ALL STARS. L’impensato come linguaggio umano
Dal 04 Maggio 2021 al 04 Giugno 2021
Bologna
Luogo: mtn | museo temporaneo navile
Indirizzo: Via John Cage 11/a-13/a
Orari: martedì, giovedì, venerdì dalle 15 alle 19 solo su appuntamento. La mostra è sempre visibile dall’esterno del museo
Curatori: Marcello Tedesco
Costo del biglietto: ingresso gratuito
E-Mail info: info@museotemporaneonavile.org
Sito ufficiale: http://www.museotemporaneonavile.org
Undici opere di grafica e fotografiche per dieci grandi maestri internazionali racchiusi nella nuova collettiva di mtn | museo temporaneo navile di Bologna, dal titolo “ALL STARS. L’impensato come linguaggio umano” che apre martedì 4 maggio: un’occasione per riflettere sul ruolo dell’arte e sulla sua funzione nella nostra società.
Il progetto espositivo nasce nel tentativo di elaborare un quesito che nell’ultimo periodo, connotato da una profonda crisi globale, molti si sono posti: a cosa serve l’arte, qual è la sua reale utilità all’interno delle complesse sfaccettature di una società civile?
Per certi versi le circostanze emergenziali hanno determinato, almeno, una minore ambiguità tra le parti, quindi una maggiore possibilità di chiarimento dei rapporti di forza tra mondo culturale e quello giuridico-statale. Quello che è emerso come risposta racconta di una visione della prassi artistica nel suo complesso del tutto trascurabile, legata per lo più all’intrattenimento o a un surplus lontanissimo dai reali bisogni essenziali di una comunità. Una pratica dunque in alcun modo organica alla costruzione di una società equilibrata, plurale e democraticamente sana.
Ma è davvero così? Questa concezione dell’arte in cosa è difettiva, se lo è?
Per cercare di rispondere a queste domande, abbiamo pensato di rivolgerle ad alcuni dei più significativi maestri dell’arte moderna e contemporanea occidentale, interrogando le loro opere e quello che esse presuppongono. Ciò che accomuna tutti questi campioni è l’assunzione consapevole e volontaria di una postura di discontinuità rispetto alla propria epoca e a quanto in essa era dato per certo. Una tensione costante e progressiva volta a elaborare responsabilmente nuovi territori di pensiero fino a prima inesplorati o sconosciuti. La complessa fantasmagoria chiamata realtà, che oggi appare così tragica e così bisognosa di competenti e liberi narratori, non era percepita da questi come qualcosa da assumere in modo passivo, bensì come una materia mobile e per certi versi caotica da forgiare con il ritmo della conoscenza. La prassi creativa assumeva un significativo compito “politico” ovvero trasformare il risentimento, che andava ciclicamente formandosi come forza distruttiva dell’equilibrio sociale, in capacità di evolvere il pensiero e l’azione: oggi questo lo chiameremmo welfare. Il mondo così si rinnovava in un ciclo vitale formato, non per fatalità, per natura o per legge, ma dalla volontà di esseri consapevoli che pensando in modo radicalmente nuovo, essi ricreavano il mondo stesso e le sue strutture.
Dunque, a cosa serve l’arte?
Secondo questi grandi maestri l’arte è il simbolo della capacità dell’essere umano di creare costantemente nuovi contenuti di pensiero che, una volta formati e condivisi, possano edificare quella porzione di impensato che ci attende oltre l’obsolescenza di strutture concettuali ormai pericolanti.
Il progetto è curato da Marcello Tedesco e fa parte del programma istituzionale di ArtCity Bologna 2021 nell’ambito di Bologna Estate.
Opere in mostra:
Joseph Beuys, senza titolo, Multiplo in stampa su pvc fronte/retro, ritoccata a mano, Edition Staeck, Heidelberg, 70x70 cm, 1973.
Joseph Beuys, Senza titolo (Tram Stop), Manifesto tipografico firmato della Mostra “Tram Stop”, 100x70 cm, tenutasi presso la Galleria Ferruccio Fata, Bologna, il 19-11-77.
Alexander Calder, Bulles Rouge, Yellow et Blue, litografia a 4 colori firmata a matita, es. 23/99, 75,2x110,2 cm, c. 1969.
Gino De Dominicis, La sacra famiglia (il Figlio), da Trittico litografico, 70x70 cm, esemplare 67/100, 1972.
Emilio Isgrò Senza titolo, acquaforte e scritta tipografica, 50x70 cm, esemplare p.a., s.d.
Urs Lüthi, senza titolo, doppia fotografia a colori montata su cartoncino 30x42 cm, Plura Edizioni Milano, dalla cartella “Don’t ask me if you know that I’m too weak to say no”, 1977.
Jannis Kounellis, senza titolo, litografia, 70x50 cm, 1970
Joseph Kosuth, Tex/Context. Conventional I, serigrafia, es. 41/125, 70,5x100,5 cm, 1978
Hermann Nitsch, Senza titolo (Ubermalte bild-lithographien), litografia su cartoncino acquarello 300 gr. delle Cartiere Fedrigoni, con intervento a mano, incartonato su cartone industriale cm 71x101, 1991. Edizioni Domus Jani, Illasi (VR).
Luigi Ontani, Zeffiro, Litografia a 9 colori, 64x45,7 cm, esemplare 80/99, 1982, Ed. Lucia Cavalieri, Francesco Morini Roma.
Vincenzo Agnetti e Claudio Parmiggiani, Deiscrizione, 6 dicembre 1972 ore 21.15. Claudio Parmiggiani - Mario Diacono. Progetto panteistico di Vincenzo Agnetti, 1973, stampa fotografica, 100x70 cm.
Il progetto espositivo nasce nel tentativo di elaborare un quesito che nell’ultimo periodo, connotato da una profonda crisi globale, molti si sono posti: a cosa serve l’arte, qual è la sua reale utilità all’interno delle complesse sfaccettature di una società civile?
Per certi versi le circostanze emergenziali hanno determinato, almeno, una minore ambiguità tra le parti, quindi una maggiore possibilità di chiarimento dei rapporti di forza tra mondo culturale e quello giuridico-statale. Quello che è emerso come risposta racconta di una visione della prassi artistica nel suo complesso del tutto trascurabile, legata per lo più all’intrattenimento o a un surplus lontanissimo dai reali bisogni essenziali di una comunità. Una pratica dunque in alcun modo organica alla costruzione di una società equilibrata, plurale e democraticamente sana.
Ma è davvero così? Questa concezione dell’arte in cosa è difettiva, se lo è?
Per cercare di rispondere a queste domande, abbiamo pensato di rivolgerle ad alcuni dei più significativi maestri dell’arte moderna e contemporanea occidentale, interrogando le loro opere e quello che esse presuppongono. Ciò che accomuna tutti questi campioni è l’assunzione consapevole e volontaria di una postura di discontinuità rispetto alla propria epoca e a quanto in essa era dato per certo. Una tensione costante e progressiva volta a elaborare responsabilmente nuovi territori di pensiero fino a prima inesplorati o sconosciuti. La complessa fantasmagoria chiamata realtà, che oggi appare così tragica e così bisognosa di competenti e liberi narratori, non era percepita da questi come qualcosa da assumere in modo passivo, bensì come una materia mobile e per certi versi caotica da forgiare con il ritmo della conoscenza. La prassi creativa assumeva un significativo compito “politico” ovvero trasformare il risentimento, che andava ciclicamente formandosi come forza distruttiva dell’equilibrio sociale, in capacità di evolvere il pensiero e l’azione: oggi questo lo chiameremmo welfare. Il mondo così si rinnovava in un ciclo vitale formato, non per fatalità, per natura o per legge, ma dalla volontà di esseri consapevoli che pensando in modo radicalmente nuovo, essi ricreavano il mondo stesso e le sue strutture.
Dunque, a cosa serve l’arte?
Secondo questi grandi maestri l’arte è il simbolo della capacità dell’essere umano di creare costantemente nuovi contenuti di pensiero che, una volta formati e condivisi, possano edificare quella porzione di impensato che ci attende oltre l’obsolescenza di strutture concettuali ormai pericolanti.
Il progetto è curato da Marcello Tedesco e fa parte del programma istituzionale di ArtCity Bologna 2021 nell’ambito di Bologna Estate.
Opere in mostra:
Joseph Beuys, senza titolo, Multiplo in stampa su pvc fronte/retro, ritoccata a mano, Edition Staeck, Heidelberg, 70x70 cm, 1973.
Joseph Beuys, Senza titolo (Tram Stop), Manifesto tipografico firmato della Mostra “Tram Stop”, 100x70 cm, tenutasi presso la Galleria Ferruccio Fata, Bologna, il 19-11-77.
Alexander Calder, Bulles Rouge, Yellow et Blue, litografia a 4 colori firmata a matita, es. 23/99, 75,2x110,2 cm, c. 1969.
Gino De Dominicis, La sacra famiglia (il Figlio), da Trittico litografico, 70x70 cm, esemplare 67/100, 1972.
Emilio Isgrò Senza titolo, acquaforte e scritta tipografica, 50x70 cm, esemplare p.a., s.d.
Urs Lüthi, senza titolo, doppia fotografia a colori montata su cartoncino 30x42 cm, Plura Edizioni Milano, dalla cartella “Don’t ask me if you know that I’m too weak to say no”, 1977.
Jannis Kounellis, senza titolo, litografia, 70x50 cm, 1970
Joseph Kosuth, Tex/Context. Conventional I, serigrafia, es. 41/125, 70,5x100,5 cm, 1978
Hermann Nitsch, Senza titolo (Ubermalte bild-lithographien), litografia su cartoncino acquarello 300 gr. delle Cartiere Fedrigoni, con intervento a mano, incartonato su cartone industriale cm 71x101, 1991. Edizioni Domus Jani, Illasi (VR).
Luigi Ontani, Zeffiro, Litografia a 9 colori, 64x45,7 cm, esemplare 80/99, 1982, Ed. Lucia Cavalieri, Francesco Morini Roma.
Vincenzo Agnetti e Claudio Parmiggiani, Deiscrizione, 6 dicembre 1972 ore 21.15. Claudio Parmiggiani - Mario Diacono. Progetto panteistico di Vincenzo Agnetti, 1973, stampa fotografica, 100x70 cm.
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