Mimì Quilici Buzzacchi, Italia Antica e Nuova. Incisioni degli anni ferraresi (1927-1943)
Dal 01 Aprile 2017 al 21 Aprile 2017
Ferrara
Luogo: Idearte Gallery
Indirizzo: Via Terranuova 41
Orari: Lun - Ven 10 - 12.30 / 16 - 19.30 | Sab / Dom su prenotazione
Costo del biglietto: Ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 053 21862076
E-Mail info: ideartegallery@libero.it
Sabato 1° aprile alle ore 17.30 verrà inaugurata alla Idearte Gallery di Ferrara, Via Terranuova 41, la mostra intitolata "Mimì Quilici Buzzacchi, Italia Antica e Nuova. Incisioni degli anni ferraresi (1927-1943)".
Martedì 4 aprile alla Sala dell’Arengo, Palazzo Comunale di Ferrara, alle ore 17.30 Lucio Scardino terrà una conferenza di presentazione dal titolo "Mimì Quilici Buzzacchi e l’arte ferrarese fra le due guerre mondiali". Introdurrà Anna M. Quarzi, presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea.
La mostra alla Idearte Gallery di Mimì Quilici Buzzacchi (Medole 1903 - Roma 1990), presentata dal critico e storico dell’arte Lucio Scardino, propone per la prima volta alla visione diretta le dieci grandi xilografie composte tra il 1932 e il 1938 contenute nella cartella Italia Antica e Nuova edita da Mardersteig a Milano nel 1939 con lettera di presentazione di Ugo Ojetti. A conferire spessore storico alla mostra saranno esposte anche opere anteriori e a conclusione del ciclo degli anni ‘30: dalla stampa a due colori Lavori al Canale Boicelli del 1927, viva espressione dello spirito costruttivo di quel momento, all’assai nota Leggenda ferrarese del 1943, quasi premonizione dell’imminente fine di un’oscura e dolorosa fase della storia cittadina.
La mostra, intitolata "Italia Antica e Nuova", tende a sottolineare le due anime dell’artista, che nel campo della grafica seppe unire ad una tecnica eccezionale una particolare capacità di sintesi espressiva. Un linguaggio quello che si riscontrerà nelle opere in mostra non estraneo alle ricerche di una irrequieta modernità, ma anche interessato al senso classico degli spazi storici della città italiana. “Ciò è evidente - sostiene Lucio Scardino nella sua presentazione - nella cartella Italia Antica e Nuova che le presentò il celebre critico Ugo Ojetti, dove i volumi dei monumenti e dei paesaggi assumono un’aura mitica, solenne e dai ritmi taglienti, intrisa di una sorta di aulico senso del ‘metafisico’, non soltanto inteso nel senso dechirichiano”.
Va infine considerato che Mimì Quilici Buzzacchi ha attraversato tutto il Novecento consapevolmente da autodidatta, ma praticando sin dai suoi esordi, poi dirigendo la Pagina dell’arte del “Corriere Padano”, un continuo confronto con i più noti protagonisti della cultura del suo tempo.
MIMÌ QUILICI BUZZACCHI
"ITALIA ANTICA E NUOVA"
Incisioni degli anni ferraresi (1927 - 1943)
PRESENTAZIONE
Emma Buzzacchi detta Mimì, classe 1903, appartenente alla borghesia agraria mantovana, ma trasferitasi in giovane età a Ferrara prese le prime lezioni di disegno e pittura da Edgardo Rossaro, un valente artista piemontese che allora soggiornava a Bondeno. Dal maestro ereditò l'amore per la sintesi tonale e volumetrica nei suoi primi dipinti, in un gusto stilistico che era in linea con l'Art Dèco allora in voga nelle capitali intellettuali, mentre la passione per l’incisione xilografica la perseguì in totale solitudine durante i frequenti soggiorni a Firenze, ospite di un parente bibliofilo, il De Marinis.
Sin dagli esordi la sua ricerca grafica fu incentrata sulla resa del paesaggio, inizialmente adriatico (Cesenatico) e della periferia ferrarese (il Boicelli), ma anche dei monumenti di età medioevale e rinascimentale, come rivelano le incisioni raccolte nelle cartelle "Dove si dice qualche cosa di Ferrara" (1927 e 1928) dal nudo e alquanto lirico gioco del tratto. Mimì in seguito svolse la sua ricerca iconografica per le notevoli stampe al bulino mediante itinerari compiuti in tutta Italia e in Libia, paese in cui affrescò una chiesa nel nuovo Villaggio Corradini.
Una evidente accelerazione in senso "novecentista" fu data dal matrimonio nel 1929 con Nello Quilici, raffinato intellettuale di origini toscane e che a Ferrara dirigeva l'importante quotidiano "Corriere Padano". Giornale di fronda, dall'importantissima "terza pagina", la testata aveva anche una intelligente pagina d'arte, che Mimì prese a coordinare lei stessa, alternandosi quale autrice dei testi a notevoli esponenti di questa "novella officina ferrarese", come i pittori-critici Italo Cinti, Corrado Padovani, Carlo Belli e il più famoso Filippo De Pisis.
La conoscenza stretta di questi autori, i frequenti viaggi a Milano, Venezia (partecipò a varie Biennali d'arte) e Roma (dove frequentò il notevole pittore Carlo Socrate), la fecero ben presto diventare una delle migliori pittrici del Novecento italiano, ricercando ella una sorta di rarefatto quanto scabro primitivismo "neo-giottesco", in linea con le ricerche di Carlo Carrà o con una rilettura di Piero della Francesca e dei Ferraresi del Quattrocento.
Ciò è evidente nella cartella di incisioni "Italia antica e nuova", che le presentò il celebre critico Ugo Ojetti, dove i volumi dei monumenti e dei paesaggi assumono un'aura mitica, solenne e dai ritmi taglienti, intrisa di una sorta di aulico senso "metafisico", non soltanto inteso nel senso dechirichiano del termine. Ma nel contempo risultano indimenticabili le policrome copertine per "La Rivista di Ferrara" diretta dal marito tra il 1933 e il 1935, in cui riuscì a saldare mirabilmente echi dèco all'aeropittura dell'amico Tato, giungendo talora ad esiti di un modernissimo senso astratto.
Altra importante relazione fu quella intrattenuta col pittore Achille Funi, chiamato nel 1934 ad affrescare, in collaborazione con Felicita Frai, la cosiddetta Sala dell'Arengo del Municipio, realizzando così uno fra i capolavori della decorazione novecentista, nella riuscita contaminazione fra Antico e Moderno, neo-neoclassicismo e ricerche delle avanguardie storiche. I cartoni di questo capolavoro murale furono eseguite nella villa liberty che i Quilici possedevano nel Viale Cavour, dinanzi all'odierno albergo "Astra".
Quest'epoca si concluse bruscamente nel giugno 1940, con la tragica scomparsa di Italo Balbo e di Nello Quilici, in un aereo sul cielo libico di Tobruch: da allora Ferrara non fu più una "piccola capitale" culturale... e il suggello fu proprio una straordinaria incisione di Mimì, "Leggenda ferrarese" del 1943, con un San Giorgio che uccide il drago dinanzi al Castello Estense, in una atmosfera plumbea che evoca il clima della guerra civile, iniziata proprio con l'eccidio dinanzi al fortilizio nel corso della "lunga notte" immortalata da Bassani e Vancini.
Dopo la guerra la Buzzacchi Quilici si trasferì definitivamente a Roma, dove continuò ad allevare i figli Folco e Vieri, ma con frequenti ritorni a Ferrara, immortalando ad esempio il paesaggio vallivo tra gli anni Cinquanta e Sessanta nel notevole ciclo "Paesaggio di Spina", presentato dall'amico Bassani evidenziandone il modernissimo taglio stilistico, in una trasfigurazione ambientale che citava Mafai e Melli ma anche maestri europei come Klee.
Continuò ad evocare sino agli ultimi anni di vita (Mimì è morta a Roma nel 1990) il paesaggio e il clima degli anni del "cenacolo" ferrarese capeggiato da lei e dal marito (e che annoverò altresì pittori come Cattabriga, Korompay e Nives Casati e scultori quali Virgili e Zucchini), in una ricerca dai toni quasi "proustiani", trasportando idealmente Ferrara nel suo appartamento lungo il Tevere, disegnando, dipingendo e incidendo ma sognando ad occhi aperti, immaginando di essere ancora davanti al Po, verso Pontelagoscuro, oltre il Boicelli.
Quando la conobbi, attorno al 1980, mi chiese di portarla per l'appunto nel paese rivierasco alla ricerca dei mitici "mandorlin dal Pont": e l'aggettivo "proustiano" risultò allora quanto mai appropriato... Ma la mostra odierna ha altresì una forte connotazione “storicista”, risultando una notevole rievocazione dell’arte ferrarese fra le due guerre mondiali: non a caso essa sarà accompagnata da una conferenza del sottoscritto il 4 aprile presso la sala dell’Arengo su questo tema particolare, patrocinata dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e introdotta dalla presidente Anna M. Quarzi.
LUCIO SCARDINO
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Martedì 4 aprile alla Sala dell’Arengo, Palazzo Comunale di Ferrara, alle ore 17.30 Lucio Scardino terrà una conferenza di presentazione dal titolo "Mimì Quilici Buzzacchi e l’arte ferrarese fra le due guerre mondiali". Introdurrà Anna M. Quarzi, presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea.
La mostra alla Idearte Gallery di Mimì Quilici Buzzacchi (Medole 1903 - Roma 1990), presentata dal critico e storico dell’arte Lucio Scardino, propone per la prima volta alla visione diretta le dieci grandi xilografie composte tra il 1932 e il 1938 contenute nella cartella Italia Antica e Nuova edita da Mardersteig a Milano nel 1939 con lettera di presentazione di Ugo Ojetti. A conferire spessore storico alla mostra saranno esposte anche opere anteriori e a conclusione del ciclo degli anni ‘30: dalla stampa a due colori Lavori al Canale Boicelli del 1927, viva espressione dello spirito costruttivo di quel momento, all’assai nota Leggenda ferrarese del 1943, quasi premonizione dell’imminente fine di un’oscura e dolorosa fase della storia cittadina.
La mostra, intitolata "Italia Antica e Nuova", tende a sottolineare le due anime dell’artista, che nel campo della grafica seppe unire ad una tecnica eccezionale una particolare capacità di sintesi espressiva. Un linguaggio quello che si riscontrerà nelle opere in mostra non estraneo alle ricerche di una irrequieta modernità, ma anche interessato al senso classico degli spazi storici della città italiana. “Ciò è evidente - sostiene Lucio Scardino nella sua presentazione - nella cartella Italia Antica e Nuova che le presentò il celebre critico Ugo Ojetti, dove i volumi dei monumenti e dei paesaggi assumono un’aura mitica, solenne e dai ritmi taglienti, intrisa di una sorta di aulico senso del ‘metafisico’, non soltanto inteso nel senso dechirichiano”.
Va infine considerato che Mimì Quilici Buzzacchi ha attraversato tutto il Novecento consapevolmente da autodidatta, ma praticando sin dai suoi esordi, poi dirigendo la Pagina dell’arte del “Corriere Padano”, un continuo confronto con i più noti protagonisti della cultura del suo tempo.
MIMÌ QUILICI BUZZACCHI
"ITALIA ANTICA E NUOVA"
Incisioni degli anni ferraresi (1927 - 1943)
PRESENTAZIONE
Emma Buzzacchi detta Mimì, classe 1903, appartenente alla borghesia agraria mantovana, ma trasferitasi in giovane età a Ferrara prese le prime lezioni di disegno e pittura da Edgardo Rossaro, un valente artista piemontese che allora soggiornava a Bondeno. Dal maestro ereditò l'amore per la sintesi tonale e volumetrica nei suoi primi dipinti, in un gusto stilistico che era in linea con l'Art Dèco allora in voga nelle capitali intellettuali, mentre la passione per l’incisione xilografica la perseguì in totale solitudine durante i frequenti soggiorni a Firenze, ospite di un parente bibliofilo, il De Marinis.
Sin dagli esordi la sua ricerca grafica fu incentrata sulla resa del paesaggio, inizialmente adriatico (Cesenatico) e della periferia ferrarese (il Boicelli), ma anche dei monumenti di età medioevale e rinascimentale, come rivelano le incisioni raccolte nelle cartelle "Dove si dice qualche cosa di Ferrara" (1927 e 1928) dal nudo e alquanto lirico gioco del tratto. Mimì in seguito svolse la sua ricerca iconografica per le notevoli stampe al bulino mediante itinerari compiuti in tutta Italia e in Libia, paese in cui affrescò una chiesa nel nuovo Villaggio Corradini.
Una evidente accelerazione in senso "novecentista" fu data dal matrimonio nel 1929 con Nello Quilici, raffinato intellettuale di origini toscane e che a Ferrara dirigeva l'importante quotidiano "Corriere Padano". Giornale di fronda, dall'importantissima "terza pagina", la testata aveva anche una intelligente pagina d'arte, che Mimì prese a coordinare lei stessa, alternandosi quale autrice dei testi a notevoli esponenti di questa "novella officina ferrarese", come i pittori-critici Italo Cinti, Corrado Padovani, Carlo Belli e il più famoso Filippo De Pisis.
La conoscenza stretta di questi autori, i frequenti viaggi a Milano, Venezia (partecipò a varie Biennali d'arte) e Roma (dove frequentò il notevole pittore Carlo Socrate), la fecero ben presto diventare una delle migliori pittrici del Novecento italiano, ricercando ella una sorta di rarefatto quanto scabro primitivismo "neo-giottesco", in linea con le ricerche di Carlo Carrà o con una rilettura di Piero della Francesca e dei Ferraresi del Quattrocento.
Ciò è evidente nella cartella di incisioni "Italia antica e nuova", che le presentò il celebre critico Ugo Ojetti, dove i volumi dei monumenti e dei paesaggi assumono un'aura mitica, solenne e dai ritmi taglienti, intrisa di una sorta di aulico senso "metafisico", non soltanto inteso nel senso dechirichiano del termine. Ma nel contempo risultano indimenticabili le policrome copertine per "La Rivista di Ferrara" diretta dal marito tra il 1933 e il 1935, in cui riuscì a saldare mirabilmente echi dèco all'aeropittura dell'amico Tato, giungendo talora ad esiti di un modernissimo senso astratto.
Altra importante relazione fu quella intrattenuta col pittore Achille Funi, chiamato nel 1934 ad affrescare, in collaborazione con Felicita Frai, la cosiddetta Sala dell'Arengo del Municipio, realizzando così uno fra i capolavori della decorazione novecentista, nella riuscita contaminazione fra Antico e Moderno, neo-neoclassicismo e ricerche delle avanguardie storiche. I cartoni di questo capolavoro murale furono eseguite nella villa liberty che i Quilici possedevano nel Viale Cavour, dinanzi all'odierno albergo "Astra".
Quest'epoca si concluse bruscamente nel giugno 1940, con la tragica scomparsa di Italo Balbo e di Nello Quilici, in un aereo sul cielo libico di Tobruch: da allora Ferrara non fu più una "piccola capitale" culturale... e il suggello fu proprio una straordinaria incisione di Mimì, "Leggenda ferrarese" del 1943, con un San Giorgio che uccide il drago dinanzi al Castello Estense, in una atmosfera plumbea che evoca il clima della guerra civile, iniziata proprio con l'eccidio dinanzi al fortilizio nel corso della "lunga notte" immortalata da Bassani e Vancini.
Dopo la guerra la Buzzacchi Quilici si trasferì definitivamente a Roma, dove continuò ad allevare i figli Folco e Vieri, ma con frequenti ritorni a Ferrara, immortalando ad esempio il paesaggio vallivo tra gli anni Cinquanta e Sessanta nel notevole ciclo "Paesaggio di Spina", presentato dall'amico Bassani evidenziandone il modernissimo taglio stilistico, in una trasfigurazione ambientale che citava Mafai e Melli ma anche maestri europei come Klee.
Continuò ad evocare sino agli ultimi anni di vita (Mimì è morta a Roma nel 1990) il paesaggio e il clima degli anni del "cenacolo" ferrarese capeggiato da lei e dal marito (e che annoverò altresì pittori come Cattabriga, Korompay e Nives Casati e scultori quali Virgili e Zucchini), in una ricerca dai toni quasi "proustiani", trasportando idealmente Ferrara nel suo appartamento lungo il Tevere, disegnando, dipingendo e incidendo ma sognando ad occhi aperti, immaginando di essere ancora davanti al Po, verso Pontelagoscuro, oltre il Boicelli.
Quando la conobbi, attorno al 1980, mi chiese di portarla per l'appunto nel paese rivierasco alla ricerca dei mitici "mandorlin dal Pont": e l'aggettivo "proustiano" risultò allora quanto mai appropriato... Ma la mostra odierna ha altresì una forte connotazione “storicista”, risultando una notevole rievocazione dell’arte ferrarese fra le due guerre mondiali: non a caso essa sarà accompagnata da una conferenza del sottoscritto il 4 aprile presso la sala dell’Arengo su questo tema particolare, patrocinata dall’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara e introdotta dalla presidente Anna M. Quarzi.
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