A Bologna fino al 16 settembre
Palazzo Fava apre al pubblico i gioielli dei Carracci
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Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni di Genus Bononiae. In alto il Fregio di Giasone e Medea di Annibale, Agostino e Ludovico Carracci
Francesca Grego
09/07/2018
Bologna - Due gioielli del Barocco illuminano l’estate bolognese: si tratta delle Storie di Giasone e Medea e delle Storie di Enea, dipinte da Annibale, Agostino e Ludovico Carracci per il conte Filippo Fava.
Fino al 16 settembre, Palazzo Fava apre al pubblico il piano nobile e i suoi spettacolari fregi, che ogni sabato e domenica di luglio saranno al centro di visite guidate in italiano o in inglese della durata di circa un’ora e mezza. Un’occasione imperdibile per riscoprire le avventure degli Argonauti in affreschi che un grande storico come Roberto Longhi definì “inferiori solo alla Cappella Sistina”, nonché un significativo spaccato della storia artistica di Bologna e il raffinato mecenatismo dei Fava.
Era il 1584 quando i giovani fratelli Annibale e Agostino, con il cugino Ludovico, ottennero la loro prima commissione importante – le Storie di Giasone e Medea – grazie all’intervento del padre Antonio, sarto della famiglia Fava, secondo i rumours dell’epoca. Un lavoro destinato a incidere sui successivi sviluppi della pittura italiana ed europea, che suscitò reazioni contrastanti negli esperti coevi ma che attirò a Bologna tanti giovani artisti desiderosi di osservarne le novità arrampicati su speciali ponteggi mobili.
Già, perché i Carracci non mancarono certo di coraggio e rivoluzionarono il sistema decorativo del fregio in uso fino ad allora: separarono nettamente le parti narrative (l’incredibile racconto della conquista del Vello d’Oro) dalle decorazioni - i cosiddetti “termini”, qui rappresentati da mirabili sculture di divinità in trompe-l’oeil in illusivo dialogo con le architetture reali della sala.
Chi ammira gli affreschi di Palazzo Fava, inoltre, può notare il ritorno di un sensuale desiderio di aderenza alla natura, perseguita attraverso accurati studi dal vero, che distinguerà la pittura del Barocco dalle artificiosità del Tardo Manierismo.
Una serie di elementi che troveranno diffusione nell’Accademia degli Incamminati, la prima scuola privata di pittura dell’età moderna, che i Carracci fondarono a Bologna, ma anche nei loro successivi capolavori, dalle Storie della Fondazione di Roma a Palazzo Magnani ai celebri dipinti romani della Galleria Farnese, vera e propria pietra miliare del Barocco.
Leggi anche:
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• Palazzo Magnani: un viaggio quantico per la Sala dei Carracci
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Era il 1584 quando i giovani fratelli Annibale e Agostino, con il cugino Ludovico, ottennero la loro prima commissione importante – le Storie di Giasone e Medea – grazie all’intervento del padre Antonio, sarto della famiglia Fava, secondo i rumours dell’epoca. Un lavoro destinato a incidere sui successivi sviluppi della pittura italiana ed europea, che suscitò reazioni contrastanti negli esperti coevi ma che attirò a Bologna tanti giovani artisti desiderosi di osservarne le novità arrampicati su speciali ponteggi mobili.
Già, perché i Carracci non mancarono certo di coraggio e rivoluzionarono il sistema decorativo del fregio in uso fino ad allora: separarono nettamente le parti narrative (l’incredibile racconto della conquista del Vello d’Oro) dalle decorazioni - i cosiddetti “termini”, qui rappresentati da mirabili sculture di divinità in trompe-l’oeil in illusivo dialogo con le architetture reali della sala.
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Una serie di elementi che troveranno diffusione nell’Accademia degli Incamminati, la prima scuola privata di pittura dell’età moderna, che i Carracci fondarono a Bologna, ma anche nei loro successivi capolavori, dalle Storie della Fondazione di Roma a Palazzo Magnani ai celebri dipinti romani della Galleria Farnese, vera e propria pietra miliare del Barocco.
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