Gli appuntamenti al Museo d'Arte contemporanea di Roma
Street art, legno e segnali di fumo: il caldo autunno del Macro
Una sequenza del film Burn di Reynold Reynolds, al Macro. Courtesy of Zetema
Samantha De Martin
25/09/2017
Roma - Dal fumo al legno, dalla precarietà fragile, raccontata attraverso l'arte, ai grandi teleri popolati dal codice archeologico che punta al recupero della bellezza.
L'autunno del Macro snocciola un calendario di mostre che, dalla street art al carattere enigmatico del tempo, propone un'agenda estremamente variegata.
Segnali di fumo al Macro Testaccio
Fumo per creare, leggere, osservare il mondo, ma anche per dar vita a nuove prospettive. Nove artisti, da Cyprian Gaillard a Paolo Icaro, da Giovanni Ozzola a Claudio Parmiggiani, propongono, dal 22 settembre al 1° ottobre, una selezione di oltre tredici opere di grandi dimensioni, tra installazioni site specific e ambientali, incentrate sul tema del fumo come stato alternativo di percezione della realtà.
L'installazione di Ann Veronica Janssens, tra i protagonisti della mostra Segnali di fumo, porta il visitatore in uno stato sensoriale all’interno di un paesaggio in cui il vuoto acquista una sua fisicità.
La lettura “urbana” offerta da Laurent Grasso ricrea, attraverso l’uso del computer, una nuvola artificiale che attraversa indisturbata le vie di una città. Grasso usa spesso il concetto di moto, molto caro anche all'altro artista francese in mostra, Cyprian Gaillard, che nella sua creazione, ci pone di fronte alla vana attesa di un treno che non passerà mai.
Burn di Reynold Reynolds, realizzato insieme a Patrick Jolley, è un breve filmato che racconta la vita di una famiglia tra le fiamme di un fuoco perenne, che non sembra disturbare in alcun modo i protagonisti del video, figure abbandonate a se stesse, annoiate, rapite dalla ripetitività delle loro azioni, nonostante il mondo attorno a loro stia bruciando.
Per Gavin Turk il fumo ha invece la forma di infinite, possibili storie, le sembianze di un fantasma, che aiuta ad evocare situazioni immaginarie nello spazio. Nell’opera Parapraxis la colonna di fumo suggerisce possibili entità, volti e figure che scompaiono e si ricompongono nella dinamica forma generata dal fumo.
Il codice archeologico di Franca Pisani
Attraverso l'utilizzo di grandi teleri - caratteristici supporti in lino tipici dell'arte veneziana del Quattrocento e del Cinquecento - Franca Pisani presenta il suo approfondito studio sulla memoria di alcuni elementi primordiali della storia dell'umanità.
Il lavoro dell'artista di Grosseto - protagonista della 57esima Biennale d'arte di Venezia - propone negli spazi del Macro di Testaccio una personale dal titolo Codice archeologico. Il recupero della bellezza.
In quello che rappresenta anche l'esordio della Pisani nella Capitale, il pubblico è invitato a intraprendere una sorta di viaggio emozionale alla riscoperta degli importanti siti archeologici di Mosul, Nimrud, Bamiyan e Palmira.
L'itinerario attraversa i quattro livelli caratterizzati dai teleri di lino cotto dipinti con ossidi e lacche.
Nel primo livello un Nomade anziano conduce idealmente in Afghanistan, nella Valle di Bamiyan dove sorgeva il sito archeologico caratterizzato da due Buddha giganti scavati nella roccia, distrutti dalla furia umana.
Nel secondo livello, Nomade Vento fa compiere al visitatore un’incursione in Iraq, nel sito di Hatra Mosul, caratterizzato, fino a poco tempo fa, da sculture di tori con teste umane.
Nomade Adolescente è, invece, la guida del terzo livello, dove protagonista è la suggestiva città assira di Nimrud, situata sul fiume Tigri. Nel quarto livello, l'installazione dal titolo Decumano, dedicata a Palmira, si compone di cinque tele realizzate sempre con una tecnica di ossidi e lacche.
Tutto l’iter espositivo si dipana a partire da un atrium di bellezza che diventa percorso di archeologia contemporanea scandito da un migliaio di pezzi marmorei di risulta provenienti dalle cave del Monte Altissimo di Pietrasanta, le stesse utilizzate 500 anni fa da Michelangelo per la facciata della Basilica di San Lorenzo a Firenze, poi rimasta incompiuta.
Appunti di una generazione in mostra
Simone Berti, Monica Cuoghi e Claudio Corsello sono i protagonisti del quarto appuntamento della rassegna Appunti di una generazione, che scruta la ricerca degli artisti italiani emersi negli anni Novanta. Dal 15 settembre al 26 novembre in via Nizza, Berti, che nelle sue prime opere aveva condotto una ricerca mossa dal concetto di precarietà, affianca i lavori di Cuoghi-Corsello, pionieri della street art italiana, coinvolti, al Macro, in un esperimento assolutamente originale.
Cuoghi e Corsello hanno infatti esplorato i depositi del museo dove è conservata la collezione permanente, selezionando centinaia di dipinti che documentano una stagione della pittura italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta ancora piuttosto inesplorata. Gli artisti cuciranno un dialogo aperto tra i dipinti grazie a un'installazione al neon prodotta per l’occasione: un filo di luce che attraversa lo spazio espositivo, animato attraverso una composizione di suoni ideata dagli artisti.
Il tempo enigmatico di Renaud Auguste-Dormeuil
Lavora sulla qualità enigmatica del tempo, sulla sua natura assillante e sull’incrocio delle sue direzioni, che l’arte rende possibile, l'artista francese Renaud Auguste-Dormeuil, che concede al Macro di Testaccio la sua prima mostra personale in un museo italiano, dal titolo Jusqu'ici tout va bien, e in calendario dal 14 ottobre al 26 novembre.
Ad aprire la mostra è una spiazzante Spin.off, l'ultima produzione dell’artista, esposta in anteprima al Macro, composta dalla frase luminosa Jusqu’ici tout va bien, da cui il titolo dell'esposizione. Segue The day before, una serie di dodici mappe di cieli stellati, ciascuno dei quali ha illuminato altrettanti luoghi del pianeta la notte precedente un micidiale attacco aereo, come il cielo sopra Hiroshima il 5 agosto del 1945, le stelle sopra Baghdad la notte del 15 gennaio 1991, quelle di New York il 10 settembre 2001.
L'installazione dal titolo When the paper invita invece lo spettatore a mettere nero su bianco un dolore e a gettarlo nell'acqua dove si dissolverà insieme alla causa che lo ha generato.
Il 19 ottobre, fuori dal museo, l'artista parigino presenterà la sua installazione I will keep a light burning: mille candele allestite nello stadio delle Terme di Caracalla a comporre una vera e propria mappa stellare del cielo di Roma come si presenterà esattamente cento anni dopo.
Il Macro celebra la Street art
Quarant'anni di street art tra le sale di via Nizza. Cross the Streets è una piattaforma culturale che getta le basi per una storicizzazione del fenomeno del Writing e della Street Art, tirando le fila di uno dei fenomeni artistici e mediatici più influenti. Oltre ad offrire una panoramica sulla nascita e l'evoluzione del fenomeno, la mostra, in corso fino al 1° ottobre, ricorda i rinomati mosaici dell’artista francese Invader, che hanno invaso le strade di Roma nel 2010, o ancora le fotografie di Stefano Fontebasso De Martino che ritraggono un intervento artistico di Keith Haring a Roma, realizzato durante un suo secondo soggiorno nella Capitale, ma “cancellato” in occasione dell’arrivo del Presidente Gorbaciov a Roma.
L'allestimento di Cross the Streets - che ospita anche la sezione Writing a Roma, 1979-2017, sul rapporto speciale che lega Roma al Writing - porta fin dentro il museo il linguaggio della Street Art.
Introjection: Gehard Demetz e la sua indagine attraverso il legno
Distorsioni, allungamenti, iconografie sacre, cui fanno da contrappunto immagini dissacratorie , da Hitler a Mao, e quelle laiche, come i fienili della Val Gardena.
In un gioco di dissonanze e dissolvenze il progetto espositivo di Gehard Demetz, al Macro di via Nizza fino al 1 ottobre, e che vede al centro il legno, offre molteplici spunti per indagare le possibilità di una tecnica atavica che si mette in ascolto di pressioni e drammi contemporanei.
Leggi anche:
• Milo Manara: il fumetto d'autore in mostra al Macro
• Il Giardino del tempo di Giancarlo Limoni al Macro
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Segnali di fumo al Macro Testaccio
Fumo per creare, leggere, osservare il mondo, ma anche per dar vita a nuove prospettive. Nove artisti, da Cyprian Gaillard a Paolo Icaro, da Giovanni Ozzola a Claudio Parmiggiani, propongono, dal 22 settembre al 1° ottobre, una selezione di oltre tredici opere di grandi dimensioni, tra installazioni site specific e ambientali, incentrate sul tema del fumo come stato alternativo di percezione della realtà.
L'installazione di Ann Veronica Janssens, tra i protagonisti della mostra Segnali di fumo, porta il visitatore in uno stato sensoriale all’interno di un paesaggio in cui il vuoto acquista una sua fisicità.
La lettura “urbana” offerta da Laurent Grasso ricrea, attraverso l’uso del computer, una nuvola artificiale che attraversa indisturbata le vie di una città. Grasso usa spesso il concetto di moto, molto caro anche all'altro artista francese in mostra, Cyprian Gaillard, che nella sua creazione, ci pone di fronte alla vana attesa di un treno che non passerà mai.
Burn di Reynold Reynolds, realizzato insieme a Patrick Jolley, è un breve filmato che racconta la vita di una famiglia tra le fiamme di un fuoco perenne, che non sembra disturbare in alcun modo i protagonisti del video, figure abbandonate a se stesse, annoiate, rapite dalla ripetitività delle loro azioni, nonostante il mondo attorno a loro stia bruciando.
Per Gavin Turk il fumo ha invece la forma di infinite, possibili storie, le sembianze di un fantasma, che aiuta ad evocare situazioni immaginarie nello spazio. Nell’opera Parapraxis la colonna di fumo suggerisce possibili entità, volti e figure che scompaiono e si ricompongono nella dinamica forma generata dal fumo.
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In quello che rappresenta anche l'esordio della Pisani nella Capitale, il pubblico è invitato a intraprendere una sorta di viaggio emozionale alla riscoperta degli importanti siti archeologici di Mosul, Nimrud, Bamiyan e Palmira.
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Nel secondo livello, Nomade Vento fa compiere al visitatore un’incursione in Iraq, nel sito di Hatra Mosul, caratterizzato, fino a poco tempo fa, da sculture di tori con teste umane.
Nomade Adolescente è, invece, la guida del terzo livello, dove protagonista è la suggestiva città assira di Nimrud, situata sul fiume Tigri. Nel quarto livello, l'installazione dal titolo Decumano, dedicata a Palmira, si compone di cinque tele realizzate sempre con una tecnica di ossidi e lacche.
Tutto l’iter espositivo si dipana a partire da un atrium di bellezza che diventa percorso di archeologia contemporanea scandito da un migliaio di pezzi marmorei di risulta provenienti dalle cave del Monte Altissimo di Pietrasanta, le stesse utilizzate 500 anni fa da Michelangelo per la facciata della Basilica di San Lorenzo a Firenze, poi rimasta incompiuta.
Appunti di una generazione in mostra
Simone Berti, Monica Cuoghi e Claudio Corsello sono i protagonisti del quarto appuntamento della rassegna Appunti di una generazione, che scruta la ricerca degli artisti italiani emersi negli anni Novanta. Dal 15 settembre al 26 novembre in via Nizza, Berti, che nelle sue prime opere aveva condotto una ricerca mossa dal concetto di precarietà, affianca i lavori di Cuoghi-Corsello, pionieri della street art italiana, coinvolti, al Macro, in un esperimento assolutamente originale.
Cuoghi e Corsello hanno infatti esplorato i depositi del museo dove è conservata la collezione permanente, selezionando centinaia di dipinti che documentano una stagione della pittura italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta ancora piuttosto inesplorata. Gli artisti cuciranno un dialogo aperto tra i dipinti grazie a un'installazione al neon prodotta per l’occasione: un filo di luce che attraversa lo spazio espositivo, animato attraverso una composizione di suoni ideata dagli artisti.
Il tempo enigmatico di Renaud Auguste-Dormeuil
Lavora sulla qualità enigmatica del tempo, sulla sua natura assillante e sull’incrocio delle sue direzioni, che l’arte rende possibile, l'artista francese Renaud Auguste-Dormeuil, che concede al Macro di Testaccio la sua prima mostra personale in un museo italiano, dal titolo Jusqu'ici tout va bien, e in calendario dal 14 ottobre al 26 novembre.
Ad aprire la mostra è una spiazzante Spin.off, l'ultima produzione dell’artista, esposta in anteprima al Macro, composta dalla frase luminosa Jusqu’ici tout va bien, da cui il titolo dell'esposizione. Segue The day before, una serie di dodici mappe di cieli stellati, ciascuno dei quali ha illuminato altrettanti luoghi del pianeta la notte precedente un micidiale attacco aereo, come il cielo sopra Hiroshima il 5 agosto del 1945, le stelle sopra Baghdad la notte del 15 gennaio 1991, quelle di New York il 10 settembre 2001.
L'installazione dal titolo When the paper invita invece lo spettatore a mettere nero su bianco un dolore e a gettarlo nell'acqua dove si dissolverà insieme alla causa che lo ha generato.
Il 19 ottobre, fuori dal museo, l'artista parigino presenterà la sua installazione I will keep a light burning: mille candele allestite nello stadio delle Terme di Caracalla a comporre una vera e propria mappa stellare del cielo di Roma come si presenterà esattamente cento anni dopo.
Il Macro celebra la Street art
Quarant'anni di street art tra le sale di via Nizza. Cross the Streets è una piattaforma culturale che getta le basi per una storicizzazione del fenomeno del Writing e della Street Art, tirando le fila di uno dei fenomeni artistici e mediatici più influenti. Oltre ad offrire una panoramica sulla nascita e l'evoluzione del fenomeno, la mostra, in corso fino al 1° ottobre, ricorda i rinomati mosaici dell’artista francese Invader, che hanno invaso le strade di Roma nel 2010, o ancora le fotografie di Stefano Fontebasso De Martino che ritraggono un intervento artistico di Keith Haring a Roma, realizzato durante un suo secondo soggiorno nella Capitale, ma “cancellato” in occasione dell’arrivo del Presidente Gorbaciov a Roma.
L'allestimento di Cross the Streets - che ospita anche la sezione Writing a Roma, 1979-2017, sul rapporto speciale che lega Roma al Writing - porta fin dentro il museo il linguaggio della Street Art.
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Distorsioni, allungamenti, iconografie sacre, cui fanno da contrappunto immagini dissacratorie , da Hitler a Mao, e quelle laiche, come i fienili della Val Gardena.
In un gioco di dissonanze e dissolvenze il progetto espositivo di Gehard Demetz, al Macro di via Nizza fino al 1 ottobre, e che vede al centro il legno, offre molteplici spunti per indagare le possibilità di una tecnica atavica che si mette in ascolto di pressioni e drammi contemporanei.
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