La ferita, tra umano e divino. Arte antica e contemporanea a confronto. Da Francesco da Rimini a Lucio Fontana

Maria Lai, Le pagine cucite, 1981

 

Dal 30 Novembre 2019 al 29 Febbraio 2020

Jesi | Ancona

Luogo: Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi

Indirizzo: piazza Angelo Colocci 4

Orari: lunedì - domenica 9:30-13:00 / 15:30-19:30

Curatori: Andrea Dall’Asta, Sara Tassi

Enti promotori:

  • Con il patrocinio di
  • MIBAC
  • Regione Marche
  • AMEI

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 0731 207523

E-Mail info: info@fondazionecrj.it

Sito ufficiale: http://www.fondazionecrj.it



La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi in collaborazione con il Museo Diocesano di Jesi, ha scelto per la sua mostra invernale il tema della ferita, proponendo un percorso espositivo essenziale e al tempo stesso di forte impatto. Coprendo un arco cronologico dall’arte medievale a quella contemporanea, l’esposizione è costituita da 15 opere di Francesco e Giuliano da Rimini, Nicola di Maestro Antonio, Lorenzo de Carris, Lucio Fontana, Alberto Burri, Maria Lai e Ettore Frani.
 
La mostra dal titolo La ferita, tra umano e divino. Arte antica e contemporanea a confronto. Da Francesco da Rimini a Lucio Fontana, realizzata con prestiti di importanti istituzioni italiane, vuole riflettere su un archetipo della storia dell’Occidente – la ferita – secondo un approccio interdisciplinare, senza il quale si rischierebbe di restare in un ambito puramente estetico.
 
Di fatto, nel mondo occidentale la ferita ha da sempre costituito un fil rouge in grado di interpretare una dimensione fondamentale dell’uomo. Quale emblema della fragilità umana, la ferita-squarcio introduce infatti la dimensione del dolore fisico, tanto rifuggito dalla società contemporanea, quanto connaturato alla vita con forza e insistenza sin dal momento della nascita.
 
Se a livello esistenziale la ferita richiama la sofferenza, dal punto di vista simbolico essa si presenta come fenditura, come passaggio a un oltre con cui dare nuova luce al senso più profondo della vita umana. La ferita può così trasformarsi in apertura al mistero, in occasione perché ci schiudiamo al mondo intorno a noi, agli altri e all’assoluto.
 
In una continua dialettica tra umano e divino, alcune ferite hanno segnato in maniera paradigmatica la cultura, la spiritualità, le modalità stesse con le quali l’Occidente ha compreso sé stesso. Alcune ferite hanno tracciato un itinerario simbolico, dallo squarcio del velo del Tempio di Gerusalemme alle piaghe di Cristo in croce sulle quali ha profondamente meditato la tradizione cristiana.
 
La mostra racconta la ferita di Cristo attraverso alcuni capolavori di arte medievale e rinascimentale: dalla Crocifissione con Vergine Annunciata di Francesco da Rimini alla Crocifissione di Lorenzo de Carris detto il Giuda, dal Volto di Cristo di Giuliano da Rimini al Cristo morto nel sarcofago sorretto da due angeli di Nicola di Maestro Antonio.
Alle opere citate se ne affiancano altre, sia pittoriche che scultoree, di artisti minori ma non per questo meno apprezzabili, per delineare un percorso in cui la ferita, pur nella sua tragicità, diventa luogo di bellezza artistica, estetica, esistenziale e teologica.
 
Anche nella modernità, in una prospettiva puramente laica, la ferita ha ispirato artisti come Lucio Fontana, dove il taglio diventa l’accesso a un oltre che attende di essere esplorato. La tela subisce una lacerazione volontaria da parte dell’artista, nel momento stesso in cui sembra fendersi irreparabilmente la materia si costruisce una nuova dimensione, un anelito verso l’infinito, il mistero della terza dimensione che si affaccia alla realtà.

Alberto Burri
 e Maria Lai hanno poi declinato la ferita come oggetto di ricucitura e di ricomposizione, per creare nuove armonie, inedite relazioni, intensi legami concettuali.
Nelle opere di Burri la povertà dei materiali utilizzati contiene dignità di significato e la scelta della tecnica rappresenta una catartica riformulazione del dolore che lavorato, bruciato, fuso, cucito, assemblato, ri-plasmato dona alla materia una nuova veste.

Maria Lai
 ha concentrato sul gesto del tessere il cuore della sua poetica artistica. Il filo nelle opere è estensione dell’essere umano, prolungamento, quel tendere verso l’altro da sé. Il suo legare non è mai stringere ma collegare, creare reti, ponti come le opere presentate dimostrano.

Infine, all’artista contemporaneo Ettore Frani è stata commissionata un’opera appositamente creata per l’occasione, interpretata dall’autore attraverso un intenso e drammatico chiaroscuro. Frani rappresenta il punto di vista del presente, l’artista che si confronta con l’archetipo della ferita per restituirci una visione trasfigurata del tema che tende all’ineffabile.
 
La mostra ha l’intento di riflettere sulla finitezza umana come possibile varco verso un oltre, affinché le ferite si trasformino in passaggio che ci apre nella fiducia al mondo, agli altri, all’assoluto.

Inaugurazione sabato 30 novembre ore 18

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