A place for art. Studi d’artista al Ghetto - #2 Ilaria Gorgoni, Davide Volponi, Francesca Randi
Dal 07 Agosto 2020 al 06 Settembre 2020
Cagliari
Luogo: Centro Comunale d’Arte e Cultura Il Ghetto
Indirizzo: via Santa Croce 18
Orari: dal martedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 21 con la possibilità di incontrare gli artisti all’opera tutti i giorni di apertura al pubblico dalle 18 alle 21. In occasione della giornata di Ferragosto Il Ghetto sarà aperto al pubblico dalle ore 17 alle ore 21
Curatori: Simona Campus e Efisio Carbone
Costo del biglietto: intero 3 €, ridotto 2 €. L’ingresso alle mostre è consentito ad un massimo di 15 visitatori ogni ora e potrebbe essere necessario attendere all’esterno. E’ preferibile prenotare prima i biglietti chiamando lo 070 6670190 o scrivendo a ilghetto@consorziocamu.it
Dal 7 agosto al 6 settembre, il centro comunale d’arte Il Ghetto, a Cagliari, ospita il secondo step del progetto A place for art. studi d’artista al Ghetto, che fino al 18 ottobre trasforma le sale espositive di via Santa Croce in un luogo dove ospitare l’arte quando gli artisti attraversano periodi di grande difficoltà, come è accaduto e sta ancora accadendo per la pandemia dovuta al COVID 19.
Con questi presupposti il Ghetto diventa luogo non solo di esposizione ma anche di produzione creativa, sede privilegiata per un ritrovato incontro tra il pubblico e gli artisti, alcuni dei quali, peraltro, proprio a causa della crisi originata dalla pandemia, hanno dovuto lasciare il proprio studio.
Il progetto rientra nell’ambito della programmazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari ed è curato dagli storici dell’arte Simona Campus e Efisio Carbone per Consorzio Camù.
Dopo il primo terzetto che fino al 26 luglio ha visto confrontarsi e dialogare Simone Dulcis, Lea Gramsdorff e Francesca Randi, da venerdì 7 agosto e fino al 6 di settembre il Ghetto ospiterà il secondo tris di artisti: Ilaria Gorgoni e Davide Volponi affiancati ancora dalla fotografa Francesca Randi.
Ilaria Gorgoni, alla sua prima esposizione al Ghetto, è artista le cui sperimentazioni spaziano dall’arte del tatuaggio alla grafica, fino alla pittura. Nata a Cagliari nel 1984, vive e lavora a Uta. Dopo il Diploma al Liceo Artistico di Cagliari, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Le sue opere ci introducono in una dimensione gotica, cimiteriale e pop allo stesso tempo, dove la presenza del nero profondo e del rosa shocking sono una sfida lanciata contro convenzioni e perbenismi. Ilaria scava nel nostro lato oscuro, indaga le nostre paure e le nostre pulsioni, abbracciandole con uno sguardo tagliente, senza rinunciare all’ironia.
Nei suoi lavori, come in quelli di Francesca Randi, ricorre l’elemento della maschera, emblema della linea sottile che separa la verità dalla menzogna, e per questo strumento privilegiato per sovvertire gli schemi e i ruoli sociali, per far emergere quello che troppe volte rimane nascosto.
Ironico, irriverente, poliedrico è invece Davide Volponi. Nato nel 1973 a Cagliari, Volponi lavora da anni, in maniera continuativa, a nuclei di opere che lo rendono senza dubbio riconoscibile nel panorama artistico contemporaneo: i suoi Palazzotti e i salumi realizzati in legno, materiale cui lo lega una lunga storia familiare e professionale, sono divenuti parte di un immaginario diffuso, così come i Minimondi, ma anche i biliardini e tutti quegli oggetti che la sua sensibile immaginazione creativa sa trasformare in qualcosa di nuovo, diverso, inaspettato. Una profonda coerenza unisce tutti gli aspetti della sua ricerca e ha a che fare con i temi del riciclo, del riuso, del recupero intesi in un senso totalizzante e profondamente umano, come continua riscoperta di quanto sembra non avere valore, possibilità di riscatto dei negletti, degli abbandonati, degli “ultimi”.
Francesca Randi, già presente nel primo terzetto del progetto, è fotografa e insegnante di fotografia. Sviluppa uno stile personale, onirico, con un immaginario fortemente surreale. Tra i temi ricorrenti della sua ricerca ci sono l’identità, l’infanzia e l’adolescenza, il paesaggio notturno in bilico tra incubo quotidiano e solitudine esistenziale, l’inconscio, il doppio, la wunderkammer e il perturbante.
Nel corso del mese di agosto il pubblico potrà incontrare i tre artisti al Ghetto dal mercoledì al sabato, dalle ore 18 alle 21. Ilaria Gorgoni e Davide Volponi saranno presenti anche dal martedì alla domenica, sempre dalle ore 18 alle 21
Gorgoni, Volponi e Randi non saranno al Ghetto nei giorni 14, 15 e 16.
IL PROGETTO
“A place for art. Studi d’artista al Ghetto – dicono i due curatori - muove dalla necessità di affrontare in maniera positiva e concreta le difficili circostanze determinatesi - anche nel sistema dell’arte - in seguito all’emergenza pandemica covid-19, creando un’occasione inedita per supportare gli artisti operanti nel territorio e contribuendo, allo stesso tempo, al processo di ricostruzione di una nuova socialità. Oggi più che mai, infatti, l’arte e la cultura non possono e non devono diventare marginali, ma al contrario assumere un ruolo centrale per la definizione di nuovi paradigmi e per l’attivazione di nuove relazioni, a partire dal tessuto sociale cittadino: per ricucire, insomma, le connessioni e rigenerare il senso di appartenenza alla comunità”.
Ogni mese Il Ghetto ospiterà in residenza, contemporaneamente, tre diversi artisti, che ricreeranno il proprio atelier e lo renderanno accessibile: presenteranno una selezione di opere precedentemente realizzate, appartenenti a differenti momenti di ricerca, e contestualmente lavoreranno, in maniera continuativa, a nuove creazioni, interagendo tra loro e con i visitatori. In totale sicurezza, i visitatori potranno a loro volta vivere un’esperienza unica ed esclusiva: entrare dentro il processo creativo di un’opera, seguendone le varie fasi di elaborazione, e interloquire a tu per tu direttamente con gli artisti, in un’atmosfera riservata, informale, senza inibizioni. Accanto agli spazi propriamente destinati ad atelier, alcune parti del Ghetto vengono riallestite come spazi sociali dell’epoca post-covid, pensati per incentivare la condivisione e lo scambio di idee, aprendo alla possibilità che si generino collaborazioni inter-artistiche, incroci e ibridazioni tra i differenti linguaggi del contemporaneo. Per tutta la durata del progetto, le riflessioni proposte, la conoscenza degli artisti e del loro lavoro vengono affrontati e approfonditi attraverso incontri, talk e altre iniziative, affidate a dirette streaming e altri strumenti di comunicazione online.
Sullo studio d’artista che il progetto intende riflettere, richiamandone l’importanza in quanto dispositivo fitto di significati, per le implicazioni che dall’ambiente fisico si estendono ad un ambito profondamente simbolico, di grande interesse per il nostro presente: «spazio di vita e di creazione, archivio denso di materie e di pensiero», come scrive Stefania Zuliani, che sia ordinato o disordinatissimo, «che sia bottega o factory, alcova o letterario salotto, immacolato ufficio o caotica officina di immagini e fallimenti, mansarda, piazza o scrivania», lo studio riflette in maniera ineludibile le condizioni della produzione artistica e la rete di rapporti che la sottendono, rivelandosi come spazio liminale tra il singolo e la collettività, tra privato e pubblico. Per questo, nei processi di riqualificazione e rigenerazione urbana gli studi d’artista hanno dimostrato di rivestire un ruolo strategico determinante, favorendo la partecipazione comunitaria. Sempre più i vuoti delle città in espansione (stabili abbandonati, ex fabbriche) sono colmati dalla presenza degli artisti, capaci di interpretare, rileggere, comunicare i cambiamenti in atto. Gli studi d’artista, insomma, favoriscono lo sviluppo di città dinamiche e policentriche.
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