenti relativi alle guerre ha un'incidenza che pesa nella vita e nelle relazioni, non solo tra i popoli confinanti ma anche all'interno delle società. Per cui riprenderli, rielaborarli e archiviarli, alleggerisce questo peso, che altrimenti si tramanda di generazione in generazione".
Sono queste le parole dello psicanalista Paolo Fonda, pronunciate in un’intervista del 2015, che spiegano la fondamentale importanza della rielaborazione collettiva di un vissuto traumatico, utile a “neutralizzarne” l’impatto negativo, altrimenti destinato a perpetrarsi. Per la sua “capacità di sondare i luoghi dove non arriva la razionalità, e tirare fuori i contenuti inconsci", è proprio l'arte, secondo Fonda, a costituire uno degli strumenti più idonei a illuminare gli angoli bui dei bagagli traumatici che l’umanità porta con sé, trasformandoli in una narrazione condivisa e in un insegnamento.
Molte delle opere che animano l’esposizione collettiva From a common past sono frutto di vissuti personali e famigliari connessi agli eventi drammatici che, specialmente nell’Europa del XX° e XXI° secolo, hanno sconvolto le sorti di intere popolazioni: regimi totalitari (con le derive che essi hanno comportato, quali antisemitismo, antiziganismo, xenofobia), rivoluzioni, Shoah e altri stermini, e la violenza con cui i cittadini di alcune parti del mondo, ancora oggi, sono costretti a convivere quotidianamente.
Con i lavori in mostra, 11 artisti internazionali hanno individuato e rielaborato le “zone d’ombra” che questi avvenimenti continuano a proiettare sulla contemporaneità, nodi invisibili e mai sciolti che possono agire – a un livello inconscio – anche sulle nuove generazioni.
Se alcuni degli artisti presenti sono stati toccati in maniera diretta da questi accadimenti, altri hanno fatto della tematica dei conflitti e del modo in cui questi vengono narrati e ricordati – tramite rituali e memoriali - il fulcro della loro ricerca.
Il percorso della mostra procede allargando via via il suo panorama geografico e di significati: se il primo nucleo di opere, che comprende quelle di Lesya Pchelka e Vasilisa Palanina, Manca Bajec, Katarzyna Pagowska e Sylvia Griffin, il protagonista è l’olocausto ebraico, nel secondo, con i lavori di Marcela Avellaneda, Jason File, Mircea Ciutu, e Boris Beja, la visione si estende, arrivando a comprendere altri olocausti e la narrazione di spaccati di vita di Nazioni in cui le ferite causate dalle scelte politiche sono aperte, o non ancora rimarginate. Ricorrente, in questo secondo gruppo di opere, è anche l’immagine della nuda terra e delle sepolture nelle fosse comuni.
Sempre sottesi in From a common past sono i temi universali della vita e della morte. A chiudere la mostra, non a caso, è infatti l’installazione “mobile” di Boris Beja, con la sua rappresentazione archetipica di una danza: riflessione sull’eterno fluire del tempo, veicola un messaggio di speranza e di fiducia che, nell'incessante incedere della storia, la memoria del passato possa essere mantenuta sempre in vita.
A essere rappresentate in mostra, tramite un archivio digitale, sono inoltre 4 perfomance dell’artista israeliano Dan Allon, dove protagonista è la figura archetipica di un dittatore immaginario, di cui l’artista, per diverse volte e per lunghi periodi di tempo (anche fino a un mese) ha letteralmente vestito i panni. Tramite queste ricerche, Allon ha riflettuto sul pericoloso potere dei leader carismatici di influenzare le masse, sui regimi totalitari e sui sistemi di repressione politica messi in atto da questi ultimi.
La mostra fa parte del progetto ArtForRemembrance, guidato dall’associazione culturale IoDeposito, cofinanziato dal programma dell'Unione Europea "Europa per i cittadini”.
IL PROGRAMMA DEI TALK
Giovedì 15 aprile - ore 18
intervengono SYLVIA GRIFFIN (Australia), KATARZYNA PAGOWSKA (Polonia), LESYA PCHELKA e ULADZIMIR HRAMOVIC (Bielorussia)
Partecipa al link: https://meet.google.com/ydi-yhkr-ece
Venerdì 16 aprile - ore 18
intervengono MANCA BAJEC (Slovenia), MIRCEA CIUTU (Romania), JASON FILE (USA)
Partecipa al link: https://meet.google.com/twg-dama-ayz
Ad accompagnarne l’apertura, il 15 e 16 aprile alle ore 18, due sessioni di talk d’artista online, per scoprire i retroscena delle opere in mostra e le storie personali che collegano i loro autori alle tematiche dell’esposizione.
Con opere realizzate con diverse tipologie di media (tra installazioni – anche sonore – videoarte, pittura, collage, e una sezione d’archivio dedicata alla performance art), saranno presenti in mostra gli artisti Dan Allon (Israele), Marcela Avellaneda (Colombia), Manca Bajec, Boris Beja (Slovenia), Mircea Ciutu (Romania), Jason File (USA), Sylvia Griffin (Australia), Katarzyna Pagowska (Polonia), Vasilisa Palanina, Lesya Pchelka e Uladzimir Hramovic (Bielorussia).
"La presenza attraverso le generazioni di traumi antichi o recenti relativi alle guerre ha un'incidenza che pesa nella vita e nelle relazioni, non solo tra i popoli confinanti ma anche all'interno delle società. Per cui riprenderli, rielaborarli e archiviarli, alleggerisce questo peso, che altrimenti si tramanda di generazione in generazione".
Sono queste le parole dello psicanalista Paolo Fonda, pronunciate in un’intervista del 2015, che spiegano la fondamentale importanza della rielaborazione collettiva di un vissuto traumatico, utile a “neutralizzarne” l’impatto negativo, altrimenti destinato a perpetrarsi. Per la sua “capacità di sondare i luoghi dove non arriva la razionalità, e tirare fuori i contenuti inconsci", è proprio l'arte, secondo Fonda, a costituire uno degli strumenti più idonei a illuminare gli angoli bui dei bagagli traumatici che l’umanità porta con sé, trasformandoli in una narrazione condivisa e in un insegnamento.
Molte delle opere che animano l’esposizione collettiva From a common past sono frutto di vissuti personali e famigliari connessi agli eventi drammatici che, specialmente nell’Europa del XX° e XXI° secolo, hanno sconvolto le sorti di intere popolazioni: regimi totalitari (con le derive che essi hanno comportato, quali antisemitismo, antiziganismo, xenofobia), rivoluzioni, Shoah e altri stermini, e la violenza con cui i cittadini di alcune parti del mondo, ancora oggi, sono costretti a convivere quotidianamente.
Con i lavori in mostra, 11 artisti internazionali hanno individuato e rielaborato le “zone d’ombra” che questi avvenimenti continuano a proiettare sulla contemporaneità, nodi invisibili e mai sciolti che possono agire – a un livello inconscio – anche sulle nuove generazioni.
Se alcuni degli artisti presenti sono stati toccati in maniera diretta da questi accadimenti, altri hanno fatto della tematica dei conflitti e del modo in cui questi vengono narrati e ricordati – tramite rituali e memoriali - il fulcro della loro ricerca.
Il percorso della mostra procede allargando via via il suo panorama geografico e di significati: se il primo nucleo di opere, che comprende quelle di Lesya Pchelka e Vasilisa Palanina, Manca Bajec, Katarzyna Pagowska e Sylvia Griffin, il protagonista è l’olocausto ebraico, nel secondo, con i lavori di Marcela Avellaneda, Jason File, Mircea Ciutu, e Boris Beja, la visione si estende, arrivando a comprendere altri olocausti e la narrazione di spaccati di vita di Nazioni in cui le ferite causate dalle scelte politiche sono aperte, o non ancora rimarginate. Ricorrente, in questo secondo gruppo di opere, è anche l’immagine della nuda terra e delle sepolture nelle fosse comuni.
Sempre sottesi in From a common past sono i temi universali della vita e della morte. A chiudere la mostra, non a caso, è infatti l’installazione “mobile” di Boris Beja, con la sua rappresentazione archetipica di una danza: riflessione sull’eterno fluire del tempo, veicola un messaggio di speranza e di fiducia che, nell'incessante incedere della storia, la memoria del passato possa essere mantenuta sempre in vita.
A essere rappresentate in mostra, tramite un archivio digitale, sono inoltre 4 perfomance dell’artista israeliano Dan Allon, dove protagonista è la figura archetipica di un dittatore immaginario, di cui l’artista, per diverse volte e per lunghi periodi di tempo (anche fino a un mese) ha letteralmente vestito i panni. Tramite queste ricerche, Allon ha riflettuto sul pericoloso potere dei leader carismatici di influenzare le masse, sui regimi totalitari e sui sistemi di repressione politica messi in atto da questi ultimi.
La mostra fa parte del progetto ArtForRemembrance, guidato dall’associazione culturale IoDeposito, cofinanziato dal programma dell'Unione Europea "Europa per i cittadini”.
IL PROGRAMMA DEI TALK
Giovedì 15 aprile - ore 18
intervengono SYLVIA GRIFFIN (Australia), KATARZYNA PAGOWSKA (Polonia), LESYA PCHELKA e ULADZIMIR HRAMOVIC (Bielorussia)
Partecipa al link: https://meet.google.com/ydi-yhkr-ece
Venerdì 16 aprile - ore 18
intervengono MANCA BAJEC (Slovenia), MIRCEA CIUTU (Romania), JASON FILE (USA)
Partecipa al link: https://meet.google.com/twg-dama-ayz
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