Al dio ortopedico
Dal 27 Ottobre 2018 al 06 Gennaio 2019
Firenze
Luogo: Galleria Gentili
Indirizzo: Borgo Pinti 80/82R
Orari: da martedì a sabato 10-13 \ 15-19
Curatori: Rita Selvaggio
Telefono per informazioni: +39 055 9060519
E-Mail info: info@galleriagentili.it
Sito ufficiale: http://galleriagentili.it
Al dio ortopedico è una collettiva che propone i lavori di Enrico David (1966), Goshka Macuga (1967) e Paloma Varga Weisz (1966). In una sorta di artificio teatrale e con “un’apparente normalità delle cose rappresentate”, come se facessero parte della realtà quotidiana, la mostra si propone di delineare un discorso sul paesaggio interiore. Il titolo prende in prestito quello di un articolo pubblicato su “Il Tempo” del 22 febbraio 1919, scritto da un Roberto Longhi (1980-1979) allora solo diciannovenne, per la prima personale romana di Giorgio de Chirico presso la Casa d’Arte di Anton Giulio Bragaglia. “...Ivi l’homo orthopedicus sgrana con voce di carrucola una sua parte impossibile alle statue diseredate della Grecia antica...” recita il testo. Doveva essere una perfida stroncatura, per i tempi modernissima, del marionettismo di de Chirico, questione che aveva molto eccitato la fantasia linguistica del giovane studioso. Nel corso della storia si è poi rivelata essere una delle letture più perspicaci della metafisica.
Giorgio de Chirico aveva maturato una particolare concezione del mondo attraverso la lettura di Nietzsche, Schopenhauer ed Eraclito e questo suo legame con la filosofia si traduce in un’espressione fortemente connessa a una condizione esistenziale. L’artista sarà infatti definito nel 1928 da Jean Cocteau come un “dépaysagiste”, ossia un artista di spaesamenti e non di paesaggi.
Firenze: de Chirico vi si trasferisce nel 1910 per circa un anno e sarà questa città, con la sua struttura urbana, a esercitare una profonda influenza sul suo immaginario. È qui che mette a punto i temi di misteriosa magia poetica: visioni architettoniche, piazze d’Italia, statue solitarie, inquietanti manichini. È a Firenze che nascono dipinti come L’enigma di un pomeriggio d’autunno, L’enigma dell’oracolo,L’enigma dell’ora, Ritratto del fratello, tutti del 1910. Come scrive lo stesso de Chirico, il suo periodo Böckliniano era terminato. Incomincia a dipingere soggetti in cui cerca di tradurre i sentimenti potenti e misteriosi scoperti nei libri di Nietzsche: la malinconia delle belle giornate d’autunno, il pomeriggio nelle città italiane. L’enigma di un pomeriggio d’autunno, considerato il suo primo dipinto metafisi- co, nasce da una visione avuta proprio in Piazza Santa Croce a Firenze. Siamo in autunno, soffia una brezza leggera e le prime foglie giallastre coprono lo spiazzo; seduto su una panchina, l’artista contempla l’enorme statua di Dante Alighieri. Le lunghe ombre proiettate dal monumento, segno di un’immagine traslata dalla realtà, gli suscitano il dubbio che la realtà stessa non sia altro che l’ombra di qualcosa di più profondo.
L’enigma delle immagini, la sospensione del tempo, il mistero e lo spaesamento, l’apparenza di una realtà altra percepita in un mondo di silenzio: la mostra raccoglie sembianti umani privi di identità, muti e inespressivi sotto cieli tesi e caliginosi. La costellazione di busti di filosofi e pensatori di Gosh- ka Macuga è l’emblema di un’immaginazione del mondo post-umano. In differenti materiali, questi si articolano nel percorso espositivo assecondando un silenzioso dialogo spaziale. Fanno parte del corpo di lavori intitolato International Institute of Intellectual Co-operation e, in sostanza, simboliz- zano il concetto del libero scambio delle idee. Le opere in mostra di Enrico David ribadiscono an- cora una volta uno sguardo multiforme e decentrato, dissettivo e disgregante, dove tutto significa incessantemente e più volte. Sempre alle prese con l’inoggettivabile, con un’inevitabile pulsione che perennemente configura spazi di dissenso. Lazlo’s Dream (2018) e Multiface (2018) di Paloma Varga Weisz fanno parte di una recente serie di sculture in legno di tiglio che, oltre a rimandare alle origi- ni della pratica dell’artista, quella dell’intaglio del legno in Baviera alla fine degli anni ’80, riflettono un’iconografia personale e stratificata, surreale, mitologica e modernista.
Siamo in Autunno, quando il sole incomincia a essere più basso e le ombre si allungano a dismisura. Nella luce tagliente del primo pomeriggio, il senso del reale sembra sfuggire alla stabilità e alle cer- tezze di una rappresentazione oggettiva dell’esistenza.
Enrico David è nato nel 1966 ad Ancona, Italia. Negli anni ’90 ha studiato al Central Saint Martin’s College di Londra e da allora ha esposto in numerose gallerie e musei in tutto il mondo. Nel 2009, è tra i finalisti del Turner Prize. La sua prima personale, Head Gas, è stata organizzata dal New Museum di New York nel 2012. Nel 2013, David ha presentato un’installazione di dipinti, arazzi e sculture all’in- terno del Palazzo Enciclopedico a cura di Massimiliano Gioni per la Biennale di Venezia. I suoi lavori spaziano dalla pittura al disegno, dalla scultura all’installazione, spesso utilizzando pratiche artigia- nali e una varietà di supporti. Tra le sue mostre più recenti: Enrico David: Gradations of Slow Release(2018) al MCA di Chicago e le due personali alla Michael Werner Gallery di New York e da Blum & Poe, Los Angeles entrambe del 2018. David è uno dei tre artisti selezionati da Milovan Farronato per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2019. Vive e lavora a Londra.
Goshka Macuga è nata nel 1967 a Varsavia, Polonia. Dopo gli studi al Central Saint Martin’s College e Goldsmiths a Londra, nel 2008 è tra i finalisti del Turner Prize. Artista, curatrice, archivista, collezion- ista e ricercatrice, Macuga lavora con supporti diversi, dagli arazzi alla scultura alla robotica e le sue complesse installazioni spesso includono opere di altri artisti. Il suo lavoro, caratterizzato da più livelli narrativi, fonde documentazione storica, politica, sociologia ed etnografia con accadimenti personali e riferimenti ad altri autori. Tra le sue ultime mostre: Goshka Macuga: Intellectual Co-Operation (2018) al Neues Museum di Norimberga, Germania; Goshka Macuga & Ahmet Ögüt Episode 1 e 2 (2017) al Witte de With Centre for Contemporary Art di Rotterdam, Olanda; To the Son of Man Who Ate the Scroll alla Fondazione Prada a Milano e Time as Fabric al New Museum di New York, entrambe del 2016. Macuga ha partecipato all’ottava edizione della Biennale d’arte contemporanea di Berlino, a dOCUMENTA 13 e alla Biennale di Venezia del 2009. Vive e lavora a Londra.
Paloma Varga Weisz è nata nel 1966 a Mannheim in Germania. Nel 1998 si diploma alla Staatliche Kunstakademie di Düsseldorf con Tony Cragg e Gerhard Merz dopo aver conseguito una formazione in modellazione, intaglio e scultura in legno. La sua pratica include principalmente la scultura, il diseg- no e gli acquerelli. Dalle strutture tattili e diversificate, le sue opere sfidano l’iconografia tradizionale e il lavoro artigianale nella rappresentazione di figure ibride in cui si fondono qualità antropomorfe e aspetti grotteschi disturbanti. Tra le sue personali più recenti: Wild Bunch (2018) alla galleria Sadie Coles HQ di Londra; Skulpturenhalle (2017), Thomas Schütte Stiftung, Neuss, Germania; Kabinettstück(2016), Fürstenberg Zeitgenössisch, Donaueschingen, Germania; Root of a Dream (2015) al Castello di Rivoli. Vive e lavora a Düsseldorf.
Opening: 27 October h 18.30
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