Jonathan VanDyke. L blue N black I green M orange K violet
Dal 30 Settembre 2015 al 14 Novembre 2015
Roma
Luogo: 1/9 Unosunove Arte Contemporanea
Indirizzo: via degli Specchi 20
Orari: mar - ven 11-19; sab 15-19 (o su appuntamento)
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 97613696
E-Mail info: gallery@unosunove.com
Sito ufficiale: http://www.unosunove.com/
Il nuovo corpo di opere di Jonathan VanDyke risulta da un insieme complesso di riferimenti e processi.
Ogni lavoro potrebbe essere definito un "dipinto", ma l'artista indaga sulla nozione stessa di “dipinto” fino a estenderla. VanDyke manifesta una giocosità nell’uso dei materiali e delle fonti; allo stesso tempo, il lavoro emerge dalle sfumature dei rapporti con performer e collaboratori.
Dal 2011, VanDyke ha dato vita ad oggetti generati attraverso una pratica di movimento sviluppata in collaborazione con una coppia di danzatori, David Rafael Botana e Bradley Teal Ellis. Per questa mostra, VanDyke inizia raccogliendo ritagli di tappezzeria e tessuti usati nell’industria della moda. L'artista poi li assembla in fasci che sembrano ricordare una maquette per una poco nota scultura di Jackson Pollock, nonché l’insieme compatto delle vene dei testicoli visti in sezione, un’illustrazione che l'artista ricorda aver studiato da bambino.
Questi fagotti, immersi e imbevuti di vernice, vengono gettati e poi posizionati su delle tele stese sul pavimento dello studio, dove i danzatori li spingono l’uno contro l’altro e ci si rotolano sopra. Durante questo processo, i danzatori indossano magliette e camicie, sul cui tessuto la vernice crea impronte straordinariamente dettagliate. Sono proprio queste camicie ad aver generato la maggior parte delle opere in mostra. L'artista si è fatto fotografare in posa e indossando queste camicie (sempre di spalle, come se salutasse o dirigesse qualcuno fuori dal nostro campo visivo). Questi scatti nello studio vanno a comporre un’unica, monumentale fotografia a colori. Dopo questo servizio fotografico, le camicie sono state tagliate in pezzi la cui forma fa riferimento a un pavimento in marmo nel rione Parione di Roma. Il retro di ogni pezzo viene ricoperto di lino che è stato ritagliato da vecchi vestiti da lavoro di sua madre, biancheria da letto e tovaglie di famiglia, aggiungendo "dietro" il lavoro un ulteriore livello di informazione letteralmente fuori dalla nostra vista. Infine, i pezzi vengono disposti e cuciti insieme in una composizione come una serie di quadri.
Questi shirt paintings sono montati su una struttura in legno, modellato con un motivo derivante da un dettaglio architettonico modernista che l'artista ha fotografato a Roma. La staccionata è costruita in modo che lo spettatore possa entrare in un corridoio dietro le opere per visualizzarne il retro. In questo corridoio lo spettatore trova anche una serie di piccole fotografie su gelatina d’argento. Queste foto sono sviluppate a mano, in camera oscura, attraverso un processo che l'artista recupera per la sua fisicità e per il modo in cui, come spiega lui stesso, "il processo analogico di stampa e la sua dipendenza al tempo e al tatto si accomunano al processo di creazione dei dipinti". Queste immagini ritraggono un uomo anonimo sul cui busto ci sono pezzi tagliati dalla sua maglietta. Le foto sono state sparse per lo studio durante il processo pittorico, in modo da essere macchiate con gocce di colore e impronte digitali lasciate con la vernice, ricordando le fotografie in bianco e nero con colore incrostato trovate sul pavimento dello studio di Francis Bacon.
Un grande dipinto rivela ulteriori indizi sul processo creativo dell'artista. Utilizzando un procedimento di stampa sviluppato per trasferire immagini su magliette, VanDyke ha stampato fotografie sulla tela. Le fotografie mostrano i danzatori e l'artista che lavorano insieme nello studio. A loro volta, i danzatori ripropongono sopra questa tela lo stesso movimento che si vede nelle fotografie, come se tutto questo insieme di movimenti, ricordi, pittura, fotografia e relazioni fosse ricominciato dall’inizio.
Jonathan VanDyke vive e lavora a New York. Nel 2005 si è laureato in Scultura presso il Bard College, ha poi frequentato la Skowhegan School nel 2008 e l’Atlantic Center for the Arts nel 2007, dove ha seguito le lezioni dell’artista Paul Pfeiffer. Tra le mostre personali più recenti si possono ricordare: Traunitz, Loock Gallery, Berlino, 2014; Four Boxes Gallery, Krabbesholm Hojskole, Skive, Danimarca, 2014; Oltre l’oblio, 1/9unosunove, Roma, 2013; The Painter of the Hole, Scaramouche, NY, 2013; The Long Glance, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, 2011; e With One Hand Between Us, tenutasi in occasione Performa 2011, New York City. Tra le sue numerose performance ricordiamo: Stranger Suite, una performance in tre parti presentata al New York Performance Artists Collective Fire Island nel 2014; Cordoned Area presentata presso la National Academy Museum, New York (2013), la Vox Populi, Philadephia (2012) e il Socrates Sculpture Park, New York (2011); nel 2011 ha creato una performance e un’installazione su commissione del The Power Plant di Toronto nel contesto della mostra Coming After. VanDyke ha partecipato a numerose mostre collettive, presso gallerie e diverse istituzioni come: Islip Art Museum, Y Gallery, On Stellar Rays, Columbia University, PS122 (New York); Museum of Fine Arts, Tallahassee; Luis de Jesus, Los Angeles; Rutgers University, University of Nevada, Texas State University, University of Wolverhampton, UK; Exile Gallery, Berlino.
Ogni lavoro potrebbe essere definito un "dipinto", ma l'artista indaga sulla nozione stessa di “dipinto” fino a estenderla. VanDyke manifesta una giocosità nell’uso dei materiali e delle fonti; allo stesso tempo, il lavoro emerge dalle sfumature dei rapporti con performer e collaboratori.
Dal 2011, VanDyke ha dato vita ad oggetti generati attraverso una pratica di movimento sviluppata in collaborazione con una coppia di danzatori, David Rafael Botana e Bradley Teal Ellis. Per questa mostra, VanDyke inizia raccogliendo ritagli di tappezzeria e tessuti usati nell’industria della moda. L'artista poi li assembla in fasci che sembrano ricordare una maquette per una poco nota scultura di Jackson Pollock, nonché l’insieme compatto delle vene dei testicoli visti in sezione, un’illustrazione che l'artista ricorda aver studiato da bambino.
Questi fagotti, immersi e imbevuti di vernice, vengono gettati e poi posizionati su delle tele stese sul pavimento dello studio, dove i danzatori li spingono l’uno contro l’altro e ci si rotolano sopra. Durante questo processo, i danzatori indossano magliette e camicie, sul cui tessuto la vernice crea impronte straordinariamente dettagliate. Sono proprio queste camicie ad aver generato la maggior parte delle opere in mostra. L'artista si è fatto fotografare in posa e indossando queste camicie (sempre di spalle, come se salutasse o dirigesse qualcuno fuori dal nostro campo visivo). Questi scatti nello studio vanno a comporre un’unica, monumentale fotografia a colori. Dopo questo servizio fotografico, le camicie sono state tagliate in pezzi la cui forma fa riferimento a un pavimento in marmo nel rione Parione di Roma. Il retro di ogni pezzo viene ricoperto di lino che è stato ritagliato da vecchi vestiti da lavoro di sua madre, biancheria da letto e tovaglie di famiglia, aggiungendo "dietro" il lavoro un ulteriore livello di informazione letteralmente fuori dalla nostra vista. Infine, i pezzi vengono disposti e cuciti insieme in una composizione come una serie di quadri.
Questi shirt paintings sono montati su una struttura in legno, modellato con un motivo derivante da un dettaglio architettonico modernista che l'artista ha fotografato a Roma. La staccionata è costruita in modo che lo spettatore possa entrare in un corridoio dietro le opere per visualizzarne il retro. In questo corridoio lo spettatore trova anche una serie di piccole fotografie su gelatina d’argento. Queste foto sono sviluppate a mano, in camera oscura, attraverso un processo che l'artista recupera per la sua fisicità e per il modo in cui, come spiega lui stesso, "il processo analogico di stampa e la sua dipendenza al tempo e al tatto si accomunano al processo di creazione dei dipinti". Queste immagini ritraggono un uomo anonimo sul cui busto ci sono pezzi tagliati dalla sua maglietta. Le foto sono state sparse per lo studio durante il processo pittorico, in modo da essere macchiate con gocce di colore e impronte digitali lasciate con la vernice, ricordando le fotografie in bianco e nero con colore incrostato trovate sul pavimento dello studio di Francis Bacon.
Un grande dipinto rivela ulteriori indizi sul processo creativo dell'artista. Utilizzando un procedimento di stampa sviluppato per trasferire immagini su magliette, VanDyke ha stampato fotografie sulla tela. Le fotografie mostrano i danzatori e l'artista che lavorano insieme nello studio. A loro volta, i danzatori ripropongono sopra questa tela lo stesso movimento che si vede nelle fotografie, come se tutto questo insieme di movimenti, ricordi, pittura, fotografia e relazioni fosse ricominciato dall’inizio.
Jonathan VanDyke vive e lavora a New York. Nel 2005 si è laureato in Scultura presso il Bard College, ha poi frequentato la Skowhegan School nel 2008 e l’Atlantic Center for the Arts nel 2007, dove ha seguito le lezioni dell’artista Paul Pfeiffer. Tra le mostre personali più recenti si possono ricordare: Traunitz, Loock Gallery, Berlino, 2014; Four Boxes Gallery, Krabbesholm Hojskole, Skive, Danimarca, 2014; Oltre l’oblio, 1/9unosunove, Roma, 2013; The Painter of the Hole, Scaramouche, NY, 2013; The Long Glance, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, 2011; e With One Hand Between Us, tenutasi in occasione Performa 2011, New York City. Tra le sue numerose performance ricordiamo: Stranger Suite, una performance in tre parti presentata al New York Performance Artists Collective Fire Island nel 2014; Cordoned Area presentata presso la National Academy Museum, New York (2013), la Vox Populi, Philadephia (2012) e il Socrates Sculpture Park, New York (2011); nel 2011 ha creato una performance e un’installazione su commissione del The Power Plant di Toronto nel contesto della mostra Coming After. VanDyke ha partecipato a numerose mostre collettive, presso gallerie e diverse istituzioni come: Islip Art Museum, Y Gallery, On Stellar Rays, Columbia University, PS122 (New York); Museum of Fine Arts, Tallahassee; Luis de Jesus, Los Angeles; Rutgers University, University of Nevada, Texas State University, University of Wolverhampton, UK; Exile Gallery, Berlino.
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