Conversazioni con Francesco Speranza

Francesco Speranza, Cristo e la Samaritana presso il pozzo, 1952, tempera su tavola

 

Dal 30 Agosto 2020 al 30 Settembre 2020

Bitonto | Bari

Luogo: Museo Diocesano

Indirizzo: via Ferrante Aporti 15

Orari: lunedì 17.30-20.30, mercoledì 9.30-12.30, venerdì 17.30-20.30, sabato 17.30-20.30

Curatori: Francesco Paolo Del Re

Enti promotori:

  • Fondazione De Palo – Ungaro
  • Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia
  • Museo Diocesano “Mons. A. Marena” e il Centro Ricerche di Storia e Arte di Bitonto
  • Progetto CultOra Festival

Costo del biglietto: museo+mostra 3 € intero, 1.5 € ridotto

Telefono per informazioni: +39 333.4927688

E-Mail info: coop.reartu@gmail.com



Un pittore del Novecento si trova a dialogare con venti artisti che utilizzano oggi la pittura come linguaggio privilegiato della loro arte. A rendere possibile questa conversazione impossibile è la mostra “Conversazioni con Francesco Speranza”, curata da Francesco Paolo Del Re e ospitata dal 30 agosto al 30 settembre 2020 nel Museo Diocesano di Bitonto “Mons. A. Marena”, in via Ferrante Aporti 15.
Gli artisti invitati, tutti pugliesi di nascita come Francesco Speranza, sono Natascia Abbattista, Damiano Azzizia, Pierluca Cetera, Francesco Cuna, Nicola Curri, Vincenzo De Bari, Pietro Di Terlizzi, Pasquale Gadaleta, Simona Anna Gentile, Jara Marzulli, Luigi Massari, Pierpaolo Miccolis, Dario Molinaro, Enzo Morelli, Alessandro Passaro, Luigi Presicce, Claudia Resta, Fabrizio Riccardi, Michael Rotondi e Domenico Ventura. 

La mostra si inaugura domenica 30 agosto alle ore 18:30 ed è una delle iniziative culturali del calendario di “CultOra Festival. Ex labore to works”, una manifestazione organizzata dalla Fondazione De Palo – Ungaro, con il contributo della Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia e in collaborazione con il Museo Diocesano “Mons. A. Marena” e il Centro Ricerche di Storia e Arte di Bitonto.

Nato a Bitonto nel 1902, Francesco Speranza studia prima a Napoli e poi a Milano all’Accademia di Brera, diplomandosi in pittura nel 1926. Nonostante trascorra tutta la vita a Milano partecipando attivamente alla temperie artistica della città ed esponendo le sue opere nelle più prestigiose rassegne nazionali come la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma, mantiene sempre un legame profondissimo con la Puglia, sia a livello personale che dal punto di vista pittorico, e muore a Santo Spirito nel 1984 nella sua casa affacciata sul mare.

“Il progetto della mostra – spiega il curatore Francesco Paolo Del Re – segue due linee distinte e idealmente parallele: da una parte sono stati selezionati dipinti di Francesco Speranza provenienti da raccolte pubbliche e collezioni private che coprono un arco temporale che va dagli anni Venti fino alle opere dell’ultima parte della sua produzione e sono esemplificativi dei diversi aspetti della sua ricerca artistica e dall’altra venti opere di venti artisti diversi permettono di gettare uno sguardo sinottico e curioso su alcuni percorsi di ricerca della pittura contemporanea in Puglia, nel tentativo di rispondere alla domanda sull’esistenza di una possibile comune radice identitaria che vada al di là del mero dato geografico”.

“I due percorsi si intrecciano e si compenetrano – prosegue Del Re – e nell’accostamento di opere ed esperienze diverse si compongono dei dittici o dei polittici immaginari, laddove i dipinti di Speranza vengono messi in dialogo con le opere dei pittori viventi secondo criteri ora tematici e ora formali, ora evidenziando assonanze e ora facendo vibrare le corde di una dissonanza, ma sempre alla ricerca di un senso nuovo e di una chiave di lettura inedita nel cortocircuito tra passato prossimo e presente”.

La mostra vuole raccontare alcuni temi della pittura di Francesco Speranza e la vitalità della sua figura di artista, nel riflesso che si riverbera sulle attuali tendenze del discorso pittorico
. Il percorso espositivo parte dai dipinti di Speranza conservati nella collezione del Museo Diocesano di Bitonto. “Cristo nel Getsemani” degli anni Quaranta dialoga con la pittura beffarda di Domenico Ventura, “Visitare gli infermi” del 1949 viene affiancato a un ritratto di Nicola Curri. “Gesù divino lavoratore” del 1959 si accosta a un dipinto di Alessandro Passaro realizzato su una sega. “Cristo e la Samaritana presso il pozzo” del 1952 si confronta con gli animali di Pierpaolo Miccolis. “San Francesco d’Assisi” del 1960 si specchia in un dipinto digitale di Michael Rotondi. Si aggiungono dipinti conservati in altre collezioni pubbliche, come “Ritratto della sorella Nina” del 1930 e un “Autoritratto” postbellico della Fondazione De Palo – Ungaro a confronto rispettivamente con la pittura di Pierluca Cetera e con gli autoritratti di Pasquale Gadaleta e di Luigi Presicce oppure “Campagna e carro del mio paese” del 1951 conservato presso il Teatro Comunale “Tommaso Traetta” che dialoga con un’opera di Fabrizio Riccardi. La mostra presenta inoltre opere provenienti da collezioni private, prima d’ora raramente visibili al pubblico. Un piccolo ritratto muliebre degli anni Venti va a comporre un trittico con due ritratti di Vincenzo De Bari e Claudia Resta. “Ritratto di mia madre” del 1939 si scontra con una figura materna di Natascia Abbattista. “Fuga in Egitto” del 1957, in cui è la moglie del pittore Marina Bagassi a posare come modella per la Madonna, viene messa a confronto con un dipinto di Francesco Cuna. Un esterno pugliese viene confrontato, per contrasto, con un interno dipinto da Damiano Azzizia. Un piccolo nudo accademico degli anni della gioventù fa il paio con un nudo espressionista di Dario Molinaro. Due nature morte intrattengono una conversazione con quelle di Pietro Di Terlizzi e di Enzo Morelli e uno scorcio di Milano visto dai navigli del 1979 si misura con i segni delicati della pittura di Simona Anna Gentile. “Scilla” del 1963 e “Sant’Antonio che parla ai pesci” del 1966, opere entrambe esposte alla retrospettiva allestita nel Palazzo dell’Arengario a Milano del 1971, si trovano infine a dialogare con un dipinto montuoso di Luigi Massari e con una visione sciamanica di Jara Marzulli.
 

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