Le nevi dell'equatore

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16/07/2003

LE NEVI DELL'EQUATORE - Kilimanjaro Kenya Ruwenzori di Mirella Tenderini Centro Documentazione Alpina, Torino 2000 176 pagine Raramente gli alpinisti che si recano a scalare montagne in continenti lontani si preoccupano di conoscere la storia dei paesi che attraverseranno. L'alpinista è un viaggiatore strano, la sua meta è talmente circoscritta e precisa da focalizzare tutte le sue energie e i suoi interessi su un unico punto, la vetta, ed è già molto per lui conoscere, quando le conosce, le vicende di chi l'ha preceduto sulla montagna che si reca a scalare. In "Le nevi dell'Equatore" l'autrice racconta la scoperta e le prime ascensioni delle grandi montagne africane attorno all'Equatore, le montagne coperte di neve di cui già si favoleggiava ai tempi di Erodoto. Ma per arrivare a quelle montagne e a quelle ascensioni sceglie il percorso lungo e tortuoso di coloro che precedettero gli alpinisti: sognatori alla ricerca delle sorgenti del Nilo, esploratori assetati di conoscenza oppure di fama che spesso non si facevano scrupolo di ricorrere all'aiuto dei mercanti di schiavi per penetrare in territori altrimenti inaccessibili: missionari che aprivano la strada ai mercanti che a loro volta l'aprivano agli eserciti. Nel raccontare le prime ascensioni delle grandi montagne africane - Kilimanjaro, Kenya e Ruwenzori – Mirella Tendoerini ha cercato di descrivere le tappe che segnarono i grandi sconvolgimenti nei paesi in cui esse si trovano. Per chi si reca in quei luoghi sarà più facile capire quello che sta succedendo oggi e il suo viaggio sarà arricchito dalla consapevolezza del lungo cammino che è stato necessario per arrivare ad aprirgli la via che sta percorrendo. È una lunga storia di scoperte e di conquiste, di rivolte e di repressioni sanguinose, fino alla conclusione dell'epoca coloniale e l'introduzione nell'era attuale, densa di nuove tragedie. Il lettore incontrerà esploratori famosi come Livingstone e Stanley ed altri meno noti, imperatori e generali, capipopolo come il Mahdi e il Khalifa di Khartum, i re dell'Uganda, missionari e coloni, e le popolazioni africane trascinate da eventi più forti di loro. In mezzo a tutto questo, le tre grandi montagne dalle cime splendenti di nevi perenni: il loro primo avvistamento e i numerosi tentativi per salirle, il successo dei primi salitori e le salite più significative dopo di loro. Quando il missionario tedesco Johann Rebmann, che si era avventurato da Mombasa verso l'Africa centrale "con solo otto uomini e un parapioggia", scorse all'orizzonte una grande cupola coperta di neve che scintillava al sole, cadde in ginocchio e alzate le mani al cielo si mise a recitare un salmo di lode al Creatore. Aveva visto la vetta del Kilimanjaro, la montagna più alta del continente africano. Ma quando riferì la sua scoperta e ne venne informata la Royal Geographic Society di Londra venne preso per un visionario, semplicemente perché il presidente della Society aveva elaborato una teoria destinata a colmare le lacune della carta geografica dell'Africa e sfortunatamente tale teoria non comprendeva nessuna montagna nel punto in cui Rebmann aveva scorto quella cima. Men che meno montagne coperte di neve! Un anno dopo, un altro missionario confratello di Rebmann, Johann Ludwig Krapf, avvistò ben due grandi montagne innevate. Si trovava a Kitui, ai piedi del monte Kenya, e in una giornata di particolare limpidezza vide le cime del Kenya sopra di lui, e, in distanza, il Kilimanjaro. Dunque era vero: le grandi montagne coperte di neve esistevano, e forse erano i Monti della Luna, favoleggiati fin dall'antichità... Passò mezzo secolo prima che le montagne venissero salite. Nel frattempo numerosi esploratori cercavano i Monti della Luna da cui scaturivano le sorgenti del Nilo. Oggi sappiamo che i Monti della Luna sono la catena del Ruwenzori, ma quando Speke individuò le sorgenti del Nilo nelle Ripon Falls, nel 1862, non vide le montagne... O meglio, vide il gruppo sbagliato: la catena del Virunga o Bufumbiro, e credette che i Monti della Luna fossero quelli. Anche Speke non venne creduto, e altri esploratori continuarono a cercare le sorgenti del Nilo: Livingstone, Stanley. Il Ruwenzori venne poi avvistato da Romolo Gessi dal lago Alberto nel 1876, e venne salito infine dopo altri trent'anni. Ma, in fondo, a quell'epoca le montagne non interessavano a nessuno. Le esplorazioni miravano soprattutto a creare vie di comunicazione dalla costa all'interno per stabilire reti commerciali, che aprirono la strada a coloni e a eserciti, fino a che l'intero continente venne occupato e spartito tra le maggiori potenze europee. All'avanguardia erano partiti viaggiatori eccentrici e sognatori. E i missionari, armati di buone intenzioni e determinati a fare cessare il traffico degli schiavi che stava spopolando il continente. Ma anch'essi furono perlopiù strumentalizzati e la tratta cessò - o almeno, si ridusse enormemente - solo dopo che ebbe termine la richiesta di schiavi dalle Americhe e dall'impero Ottomano ormai prossimo alla sua fine.

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