Alighiero Boetti. Mappe
Dal 04 Novembre 2015 al 22 Novembre 2015
Firenze
Luogo: Palazzo Vecchio
Indirizzo: piazza della Signoria
Curatori: Sergio Risaliti
Enti promotori:
- Comune di Firenze
Telefono per informazioni: +39 055055
Sito ufficiale: http://museicivicifiorentini.comune.fi.it
La stagione del contemporaneo non si è conclusa a Firenze.
Dopo la grande mostre di Antony Gormley al Forte di Belvedere e l’esposizione
di Jeff Koons in Palazzo Vecchio e Piazza Signoria, la città si prepara a celebrare l’opera di Alighiero Boetti, tra i maggiori artisti del XX secolo.
In occasione del Summit Mondiale dei Sindaci, che si svolgerà in Palazzo Vecchio ai primi di novembre, saranno, infatti, esposte due grandi Mappe (280x580 cm circa) in Salone dei Cinquecento. L’evento voluto dal sindaco Dario Nardella assume un valore simbolico di assoluto rilievo in quella cornice internazionale, quando i temi affrontati dai rappresentanti delle città del mondo saranno il dialogo tra i popoli, la centralità dell’arte e della cultura nella costruzione della pace, la difesa delle antiche civiltà e delle tradizioni nella globalizzazione, “l’unità nella diversità” – come recita il titolo del Summit.
È la prima volta, almeno in Italia, che due Mappe di queste dimensioni vengono ad essere confrontate nello stesso luogo. Le due opere di Boetti sono state ricamate su cotone da donne afghane negli anni ottanta-novanta e riproducono
il passaggio epocale della trasformazione dei confini sovietici con la Perestrojka, quando dalle ceneri dell’Unione Sovietica sorse la Russia nell’agosto del 1991.
La mostra curata scientificamente da Sergio Risaliti è organizzata dal Comune di Firenze – Direzione Musei Civici ed Eventi in collaborazione con la Fondazione Alighiero e Boetti, l’Archivio Boetti, la galleria Tornabuoni Arte di Firenze e Parigi.
Si tratta ancora una volta del confronto tra l’arte del passato e quella attuale. Basti dire che le Mappe di Boetti dialogheranno in Palazzo Vecchio con la serie di Arazzi medicei disegnati da Bronzino e Pontormo, ora esposti nel Salone dei Duecento,
e con le mappe cinquecentesche del Danti e del Bonsignori conservate nella Sala delle Carte Geografiche o del Mappamondo. Le due opere di Boetti saranno visibili fino al 22 novembre.
Per quattro giorni Firenze sarà la casa del dialogo interculturale in un mondo dove i confini delle nazioni cambiano e si riorganizzano velocemente, dove locale e globale si confrontano, si integrano, si scontrano. Ai primi di novembre, in Palazzo Vecchio verranno ospitati sindaci e delegazioni provenienti da tutte le parti del pianeta: Europa, Africa, Medio-Oriente, America del Nord e del Sud, Asia. Vogliamo contribuire al dialogo tra i popoli nella speranza di una pace perpetua, per la fraternità e la giustizia sociale. Firenze vuole giocare un ruolo di primo piano occupandosi del futuro del pianeta, dei doveri e diritti dei cittadini, del degrado ambientale e morale, della cura del patrimonio artistico, delle tradizioni e dei saperi, mettendo al centro dei processi produttivi il carisma della persona, perché siano sempre rispettate e valorizzate la sensibilità e l’immaginazione, la creatività e la spiritualità dei singoli cittadini, veri protagonisti dell’evoluzione e del cambiamento.
Il summit di novembre – Unityindiversity – riparte da quello storico incontro
che Giorgio La Pira organizzò in Palazzo Vecchio sessant’anni orsono. Firenze
non ha mai cessato di credere nella sua vocazione umanistica, impegnandosi nell’abbattimento delle barriere ideologiche, favorendo lo scambio interculturale, il dialogo tra le diverse etnie e classi sociali, la convivenza pacifica, la libera circolazione delle idee e il confronto aperto tra rappresentanti del mondo religioso, politico, economico per una “concordia nella varietà”. L’arte e la letteratura, la filosofia e la scienza, le tradizioni popolari, la produzione artigianale hanno fatto
di Firenze la città del dialogo, dell’incontro, della fluida circolazione del pensiero e dell’immaginazione. Perché Cultura e Arte sono il cemento identitario dei popoli,
e tuttavia rappresentano anche gli strumenti più idonei per incontrare l’altro,
per godere i benefici dello scambio simbolico, per favorire l’integrazione e la coesione sociale nel rispetto delle differenze e delle singole peculiarità, contro l’omologazione indifferenziata dei linguaggi e delle razze, dei desideri e delle passioni. La produzione artistica, nelle sue molteplici espressioni, è la prova
della fondamentale ricchezza e vitalità di ogni persona nella moltitudine. È sorta allora l’esigenza di rappresentare il senso del summit fiorentino con un’opera d’arte significativa e comprensibile. Non abbiamo guardato indietro, nel nostro passato, ma abbiamo cercato nel presente: con la certezza di trovare l’immagine esemplare nella contemporaneità. E volevamo proporre agli ospiti stranieri il linguaggio di un artista italiano, la cui creatività è compresa e ammirata da tempo nel mondo intero. Ecco che la scelta si è orientata su una delle opere più note
di Alighiero Boetti, un’immagine rappresentativa delle dinamiche geopolitiche, dell’unità nella differenza tra i popoli e le culture, della fluidità dei confini, della ricchezza del saper fare manuale, della collaborazione creativa. Personalmente ho sempre ammirato le opere di questo grande artista, l’organizzazione concettuale del lavoro, la fantasia figurativa e simbolica, l’interesse per le discipline scientifiche, per la scienza sacra, per la politica, la capacità di coinvolgere gli altri nell’esecuzione materiale. Boetti avrebbe potuto comunicare cose assai importanti in occasione del summit, e soprattutto avrebbe dato un esempio su come acquisire capacità manuali e spirituali attraverso il dialogo e il confronto con l’Oriente e il Medio-Oriente.
Abbiamo deciso quindi di esporre nel Salone dei Cinquecento, sede del summit, due “mappe” monumentali ricamate da donne afghane negli anni Ottanta del XX secolo su disegno di Boetti. Vi si legge il mondo intero, si riconoscono le diverse nazioni, i colori delle singole bandiere, i continenti e gli oceani. E come tutte le carte geografiche, anche le Mappe di Boetti alludono alla varietà e ricchezza culturale del mondo, al suono delle lingue, a quello dei canti, ai volti e agli sguardi, ai paesaggi e alle stagioni, agli usi e costumi, alle contrastanti realtà politiche.
In una mappa un punto è sempre come L’Aleph descritto dal grande scrittore argentino Jorge Luis Borges: un cannocchiale sul mondo, sulle infinite forme di vita che pullulano nei suoi confini. E di cannocchiali e mappe Firenze ne conserva vari esemplari, a partire dai quei primi “conocchiali” usati da Galileo Galilei per studiare e ridisegnare la geografia lunare. Le Mappe di Boetti nel Salone dei Cinquecento dialogheranno, altresì, con le carte geografiche nell’omonima sala
in Palazzo Vecchio dove al centro troneggia un grande mappamondo. Come
altri ambienti di Palazzo della Signoria, anche la Sala delle Carte Geografiche
o della Guardaroba rappresenta la vocazione fiorentina a dialogare con i popoli della terra, a conoscerne il patrimonio artistico, a informarsi sulle millenarie tradizioni. Il fatto che le mappe ricamate di Boetti siano state realizzate in luoghi tormentati da conflitti bellici e soprattutto che siano state portate a compimento da donne abili nell’eseguire arazzi e ricami aggiunge ulteriore valore alla presenza di queste opere in Palazzo Vecchio, dove in questo periodo si svolge anche una importante mostra dedicata agli Arazzi medicei, disegnati dai massimi artefici del Rinascimento, come Pontormo e Bronzino. Firenze è una città unica al mondo quando riesce a far circolare l’energia dell’arte in modo trasversale, mettendo
in scena la contemporaneità delle arti e delle tradizioni. In Palazzo Vecchio i sindaci e le delegazioni potranno scoprire due millenni di arte e di storia, un patrimonio straordinario che comprende le vestigia romane, i capolavori medievali e rinascimentali, memorie ottocentesche e novecentesche, l’arte del nostro tempo, Jeff Koons e Alighiero Boetti. Vogliamo offrire l’esempio della bellezza come sprone all’apertura mentale, al dialogo interculturale, allo scambio simbolico. Per la collaborazione e la cooperazione tra Stati e città, tra istituzioni e persone.
Ringrazio la Fondazione Alighiero e Boetti, l’Archivio Alighiero Boetti, la galleria Tornabuoni Arte di Firenze e Parigi, gli sponsor e quanti hanno reso possibile questo progetto, condiviso fin dall’inizio con Sergio Risaliti che assieme alla Direzione Musei Civici ed Eventi ne ha seguito l’organizzazione.
Dario Nardella
Sindaco di Firenze
“Storia e civiltà si trascrivono e si fissano, per così dire, quasi pietrificandosi, nelle mura, nei templi, nei palazzi, nelle case, nelle officine, nelle scuole, negli ospedali di cui la città consta. Le città restano, specie le fondamentali, arroccate sopra i valori eterni, portando con sé, lungo il corso tutto dei secoli e delle generazioni, gli eventi storici di cui esse sono state attrici e testimoni. Restano come libri vivi della storia umana e della civiltà umana: destinati alla formazione spirituale e materiale delle generazioni venture”, con queste parole Giorgio La Pira salutava le autorità convenute in occasione del convegno sulla pace organizzato a Firenze nel 1955.
In questi giorni, e per la seconda volta, la città di Dante e di Michelangelo, di Brunelleschi e del Poliziano, ospita sindaci e delegati delle città del mondo in Salone dei Cinquecento, chiedendo a tutti i partecipanti uno sforzo comune in nome del dialogo interculturale, della pace, della difesa del patrimonio artistico e delle umane tradizioni, drammaticamente offese in questi tempi di intolleranza e di diffuso terrore. Firenze ha deciso di mettere al centro del summit l’arte nella sue forme più alte e diverse, la letteratura, la musica, il teatro, le espressioni dell’intelligenza e del cuore che tengono uniti i popoli nella differenza. Come non pensare a un ruolo decisivo dell’artista nella costruzione di un futuro migliore? Come non affidarsi alle misteriose percezioni degli artisti, che sanno vedere oltre i limiti dell’ordinario e gettare luce laddove dominano le tenebre? Non sono forse loro, con la loro estrema sensibilità a captare, gestire e trasformare quanto di più disordinato e caotico sopravvive dentro e fuori di noi? Non è forse una dissonante armonia quella che ascoltiamo in certe sublimi composizioni musicali? Non sono forse discordanti concordanze quelle di alcune composizioni pittoriche dove una sconosciuta bellezza scaturisce dalle forme di una precedente tradizione? L’arte ci promette la felicità dove forze diverse e mai dome si contrappongono. Ma sempre e comunque in direzione della pace e del perfezionamento umano,
di quello delle società. Non possiamo prescindere dal confronto con gli artisti e con gli uomini di cultura, con i poeti e i liberi pensatori per ripensare i nostri stili di vita, per trovare nuove forme di dialogo e di cooperazione, per immaginare un’armonia laddove i conflitti generano sofferenza, divisione, ingiustizia. Firenze città che tutti amano offre ai popoli del mondo un dono di bellezza, di cultura e
di speranza. In Palazzo Vecchio, esattamente nel Salone dei Cinquecento, tra affreschi meravigliosi e sculture di marmo preziose, tra cui il Genio della Vittoria di Michelangelo Buonarroti, i sindaci e i delegati, le autorità e gli ospiti al seguito potranno ammirare anche due opere di Alighiero Boetti, uno tra i maggiori artisti del nostro tempo, prematuramente scomparso nel 1994. Si tratta di due Mappe, preziosi ricami in cotone eseguiti a mano dalle donne afghane negli anni ottanta del secolo scorso su disegno e progetto di Boetti. Ogni ricamatrice ha realizzato una sezione del dipinto, ha costruito parte del mondo. Si tratta di un’opera
unica, ma di un lavoro collettivo. Simbolo di come la costruzione nel mondo
della convivenza pacifica, dell’unita nella diversità sia un impegno comune, cui tutti dobbiamo e possiamo contribuire esaltando le spinte creative individuali. Abbiamo bisogno di immagini come questa di Boetti per capire in che modo uscire dalla crisi, dalla disperazione, dalla paura. Abbiamo bisogno di credere nell’impegno giornaliero, ripetuto, continuo per contrastare l’entropia. Nella costruzione paziente e sensibile di una società migliore, in cui a ogni singolo individuo e specialmente alle donne sia data l’opportunità di liberare l’energia spirituale, le capacità manuali, di esprimersi con una propria lingua, di rinnovarsi senza separarsi dalle proprie tradizioni e dai valori forti della propria civiltà. Boetti non temeva il rapporto positivo e liberatorio di ordine e disordine; secondo una visione olistica e alchemica sapeva che nel crogiuolo della vita, come nei fenomeni naturali e cosmici, la perfezione non possa prescindere dall’antinomia e dal contrasto. Boetti ha scelto la via della partecipazione e della coesione contrapponendo la bellezza e la fantasia alla divisione e alla omologazione nella società e nel lavoro. Un messaggio che non possiamo che condividere nei giorni del summit qui a Firenze.
Nicoletta Mantovani
Assessore alla cooperazione e relazioni internazionali del Comune di Firenze
Dopo la grande mostre di Antony Gormley al Forte di Belvedere e l’esposizione
di Jeff Koons in Palazzo Vecchio e Piazza Signoria, la città si prepara a celebrare l’opera di Alighiero Boetti, tra i maggiori artisti del XX secolo.
In occasione del Summit Mondiale dei Sindaci, che si svolgerà in Palazzo Vecchio ai primi di novembre, saranno, infatti, esposte due grandi Mappe (280x580 cm circa) in Salone dei Cinquecento. L’evento voluto dal sindaco Dario Nardella assume un valore simbolico di assoluto rilievo in quella cornice internazionale, quando i temi affrontati dai rappresentanti delle città del mondo saranno il dialogo tra i popoli, la centralità dell’arte e della cultura nella costruzione della pace, la difesa delle antiche civiltà e delle tradizioni nella globalizzazione, “l’unità nella diversità” – come recita il titolo del Summit.
È la prima volta, almeno in Italia, che due Mappe di queste dimensioni vengono ad essere confrontate nello stesso luogo. Le due opere di Boetti sono state ricamate su cotone da donne afghane negli anni ottanta-novanta e riproducono
il passaggio epocale della trasformazione dei confini sovietici con la Perestrojka, quando dalle ceneri dell’Unione Sovietica sorse la Russia nell’agosto del 1991.
La mostra curata scientificamente da Sergio Risaliti è organizzata dal Comune di Firenze – Direzione Musei Civici ed Eventi in collaborazione con la Fondazione Alighiero e Boetti, l’Archivio Boetti, la galleria Tornabuoni Arte di Firenze e Parigi.
Si tratta ancora una volta del confronto tra l’arte del passato e quella attuale. Basti dire che le Mappe di Boetti dialogheranno in Palazzo Vecchio con la serie di Arazzi medicei disegnati da Bronzino e Pontormo, ora esposti nel Salone dei Duecento,
e con le mappe cinquecentesche del Danti e del Bonsignori conservate nella Sala delle Carte Geografiche o del Mappamondo. Le due opere di Boetti saranno visibili fino al 22 novembre.
Per quattro giorni Firenze sarà la casa del dialogo interculturale in un mondo dove i confini delle nazioni cambiano e si riorganizzano velocemente, dove locale e globale si confrontano, si integrano, si scontrano. Ai primi di novembre, in Palazzo Vecchio verranno ospitati sindaci e delegazioni provenienti da tutte le parti del pianeta: Europa, Africa, Medio-Oriente, America del Nord e del Sud, Asia. Vogliamo contribuire al dialogo tra i popoli nella speranza di una pace perpetua, per la fraternità e la giustizia sociale. Firenze vuole giocare un ruolo di primo piano occupandosi del futuro del pianeta, dei doveri e diritti dei cittadini, del degrado ambientale e morale, della cura del patrimonio artistico, delle tradizioni e dei saperi, mettendo al centro dei processi produttivi il carisma della persona, perché siano sempre rispettate e valorizzate la sensibilità e l’immaginazione, la creatività e la spiritualità dei singoli cittadini, veri protagonisti dell’evoluzione e del cambiamento.
Il summit di novembre – Unityindiversity – riparte da quello storico incontro
che Giorgio La Pira organizzò in Palazzo Vecchio sessant’anni orsono. Firenze
non ha mai cessato di credere nella sua vocazione umanistica, impegnandosi nell’abbattimento delle barriere ideologiche, favorendo lo scambio interculturale, il dialogo tra le diverse etnie e classi sociali, la convivenza pacifica, la libera circolazione delle idee e il confronto aperto tra rappresentanti del mondo religioso, politico, economico per una “concordia nella varietà”. L’arte e la letteratura, la filosofia e la scienza, le tradizioni popolari, la produzione artigianale hanno fatto
di Firenze la città del dialogo, dell’incontro, della fluida circolazione del pensiero e dell’immaginazione. Perché Cultura e Arte sono il cemento identitario dei popoli,
e tuttavia rappresentano anche gli strumenti più idonei per incontrare l’altro,
per godere i benefici dello scambio simbolico, per favorire l’integrazione e la coesione sociale nel rispetto delle differenze e delle singole peculiarità, contro l’omologazione indifferenziata dei linguaggi e delle razze, dei desideri e delle passioni. La produzione artistica, nelle sue molteplici espressioni, è la prova
della fondamentale ricchezza e vitalità di ogni persona nella moltitudine. È sorta allora l’esigenza di rappresentare il senso del summit fiorentino con un’opera d’arte significativa e comprensibile. Non abbiamo guardato indietro, nel nostro passato, ma abbiamo cercato nel presente: con la certezza di trovare l’immagine esemplare nella contemporaneità. E volevamo proporre agli ospiti stranieri il linguaggio di un artista italiano, la cui creatività è compresa e ammirata da tempo nel mondo intero. Ecco che la scelta si è orientata su una delle opere più note
di Alighiero Boetti, un’immagine rappresentativa delle dinamiche geopolitiche, dell’unità nella differenza tra i popoli e le culture, della fluidità dei confini, della ricchezza del saper fare manuale, della collaborazione creativa. Personalmente ho sempre ammirato le opere di questo grande artista, l’organizzazione concettuale del lavoro, la fantasia figurativa e simbolica, l’interesse per le discipline scientifiche, per la scienza sacra, per la politica, la capacità di coinvolgere gli altri nell’esecuzione materiale. Boetti avrebbe potuto comunicare cose assai importanti in occasione del summit, e soprattutto avrebbe dato un esempio su come acquisire capacità manuali e spirituali attraverso il dialogo e il confronto con l’Oriente e il Medio-Oriente.
Abbiamo deciso quindi di esporre nel Salone dei Cinquecento, sede del summit, due “mappe” monumentali ricamate da donne afghane negli anni Ottanta del XX secolo su disegno di Boetti. Vi si legge il mondo intero, si riconoscono le diverse nazioni, i colori delle singole bandiere, i continenti e gli oceani. E come tutte le carte geografiche, anche le Mappe di Boetti alludono alla varietà e ricchezza culturale del mondo, al suono delle lingue, a quello dei canti, ai volti e agli sguardi, ai paesaggi e alle stagioni, agli usi e costumi, alle contrastanti realtà politiche.
In una mappa un punto è sempre come L’Aleph descritto dal grande scrittore argentino Jorge Luis Borges: un cannocchiale sul mondo, sulle infinite forme di vita che pullulano nei suoi confini. E di cannocchiali e mappe Firenze ne conserva vari esemplari, a partire dai quei primi “conocchiali” usati da Galileo Galilei per studiare e ridisegnare la geografia lunare. Le Mappe di Boetti nel Salone dei Cinquecento dialogheranno, altresì, con le carte geografiche nell’omonima sala
in Palazzo Vecchio dove al centro troneggia un grande mappamondo. Come
altri ambienti di Palazzo della Signoria, anche la Sala delle Carte Geografiche
o della Guardaroba rappresenta la vocazione fiorentina a dialogare con i popoli della terra, a conoscerne il patrimonio artistico, a informarsi sulle millenarie tradizioni. Il fatto che le mappe ricamate di Boetti siano state realizzate in luoghi tormentati da conflitti bellici e soprattutto che siano state portate a compimento da donne abili nell’eseguire arazzi e ricami aggiunge ulteriore valore alla presenza di queste opere in Palazzo Vecchio, dove in questo periodo si svolge anche una importante mostra dedicata agli Arazzi medicei, disegnati dai massimi artefici del Rinascimento, come Pontormo e Bronzino. Firenze è una città unica al mondo quando riesce a far circolare l’energia dell’arte in modo trasversale, mettendo
in scena la contemporaneità delle arti e delle tradizioni. In Palazzo Vecchio i sindaci e le delegazioni potranno scoprire due millenni di arte e di storia, un patrimonio straordinario che comprende le vestigia romane, i capolavori medievali e rinascimentali, memorie ottocentesche e novecentesche, l’arte del nostro tempo, Jeff Koons e Alighiero Boetti. Vogliamo offrire l’esempio della bellezza come sprone all’apertura mentale, al dialogo interculturale, allo scambio simbolico. Per la collaborazione e la cooperazione tra Stati e città, tra istituzioni e persone.
Ringrazio la Fondazione Alighiero e Boetti, l’Archivio Alighiero Boetti, la galleria Tornabuoni Arte di Firenze e Parigi, gli sponsor e quanti hanno reso possibile questo progetto, condiviso fin dall’inizio con Sergio Risaliti che assieme alla Direzione Musei Civici ed Eventi ne ha seguito l’organizzazione.
Dario Nardella
Sindaco di Firenze
“Storia e civiltà si trascrivono e si fissano, per così dire, quasi pietrificandosi, nelle mura, nei templi, nei palazzi, nelle case, nelle officine, nelle scuole, negli ospedali di cui la città consta. Le città restano, specie le fondamentali, arroccate sopra i valori eterni, portando con sé, lungo il corso tutto dei secoli e delle generazioni, gli eventi storici di cui esse sono state attrici e testimoni. Restano come libri vivi della storia umana e della civiltà umana: destinati alla formazione spirituale e materiale delle generazioni venture”, con queste parole Giorgio La Pira salutava le autorità convenute in occasione del convegno sulla pace organizzato a Firenze nel 1955.
In questi giorni, e per la seconda volta, la città di Dante e di Michelangelo, di Brunelleschi e del Poliziano, ospita sindaci e delegati delle città del mondo in Salone dei Cinquecento, chiedendo a tutti i partecipanti uno sforzo comune in nome del dialogo interculturale, della pace, della difesa del patrimonio artistico e delle umane tradizioni, drammaticamente offese in questi tempi di intolleranza e di diffuso terrore. Firenze ha deciso di mettere al centro del summit l’arte nella sue forme più alte e diverse, la letteratura, la musica, il teatro, le espressioni dell’intelligenza e del cuore che tengono uniti i popoli nella differenza. Come non pensare a un ruolo decisivo dell’artista nella costruzione di un futuro migliore? Come non affidarsi alle misteriose percezioni degli artisti, che sanno vedere oltre i limiti dell’ordinario e gettare luce laddove dominano le tenebre? Non sono forse loro, con la loro estrema sensibilità a captare, gestire e trasformare quanto di più disordinato e caotico sopravvive dentro e fuori di noi? Non è forse una dissonante armonia quella che ascoltiamo in certe sublimi composizioni musicali? Non sono forse discordanti concordanze quelle di alcune composizioni pittoriche dove una sconosciuta bellezza scaturisce dalle forme di una precedente tradizione? L’arte ci promette la felicità dove forze diverse e mai dome si contrappongono. Ma sempre e comunque in direzione della pace e del perfezionamento umano,
di quello delle società. Non possiamo prescindere dal confronto con gli artisti e con gli uomini di cultura, con i poeti e i liberi pensatori per ripensare i nostri stili di vita, per trovare nuove forme di dialogo e di cooperazione, per immaginare un’armonia laddove i conflitti generano sofferenza, divisione, ingiustizia. Firenze città che tutti amano offre ai popoli del mondo un dono di bellezza, di cultura e
di speranza. In Palazzo Vecchio, esattamente nel Salone dei Cinquecento, tra affreschi meravigliosi e sculture di marmo preziose, tra cui il Genio della Vittoria di Michelangelo Buonarroti, i sindaci e i delegati, le autorità e gli ospiti al seguito potranno ammirare anche due opere di Alighiero Boetti, uno tra i maggiori artisti del nostro tempo, prematuramente scomparso nel 1994. Si tratta di due Mappe, preziosi ricami in cotone eseguiti a mano dalle donne afghane negli anni ottanta del secolo scorso su disegno e progetto di Boetti. Ogni ricamatrice ha realizzato una sezione del dipinto, ha costruito parte del mondo. Si tratta di un’opera
unica, ma di un lavoro collettivo. Simbolo di come la costruzione nel mondo
della convivenza pacifica, dell’unita nella diversità sia un impegno comune, cui tutti dobbiamo e possiamo contribuire esaltando le spinte creative individuali. Abbiamo bisogno di immagini come questa di Boetti per capire in che modo uscire dalla crisi, dalla disperazione, dalla paura. Abbiamo bisogno di credere nell’impegno giornaliero, ripetuto, continuo per contrastare l’entropia. Nella costruzione paziente e sensibile di una società migliore, in cui a ogni singolo individuo e specialmente alle donne sia data l’opportunità di liberare l’energia spirituale, le capacità manuali, di esprimersi con una propria lingua, di rinnovarsi senza separarsi dalle proprie tradizioni e dai valori forti della propria civiltà. Boetti non temeva il rapporto positivo e liberatorio di ordine e disordine; secondo una visione olistica e alchemica sapeva che nel crogiuolo della vita, come nei fenomeni naturali e cosmici, la perfezione non possa prescindere dall’antinomia e dal contrasto. Boetti ha scelto la via della partecipazione e della coesione contrapponendo la bellezza e la fantasia alla divisione e alla omologazione nella società e nel lavoro. Un messaggio che non possiamo che condividere nei giorni del summit qui a Firenze.
Nicoletta Mantovani
Assessore alla cooperazione e relazioni internazionali del Comune di Firenze
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