Arte e politica
Ai Weiwei chiude le sue mostre in segno di protesta contro le politiche migratorie danesi
Ai Weiwei
Ludovica Sanfelice
28/01/2016
Di fronte all'acuta crisi migratoria che sta mettendo a dura prova la tenuta politica, sociale ma anche umana e culturale del Vecchio Continente, nel mondo dell'arte continuano a levarsi voci in difesa dei migranti. Dopo il murales di Banksy, che è comparso nei pressi dell'ambasciata francese a Londra creando scompiglio per la denuncia mossa alle autorità francesi e alle misure adottate verso i rifugiati nel campo di Calais, anche Ai Weiwei, artista cinese con una lunga storia di dissidenza civile, che recentemente ha documentato gli sbarchi sull'isola di Lesbo in Grecia e presto vi costruirà un memoriale per i naufraghi, torna a schierarsi attivamente ordinando la chiusura anticipata delle sue mostre in corso presso l'ARoS Aarhus Art Museum e la galleria Faurschou Foundation di Copenhagen dopo che il Parlamento danese ha approvato la legge che autorizza la confisca dei beni dei migranti richiedenti asilo, ostacolandone anche il ricongiungimento familiare.
"Sono veramente scioccato dalla decisione presa dal governo danese," scrive Ai Weiwei in una lettera indirizzata con molte scuse al museo di Aarhus e pubblicata sul suo profilo Instagram. "Come risultato di questa deplorevole iniziativa, sento il dovere di ritirarmi dalla vostra esposizione A New Dynasty - Created in China (collettiva a cui l'artista ha partecipato con una nuova monumentale installazione n.d.r) per esprimere la mia protesta".
Stesso discorso valga per Ruptures, in programma alla Faurschou Foundation, che, dal canto suo, attraverso una nota firmata dal proprietario Jens Faurschou ha voluto esprimere il proprio sostegno all'irrevocabile decisione dell'artista rammaricandosi pubblicamente per la scelta del parlamento danese di collocarsi "in prima linea sul fronte delle politiche simboliche e disumane nel rispondere ad una delle più tragiche crisi umanitarie d'Europa e Medio Oriente invece di promuovere soluzioni rispettose".
"Sono veramente scioccato dalla decisione presa dal governo danese," scrive Ai Weiwei in una lettera indirizzata con molte scuse al museo di Aarhus e pubblicata sul suo profilo Instagram. "Come risultato di questa deplorevole iniziativa, sento il dovere di ritirarmi dalla vostra esposizione A New Dynasty - Created in China (collettiva a cui l'artista ha partecipato con una nuova monumentale installazione n.d.r) per esprimere la mia protesta".
Stesso discorso valga per Ruptures, in programma alla Faurschou Foundation, che, dal canto suo, attraverso una nota firmata dal proprietario Jens Faurschou ha voluto esprimere il proprio sostegno all'irrevocabile decisione dell'artista rammaricandosi pubblicamente per la scelta del parlamento danese di collocarsi "in prima linea sul fronte delle politiche simboliche e disumane nel rispondere ad una delle più tragiche crisi umanitarie d'Europa e Medio Oriente invece di promuovere soluzioni rispettose".
danimarca · banksy · ai weiwei · protesta · migranti · politiche migratorie · confisca beni · dissidenza
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