Giovanni Anselmo e Jannis Kounellis. Stanze #1

© Courtesy of skyscrapercity.com | Palazzo Belmonte-Riso, Palermo
Dal 31 May 2014 al 12 November 2014
Palermo
Luogo: Palazzo Belmonte Riso
Indirizzo: corso Vittorio Emanuele 365
Orari: martedì, mercoledì e domenica 10-20; giovedì, venerdì e sabato 10-24
Curatori: Giovanni Iovane
Costo del biglietto: intero 6 €, ridotto 3 €, gratuito fino ai 18 anni, oltre 65 anni, scolaresche
Telefono per informazioni: +39 091 587717 / 091 320532
E-Mail info: urp.museo.riso.bci@regione.sicilia.it
Sito ufficiale: http://www.palazzoriso.it
Il 31 maggio il Riso, museo d’arte contemporanea di Palermo inaugura la mostra ‘Stanze #1′, curata da Giovanni Iovane e concepita come una riflessione sull’identità del museo che è oggi alla ricerca di nuovi meccanismi espositivi. Le opere di Giovanni Anselmo e Jannis Kounellis invaderanno le sale di Palazzo Belmonte Riso, che lascia a nudo sulle pareti i segni del tempo.
Le installazioni di Kounellis si rivelano in un ‘atto unico’ che trasforma lo spazio espositivo in una “cavità teatrale e umanistica” come afferma lo scultore che accosta due opere temporalmente differenti ma rappresentative della sua opera. Un’installazione composta da armadi sospesi al soffitto, già presentata a Palermo nel 1993, ora andrà ad arricchire la collezione permanente di Palazzo Riso, conservando inalterata la sua esistenziale e drammaturgica relazione con lo spazio intorno al museo e in particolar modo, con ciò che l’artista stesso ha definito ‘il barocco siciliano’.
L’incombente presenza degli armadi fa quasi da cappello alla serie di cavalletti che sorreggono le lastre di metallo a cui sono agganciati i suoi ‘tipici’ cappotti scuri. E a questo denso e vasto blocco espositivo, a questa sorta di drammatica processione di cappotti appesi a quadri di metallo, fa da opportuno contraltare il vuoto delle due stanze attigue; due piccole ma necessarie ‘sale d’attesa’, che poeticamente gli architetti francesi chiamavano le ‘salles des pas perdu’, uno spazio di transizione tra il mondo esteriore e l’interno di edifici.
Giovanni Anselmo invece, porta al Riso tra le varie opere, una su carta del 1965 dal titolo ‘La mia ombra verso l’infinito dalla cima dello Stromboli durante l’alba del 16.08.65.’ Quest’opera dello scultore italiano contiene in embrione tutti quelli che saranno gli sviluppi della sua esperienza artistica e, ancora una volta, un preciso e concreto legame con la Sicilia. Lo scultore ritrae se stesso lungo la sciara del vulcano all’alba del 16 agosto 1965 in un disegno dal carattere enigmatico. La perdita della propria ombra, che è una costante della letteratura tra ottocento e novecento, si rivela per Anselmo una vera e propria epifania. Quella particolare esperienza sul vulcano di Stromboli all’alba fu secondo le parole di Anselmo “una straordinaria situazione di velocità, movimento, energia. In una situazione come questa puoi sentire che esisti, che, semplicemente, tu sei sulla terra e che la terra, a sua volta, è nello spazio che la contiene e l’avvolge, un momento di coscienza della tua esistenza in uno spazio senza confini”.
A differenza di Kounellis, Anselmo ha sempre contrapposto la presentazione alla rappresentazione. La parola ‘energia’ è per certi versi una delle chiavi di lettura principali di una vasta esperienza artistica che ha origine proprio con la proiezione, o meglio l’assorbimento, della propria ombra nell’infinito di quell’alba siciliana dell’agosto del 1965. “Il mio modo di fare arte corrisponde a una ‘presentazione’ e non a una ‘rappresentazione’ della realtà”. La sua particolare concezione di arte si evince anche dall’opera ‘Mentre la terra si orienta e la luce focalizza’.
All’atto unico di Kounellis risponde l’atto unico di Anselmo definito come “una fisicizzazione della forza, di una azione, dell’energia di una situazione o di un evento”. Così l’intenzionale cumulo di terra, una sorta di isola, e un ago magnetico si rivelano un paesaggio o un panorama secondo il punto di vista dello spettatore. Perchè come affermò Rudi Fuchs nel 1979 il segno distintivo e straordinario della poetica di Anselmo è quello di “trasferire l’arte nella fantasia pura”.
Le installazioni di Kounellis si rivelano in un ‘atto unico’ che trasforma lo spazio espositivo in una “cavità teatrale e umanistica” come afferma lo scultore che accosta due opere temporalmente differenti ma rappresentative della sua opera. Un’installazione composta da armadi sospesi al soffitto, già presentata a Palermo nel 1993, ora andrà ad arricchire la collezione permanente di Palazzo Riso, conservando inalterata la sua esistenziale e drammaturgica relazione con lo spazio intorno al museo e in particolar modo, con ciò che l’artista stesso ha definito ‘il barocco siciliano’.
L’incombente presenza degli armadi fa quasi da cappello alla serie di cavalletti che sorreggono le lastre di metallo a cui sono agganciati i suoi ‘tipici’ cappotti scuri. E a questo denso e vasto blocco espositivo, a questa sorta di drammatica processione di cappotti appesi a quadri di metallo, fa da opportuno contraltare il vuoto delle due stanze attigue; due piccole ma necessarie ‘sale d’attesa’, che poeticamente gli architetti francesi chiamavano le ‘salles des pas perdu’, uno spazio di transizione tra il mondo esteriore e l’interno di edifici.
Giovanni Anselmo invece, porta al Riso tra le varie opere, una su carta del 1965 dal titolo ‘La mia ombra verso l’infinito dalla cima dello Stromboli durante l’alba del 16.08.65.’ Quest’opera dello scultore italiano contiene in embrione tutti quelli che saranno gli sviluppi della sua esperienza artistica e, ancora una volta, un preciso e concreto legame con la Sicilia. Lo scultore ritrae se stesso lungo la sciara del vulcano all’alba del 16 agosto 1965 in un disegno dal carattere enigmatico. La perdita della propria ombra, che è una costante della letteratura tra ottocento e novecento, si rivela per Anselmo una vera e propria epifania. Quella particolare esperienza sul vulcano di Stromboli all’alba fu secondo le parole di Anselmo “una straordinaria situazione di velocità, movimento, energia. In una situazione come questa puoi sentire che esisti, che, semplicemente, tu sei sulla terra e che la terra, a sua volta, è nello spazio che la contiene e l’avvolge, un momento di coscienza della tua esistenza in uno spazio senza confini”.
A differenza di Kounellis, Anselmo ha sempre contrapposto la presentazione alla rappresentazione. La parola ‘energia’ è per certi versi una delle chiavi di lettura principali di una vasta esperienza artistica che ha origine proprio con la proiezione, o meglio l’assorbimento, della propria ombra nell’infinito di quell’alba siciliana dell’agosto del 1965. “Il mio modo di fare arte corrisponde a una ‘presentazione’ e non a una ‘rappresentazione’ della realtà”. La sua particolare concezione di arte si evince anche dall’opera ‘Mentre la terra si orienta e la luce focalizza’.
All’atto unico di Kounellis risponde l’atto unico di Anselmo definito come “una fisicizzazione della forza, di una azione, dell’energia di una situazione o di un evento”. Così l’intenzionale cumulo di terra, una sorta di isola, e un ago magnetico si rivelano un paesaggio o un panorama secondo il punto di vista dello spettatore. Perchè come affermò Rudi Fuchs nel 1979 il segno distintivo e straordinario della poetica di Anselmo è quello di “trasferire l’arte nella fantasia pura”.
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