Giulia Manfredi. Orizzonte d'abbandono
Dal 25 Gennaio 2014 al 22 Febbraio 2014
Bologna
Luogo: Spazio9 PlanB
Indirizzo: via Val d'Aposa 1/c
Orari: 10-da lunedì a venerdì 10-13.30/ 15-18.30; sabato su appuntamento
Curatori: Margherita Maccaferri
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 051 0390684
E-Mail info: info@spazio9.com
Sito ufficiale: http://www.spazio9planb.com
Galleria Bianconi e Spazio9 sono lieti di presentare Giulia Manfredi, giovane artista emergente classe 1984. Attraverso due esposizioni che si succederanno tra gennaio e febbraio, questa collaborazione intende creare un percorso che racconti la poetica della giovane artista emiliana, sviluppando un dialogo tra le tematiche principali che la caratterizzano: il sottile e delicato rapporto tra vita e morte, vissuto attraverso la trasmutazione della materia naturale, la sua alterazione e il congelamento degli elementi.
L’universo dell’artista, fatto di fragilità e trasparenze, luci ed ombre, tende ad indagare i limiti stessi della fisicità, contrapponendo il concetto di “musealizzazione” all’atto di “eternizzazione”, in un continuo dialogo e slittamento tra l’alfa e l’omega, tra fine e inizio di un ciclo che, perpetuo, si rigenera.
In Spazio9 dal 25 gennaio, in concomitanza di Arte Fiera e della Art City White Night, sarà ricreata un’atmosfera sognante e sospesa, dove le opere vivranno relazionandosi con lo spazio, in un limbo tra staticità e movimento quasi impercettibile. Ruotando attorno al concetto di “Orizzonte d’abbandono” (dal quale la mostra prende il titolo), termine archeologico che fa riferimento a ciò che sta per divenire storia e di conseguenza è sull’orlo dell’oblio, le opere in mostra vivono uno stato di annientamento sia fisico che mentale: le resine sintetiche bloccano il naturale deperimento della materia ed impediscono allo stesso tempo una fruizione totale e limpida di ciò che custodiscono, ribaltando il concetto di “esposizione museale”, incarnato dall’uso delle teche luminose; Equinox (che rappresenta il fulcro centrale dell’allestimento) è l’opera che sintetizza, tramite la specchiatura, il passaggio ad una dimensione “altra”, l’illusione dello svelamento del lato nascosto che va oltre la nostra abituale visione del mondo. Al fondo della sala, una grande videoinstallazione “sfonda” la fisicità propria dello spazio, verso universi notturni vorticosi, riportando il ciclo da capo.
Il racconto riparte da qui presso la Galleria Bianconi con “Ouroboros” (letteralmente il serpente che si morde la coda) che inaugurerà martedì 11 febbraio. Giulia Manfredi, con le proprie sculture e videoinstallazioni, trasforma gli spazi della Galleria nel suo personale museo/laboratorio, in cui invita il visitatore ad assistere al processo di trasmutazione. L’alterazione, resa manifesta nella videoinstallazione Vanitas, si realizza grazie ad un dialogo interattivo bi-univoco con il fruitore che, relazionandosi con l’opera, diviene ad un tempo spettatore e fautore del deperimento della materia, in un rapporto dinamico con la realtà circostante. Nuovamente centrale è la tematica della estremizzazione museale realizzata dall’artista ponendo del corallo all’interno di totemiche teche da museo di storia naturale, in cui l’elemento naturale è costretto ad abbandonare la propria forza rigeneratrice, trasformandola in reperto e assicurandosi così una semi-vita perenne. Il cerchio si chiude (e si riapre) nel congelamento dell’elemento naturale, strappato violentemente alla terra e reso immobile nelle resine sintetiche.
Universi d’abbandono e Ouroboros, l’oblio nel limbo della materia e il suo eterno rinnovamento, concretizzano la presenza sulla scena artistica di una giovane dal delicato, ma allo stesso tempo potente e perturbante, senso estetico e della sua opera, tracciata sul confine del qui e altrove della vita stessa.
L’universo dell’artista, fatto di fragilità e trasparenze, luci ed ombre, tende ad indagare i limiti stessi della fisicità, contrapponendo il concetto di “musealizzazione” all’atto di “eternizzazione”, in un continuo dialogo e slittamento tra l’alfa e l’omega, tra fine e inizio di un ciclo che, perpetuo, si rigenera.
In Spazio9 dal 25 gennaio, in concomitanza di Arte Fiera e della Art City White Night, sarà ricreata un’atmosfera sognante e sospesa, dove le opere vivranno relazionandosi con lo spazio, in un limbo tra staticità e movimento quasi impercettibile. Ruotando attorno al concetto di “Orizzonte d’abbandono” (dal quale la mostra prende il titolo), termine archeologico che fa riferimento a ciò che sta per divenire storia e di conseguenza è sull’orlo dell’oblio, le opere in mostra vivono uno stato di annientamento sia fisico che mentale: le resine sintetiche bloccano il naturale deperimento della materia ed impediscono allo stesso tempo una fruizione totale e limpida di ciò che custodiscono, ribaltando il concetto di “esposizione museale”, incarnato dall’uso delle teche luminose; Equinox (che rappresenta il fulcro centrale dell’allestimento) è l’opera che sintetizza, tramite la specchiatura, il passaggio ad una dimensione “altra”, l’illusione dello svelamento del lato nascosto che va oltre la nostra abituale visione del mondo. Al fondo della sala, una grande videoinstallazione “sfonda” la fisicità propria dello spazio, verso universi notturni vorticosi, riportando il ciclo da capo.
Il racconto riparte da qui presso la Galleria Bianconi con “Ouroboros” (letteralmente il serpente che si morde la coda) che inaugurerà martedì 11 febbraio. Giulia Manfredi, con le proprie sculture e videoinstallazioni, trasforma gli spazi della Galleria nel suo personale museo/laboratorio, in cui invita il visitatore ad assistere al processo di trasmutazione. L’alterazione, resa manifesta nella videoinstallazione Vanitas, si realizza grazie ad un dialogo interattivo bi-univoco con il fruitore che, relazionandosi con l’opera, diviene ad un tempo spettatore e fautore del deperimento della materia, in un rapporto dinamico con la realtà circostante. Nuovamente centrale è la tematica della estremizzazione museale realizzata dall’artista ponendo del corallo all’interno di totemiche teche da museo di storia naturale, in cui l’elemento naturale è costretto ad abbandonare la propria forza rigeneratrice, trasformandola in reperto e assicurandosi così una semi-vita perenne. Il cerchio si chiude (e si riapre) nel congelamento dell’elemento naturale, strappato violentemente alla terra e reso immobile nelle resine sintetiche.
Universi d’abbandono e Ouroboros, l’oblio nel limbo della materia e il suo eterno rinnovamento, concretizzano la presenza sulla scena artistica di una giovane dal delicato, ma allo stesso tempo potente e perturbante, senso estetico e della sua opera, tracciata sul confine del qui e altrove della vita stessa.
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