Dall’astrazione alla materia la pittura di Giovanni Steduto
Dal 15 Marzo 2014 al 19 Aprile 2014
Brescia
Luogo: Galleria ab/arte
Indirizzo: vicolo San Nicola 6
Orari: da giovedì a sabato 9.30-12. 30 / 15.30-19.30
Curatori: Andrea Barretta
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 030 3759779
E-Mail info: info@abarte.it
Sito ufficiale: http://www.abarte.it
(…) Dall’astrazione alla materia la pittura di Giovanni Steduto ha raggiunto il culmine di una parabola artistica che si fa quasi scultura in una concezione pittorica che emerge dal piano di fondo tra plastiche visioni alla scoperta delle tre dimensioni che diventano prospettive graffiate o strappate in sipari che prendono corpo su scene fondate sull’assoluta libertà e che coibentano tecniche miste su supporti che non sono solo tele ma pannelli trattati con il cemento, sabbie e altro. Tecniche miste in cui torna l’astrazione come mezzo loquace della cultura visiva, come destro ideale di rivivere gli attriti del secondo dopoguerra in uno scontro tra arte e vita in bilico nel tentativo - poi riuscito - di fissare un modus operandi di un’altra arte in un cammino che, ieri come oggi, attraversa strade impervie per fattori stilistici e per criteri che escludono oggettivi significati. Per questo la materia e il gesto sono importanti per Steduto, e se considerati in una lettura intesa come risultato finale di abilità compositive che si rapportano con lo stile e il linguaggio, avanzare verso il suo “fare” sarà più facile, guidati nella forma che allontana la soggettività, nell’universale di una grammatica visiva: linea e orizzonti, luci e ombre, volume e spazio, da cui non si può prescindere se si vuole entrare nelle sue opere. (…) “Forza e impegno, insieme, il senso profondo di una pittura che al favore antepone la possibilità di interagire per giungere dentro di sé, nell’opportunità di trovare una funzione mnemonica là dove non si crede possa esserci, per riconoscerne l’intensità, per dare valore all’esistenza, oltre quei “luoghi da sospirar riposti e fidi”, come scriveva Petrarca. La forma, dunque, per Steduto non è solo un elemento che costituisce una caratteristica, ma accentuazione cromatica nell’atto del gesto in macchie di colore, nella scelta di condivisione tra materie diverse in cui svelare l’energia creativa. Con la pittura, infatti, provoca momenti di nostalgia, la speranza segreta per avere un riscontro, o almeno per cercarlo, e manifesta l’umiltà dell’irraggiungibile nel “quanta arte c’è già nella natura”, s’affanna a precisare. Così, le considerazioni pittoriche di Steduto si spogliano dei tanti presuntuosi io che riproducono la decadenza di certa arte, e consolida il concetto razionale ma culturale di chi s’apre all’ascolto ma soprattutto di chi vede e non guarda soltanto, di chi non fa altro che descrivere la “natura” nel mantenere un linguaggio che lo traghetta in un inizio, come per Baudelaire nel cercare l’istante nella bellezza creativa, dell’eterno che la modernità non riesce a dare perché “è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte”. (…) In questo Giovanni Steduto, pur ispirato dalla potenza cromatica dei fauves, tenta di svincolarsi dal sistema arte che diventa strumentale allorquando indirizza tra ordine e originalità, tra emozione e immediata apparenza che traspira di incompiuto, nel trasmettere frequenze che albergano nel peso materico e nella levità della luce che pone in rilievo in riferimento all’ulteriorità, come nella lucentezza di alcune impronte arrotondate. E le sue opere si lasciano abitare dalla luce, evocano creazioni riflesse nella sfida della vita, splendore dell’eterno in un linguaggio ermeneutico, in cui trovano - e trova - ragione e senso, significato e trascendenza, perché in questa carica esplicativa scollega il messaggio del colore che non compare, il nero che respinge la luce, e del colore nascosto, il bianco che usa come accento, e appreso come transito spirituale verso il rosso, sacro e profano, il viola dalla mescolanza con il blu. Trasparenze in miscele amalgamate e a volte imprevedibili, tensioni prospettiche pur nella loro integrità, (…) Dal testo critico di Andrea Barretta
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