Le prossime mostre al Museo delle Culture
L’arte, una terapia per la vita. L’autunno del Mudec tra Dubuffet e Niki de Saint Phalle
Niki de Saint Phalle, Le trois Graces (Le tre Grazie), 1995-2002 © 2024 NIKI CHARITABLE ART FOUNDATION All rights reserved. Photo: Katrin Baumann
Francesca Grego
12/06/2024
Milano - L'arte può davvero cambiare la vita delle persone? Al Mudec sono pronti a scommetterci. Lo rivela il programma espositivo del prossimo autunno, che attraverso le esperienze di artisti diversi illustrerà come l’arte possa donare forza e speranza a chi la fa, ma anche a chi la fruisce. Un obiettivo ambizioso che, a partire da ottobre, porterà sulle ribalte milanesi due celebri artisti internazionali che in Italia il grande pubblico ancora non conosce come meriterebbero. Protagonisti delle mostre autunnali saranno Niki de Saint Phalle e Jean Dubuffet con l'Art Brut, dei quali il Museo delle Culture restituirà, come sempre, un ritratto approfondito e non banale. Li anticiperà, già dal 13 settembre, la vincitrice del Premio Deutsche Bank Artist of the Year 2023, l’artista indigena argentina La Chola Poblete, con un progetto in linea con la mission del Mudec e con il suo programma per la seconda parte dell'anno.
In calendario dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, la mostra su Niki de Saint Phalle (1930-2002) sarà la prima dedicata all’artista franco-americana in un’istituzione pubblica italiana. In arrivo 110 opere, comprese alcune sculture di grandi dimensioni e naturalmente le iconiche, coloratissime Nanas. E poi lavori su carta, video, fotografie, abiti della Maison Dior che ricordano il passato di Niki come modella. “Donna e artista”, come lei stessa amava definirsi, Saint Phalle sfugge a ogni facile classificazione. Ciò che la rende particolarmente interessante oggi è forse l’aver sfidato gli stereotipi di genere attraverso l’arte, esprimendo nelle proprie opere femminilità, sensualità e amore per la vita come creazione. Ma c’è di più, e la curatrice Lucia Pesapane è pronta a dimostrarlo. Lungo otto sezioni, l’esposizione esplorerà l’universo variopinto, polimorfo e tondeggiante di Niki, mostrando in controluce una vita personale molto meno colorata e materna, in cui l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore, e poi ricostruire, rompendo gli schemi con lavori non convenzionali e messaggi provocatori, per lasciare infine un’impronta duratura nel mondo dell’arte.
Niki de Saint Phalle à Soisy-sur-École, avril 1983. ©️ Photo Leonardo Bezzola
Dal 12 ottobre una nuova mostra andrà ad arricchire l’offerta del Mudec. Nata dalla collaborazione del Museo delle Culture con la Collection de l’Art Brut di Losanna, Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider fa luce su un altro importante fenomeno artistico poco battuto in Italia. Siamo nella Parigi del secondo dopoguerra. Qui, lontano dai musei e dai salotti mondani, emerge una nuova, inaspettata quanto dirompente concezione dell’arte: un’arte ‘grezza’, ‘pura’, ‘non filtrata’, letteralmente, ma non certo nel significato profondo che le dava il suo inventore, l’artista e teorico francese Jean Dubuffet.
Dubuffet iniziò a collezionare opere di artisti non professionisti e autodidatti e di persone spesso in condizioni di disagio sociale che riuscivano, senza preconcetti accademici e filtri culturali, ad andare oltre le convenzioni per raccontare sé stessi e il mondo con sorprendente libertà. Stati mentali estremi, idee insolite, elaborati mondi di fantasia trovavano piena cittadinanza nelle opere di individui che creavano unicamente per se stessi, con mezzi non codificati e decisamente fuori dagli schemi. Quella di Dubuffet, insomma, fu una presa di posizione radicale contro il sistema dell’arte, ai margini sia rispetto alla tradizione che rispetto alle avanguardie.
A cura di Sarah Lombardi e Anic Zanzi, con il contributo di Baptiste Brun, la mostra del Mudec nasce con l’obiettivo di comunicare al pubblico italiano la straordinaria potenza espressiva dell’Art Brut, da cui molti artisti contemporanei hanno tratto ispirazione. Alla base c’è l’idea “che l’arte sia per chiunque abbia una voce da far risuonare attraverso l’espressione di una bellezza inaspettata”. A scandire il racconto saranno dipinti, disegni, sculture, opere tessili provenienti dalla Collection de l’Art Brut, nata dall’eccezionale donazione fatta da Dubuffet alla città di Losanna nel 1971 e cresciuta negli anni fino a 70 mila opere.
Gaston Dufour, Le nâin pôlichinê pastriqûe, 1950 e 1956. Matite colorate su carta. Collection de l'Art Brut, Losanna
In calendario dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, la mostra su Niki de Saint Phalle (1930-2002) sarà la prima dedicata all’artista franco-americana in un’istituzione pubblica italiana. In arrivo 110 opere, comprese alcune sculture di grandi dimensioni e naturalmente le iconiche, coloratissime Nanas. E poi lavori su carta, video, fotografie, abiti della Maison Dior che ricordano il passato di Niki come modella. “Donna e artista”, come lei stessa amava definirsi, Saint Phalle sfugge a ogni facile classificazione. Ciò che la rende particolarmente interessante oggi è forse l’aver sfidato gli stereotipi di genere attraverso l’arte, esprimendo nelle proprie opere femminilità, sensualità e amore per la vita come creazione. Ma c’è di più, e la curatrice Lucia Pesapane è pronta a dimostrarlo. Lungo otto sezioni, l’esposizione esplorerà l’universo variopinto, polimorfo e tondeggiante di Niki, mostrando in controluce una vita personale molto meno colorata e materna, in cui l’artista ha dovuto spesso distruggere per elaborare il dolore, e poi ricostruire, rompendo gli schemi con lavori non convenzionali e messaggi provocatori, per lasciare infine un’impronta duratura nel mondo dell’arte.
Niki de Saint Phalle à Soisy-sur-École, avril 1983. ©️ Photo Leonardo Bezzola
Dal 12 ottobre una nuova mostra andrà ad arricchire l’offerta del Mudec. Nata dalla collaborazione del Museo delle Culture con la Collection de l’Art Brut di Losanna, Dubuffet e l’Art Brut. L’arte degli outsider fa luce su un altro importante fenomeno artistico poco battuto in Italia. Siamo nella Parigi del secondo dopoguerra. Qui, lontano dai musei e dai salotti mondani, emerge una nuova, inaspettata quanto dirompente concezione dell’arte: un’arte ‘grezza’, ‘pura’, ‘non filtrata’, letteralmente, ma non certo nel significato profondo che le dava il suo inventore, l’artista e teorico francese Jean Dubuffet.
Dubuffet iniziò a collezionare opere di artisti non professionisti e autodidatti e di persone spesso in condizioni di disagio sociale che riuscivano, senza preconcetti accademici e filtri culturali, ad andare oltre le convenzioni per raccontare sé stessi e il mondo con sorprendente libertà. Stati mentali estremi, idee insolite, elaborati mondi di fantasia trovavano piena cittadinanza nelle opere di individui che creavano unicamente per se stessi, con mezzi non codificati e decisamente fuori dagli schemi. Quella di Dubuffet, insomma, fu una presa di posizione radicale contro il sistema dell’arte, ai margini sia rispetto alla tradizione che rispetto alle avanguardie.
A cura di Sarah Lombardi e Anic Zanzi, con il contributo di Baptiste Brun, la mostra del Mudec nasce con l’obiettivo di comunicare al pubblico italiano la straordinaria potenza espressiva dell’Art Brut, da cui molti artisti contemporanei hanno tratto ispirazione. Alla base c’è l’idea “che l’arte sia per chiunque abbia una voce da far risuonare attraverso l’espressione di una bellezza inaspettata”. A scandire il racconto saranno dipinti, disegni, sculture, opere tessili provenienti dalla Collection de l’Art Brut, nata dall’eccezionale donazione fatta da Dubuffet alla città di Losanna nel 1971 e cresciuta negli anni fino a 70 mila opere.
Gaston Dufour, Le nâin pôlichinê pastriqûe, 1950 e 1956. Matite colorate su carta. Collection de l'Art Brut, Losanna
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