Come devo vivere. Dialoghi visivi con il cinema di Michelangelo Antonioni
Dal 05 Dicembre 2012 al 01 Marzo 2013
Ferrara
Luogo: Villa Horti della Fasanara
Indirizzo: via delle Vigne 34
Orari: da lunedì a venerdì 15-19; sabato e domenica 15-18
Curatori: Maria Livia Brunelli
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 338 1543721
E-Mail info: info@hortidellafasanara.com
Sito ufficiale: http://www.hortidellafasanara.com
Un percorso tra cinema e arti visive, tra misteriose inquadrature vuote, tra elementi naturali rarefatti e città deserte. Martedì 4 dicembre 2012 alle 19.30, nella villa Horti della Fasanara, la fotografa israeliana Orith Youdovich inaugurerà la mostra fotografica Come devo vivere. Dialoghi visivi con il cinema di Michelangelo Antonioni, curata da Maria Livia Brunelli e in collaborazione con la MLB home gallery. La mostra rimarrà aperta fino al 1 marzo 2013. Una decina di immagini fotografiche: un viaggio nel silenzio, in luoghi lontani e senza tempo, vuoti, in cui si celano tracce di vita quasi invisibili. Le fotografie vengono presentate a Ferrara in occasione del centenario della nascita del noto cineasta ferrarese, parallelamente alla presentazione presso la Biblioteca Ariostea, sempre martedì 4 alle 17, del volume Cosa Devo Guardare. Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni (Postcart, 2012) firmato a due mani da Maurizio G. De Bonis, critico cinematografico e delle arti visive, e dalla stessa fotografa.
Libro e mostra fotografica, all’unisono, si interrogano sull’espressione autentica del paesaggio utilizzando come punto di riferimento creativo la figura di Antonioni. Nella sua cinematografia, il regista offre ai paesaggi un ruolo che va oltre il semplice significato di sfondo scenografico. In una condizione di crisi esistenziale, i paesaggi diventano protagonisti, vere e proprie storie, racconti di luoghi esplorati da uomini che hanno lasciato le loro tracce su quella terra calpestata. E le fotografie di Orith Youdovich vogliono essere la dimostrazione di quelle impercettibili e misteriose presenze nascoste. Imparare a guardare e scoprire ciò che non si vede è l’invito che l’artista rivolge a tutti gli osservatori. Dopotutto chi impara a guardare, forse, impara anche a vivere: Tu dici “Cosa devo guardare”. Io dico “Come devo vivere”. È la stessa cosa (dialogo tratto da Il Deserto Rosso, 1964 di Michelangelo Antonioni).
Attraverso una selezione di scatti, la fotografa israeliana instaura un proficuo dialogo con l’orizzonte rappresentativo del cinema antonioniano. L’artista fotografa il deserto, l’orizzonte della periferia urbana, il parco cittadino: luoghi svuotati, privi di azione, in cui l’universo delle “assenze”, dei vuoti incolmabili, riesce ad essere un mondo ben più prepotente di innumerevoli “presenze”. Ogni scatto racconta una storia: echi lontani, ombre sfuggenti, strade vuote di campagna in cui non passa nessuno, case silenziose, boschi e fabbriche in lontananza, immagini attraversate da persone senza volto, di spalle, immobili, sospesi nel tempo. Fotografie vuote ma piene di vita che raccontano altre storie di vita in cui l’assenza sfida l’osservatore e il paesaggio restituisce lo sguardo a chi osserva. Foto dallo spazio aperto, in movimento, quasi danzante, un tramite tra mondo e uomo.
Orith Youdovich vive e lavora tra Roma e Tel Aviv. Fotografa e curatrice, si è diplomata in Fotografia presso l’Istituto Superiore di Fotografia di Roma (ISF, 1992). Da diversi anni ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia di tipo concettuale e da allora dirige il proprio sguardo creativo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge inoltre un’attività di ricerca artistica basata sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive ed ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. È co-autrice del libro Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni (Postcart, 2012) e curatrice del volume Fotografia Israeliana Contemporanea (FPM, 2005). Ha co-fondato l’Associazione Culturale Punto di Svista nell’ambito della quale svolge attività legate alla divulgazione della cultura fotografica e al rapporto tra la fotografia e le altre arti. Dal 2000 è capo redattore della testata giornalistica CultFrame – Arti Visive e dal 2009 direttore responsabile di Punto di Svista – Arti Visive in Italia.
Libro e mostra fotografica, all’unisono, si interrogano sull’espressione autentica del paesaggio utilizzando come punto di riferimento creativo la figura di Antonioni. Nella sua cinematografia, il regista offre ai paesaggi un ruolo che va oltre il semplice significato di sfondo scenografico. In una condizione di crisi esistenziale, i paesaggi diventano protagonisti, vere e proprie storie, racconti di luoghi esplorati da uomini che hanno lasciato le loro tracce su quella terra calpestata. E le fotografie di Orith Youdovich vogliono essere la dimostrazione di quelle impercettibili e misteriose presenze nascoste. Imparare a guardare e scoprire ciò che non si vede è l’invito che l’artista rivolge a tutti gli osservatori. Dopotutto chi impara a guardare, forse, impara anche a vivere: Tu dici “Cosa devo guardare”. Io dico “Come devo vivere”. È la stessa cosa (dialogo tratto da Il Deserto Rosso, 1964 di Michelangelo Antonioni).
Attraverso una selezione di scatti, la fotografa israeliana instaura un proficuo dialogo con l’orizzonte rappresentativo del cinema antonioniano. L’artista fotografa il deserto, l’orizzonte della periferia urbana, il parco cittadino: luoghi svuotati, privi di azione, in cui l’universo delle “assenze”, dei vuoti incolmabili, riesce ad essere un mondo ben più prepotente di innumerevoli “presenze”. Ogni scatto racconta una storia: echi lontani, ombre sfuggenti, strade vuote di campagna in cui non passa nessuno, case silenziose, boschi e fabbriche in lontananza, immagini attraversate da persone senza volto, di spalle, immobili, sospesi nel tempo. Fotografie vuote ma piene di vita che raccontano altre storie di vita in cui l’assenza sfida l’osservatore e il paesaggio restituisce lo sguardo a chi osserva. Foto dallo spazio aperto, in movimento, quasi danzante, un tramite tra mondo e uomo.
Orith Youdovich vive e lavora tra Roma e Tel Aviv. Fotografa e curatrice, si è diplomata in Fotografia presso l’Istituto Superiore di Fotografia di Roma (ISF, 1992). Da diversi anni ha abbandonato il reportage sociale per dedicarsi alla fotografia di tipo concettuale e da allora dirige il proprio sguardo creativo sul mondo in un continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio. Svolge inoltre un’attività di ricerca artistica basata sulla connessione tra fotografia e cinema. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive ed ha curato esposizioni per Festival di fotografia italiani. È co-autrice del libro Cosa devo guardare – Riflessioni critiche e fotografiche sui paesaggi di Michelangelo Antonioni (Postcart, 2012) e curatrice del volume Fotografia Israeliana Contemporanea (FPM, 2005). Ha co-fondato l’Associazione Culturale Punto di Svista nell’ambito della quale svolge attività legate alla divulgazione della cultura fotografica e al rapporto tra la fotografia e le altre arti. Dal 2000 è capo redattore della testata giornalistica CultFrame – Arti Visive e dal 2009 direttore responsabile di Punto di Svista – Arti Visive in Italia.
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