Arnold Henry Savage Landor pittore esploratore. Dipinti della collezione Fusi
Dal 28 Maggio 2014 al 29 Giugno 2014
Firenze
Luogo: Galleria d'arte moderna - Palazzo Pitti
Indirizzo: piazza dei Pitti 1
Orari: da martedì a domenica 8,15-18,50
Curatori: Simonella Condemi, Francesco Morena
Enti promotori:
- Ministero per i beni e le attività culturali
- Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Firenze
- Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti
Costo del biglietto: intero € 8,50, ridotto € 4,25, gratuito meno di 18 e oltre 65 anni
Telefono per informazioni: +39 055 2388721 / 055 213070
E-Mail info: marcoferri.press@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.polomuseale.firenze.it/
Nell’ambito del suo centenario (1914-2014) la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti dedica interesse ad un variegato panorama di eventi che prende avvio con la presentazione di opere d’arte del pittore esploratore Arnold Henry Savage Landor della collezione Fusi.
Si tratta di un nucleo consistente capace di documentare l’intera esperienza dell’artista nel suo fecondo girovagare per il mondo narrando per immagini usi e costumi di quei popoli lontani. I dipinti si potrebbero definire una sorta di “compagni di viaggio” in quanto furono per lui fonte primaria di sostentamento divenendo merce di scambio per il cibo locale.
Arnold Henry Savage Landor, uomo dai mille interessi e dai numerosi talenti, fu pittore raffinato, prolifico scrittore, antropologo, fotografo, inventore e molto altro ancora. Ma, soprattutto, com'ebbe egli stesso a dire e scrivere in più occasioni, fu esploratore, e a questa passione dedicò gran parte delle sue energie nel corso di una vita che fu insieme avventurosa e ricca di successi.
Nipote di Walter Savage Landor (1775-1864), famoso poeta inglese che nel 1821 si era trasferito in Toscana, Arnold Henry nacque nel 1865 a Firenze, neocapitale del Regno d’Italia, dove si formò nell'arte della pittura. Dopo avere frequentato con profitto lo studio di Stefano Ussi (1822-1901), che in quel periodo era appena rientrato dai suoi viaggi in Nord Africa, ancora adolescente Savage Landor iniziò a viaggiare, e non si sarebbe più fermato se non per far ritorno nella sua amata Firenze. Qui visse gli ultimi anni di vita, coltivando multiformi interessi e ricucendo le trame dei suoi ricordi per comporre la sua autobiografia, pubblicata proprio nell'anno della morte.
Non c'è continente o territorio che questo artista non abbia visitato, dall'Europa all'Africa, dall'Asia alle Americhe e perfino l'Australia, a piedi in nave o a cavallo, sotto il sole del deserto o tra le nevi dell'Himalaya. Quest'illustre fiorentino aveva un'inesauribile curiosità e uno straordinario spirito di adattamento, doti che gli permisero di diventare giapponese nel Paese del Sol Levante e maghrebino in Egitto. Colto, acuto e reattivo dal punto di vista fisico, Arnold Henry fu in più cronista d'eccezione, autore di numerosi resoconti dei suoi viaggi. Il suo stile letterario fu scarno come si addiceva ad uno scienziato ma coinvolgente, come voleva il grande pubblico.
Non così la sua pittura. Matita, pennello e colori, tavolette e carta, furono compagni fidati dai quali non si separò mai nel corso delle sue avventure. Abile nel ritratto come nel paesaggio, Savage Landor aveva quella rara dote di riuscire nei suoi dipinti a fermare l'attimo. Come si trattasse di istantanee di vita, le sue tavolette brulicano di dettagli, scintillano di colori, diffondono emozioni, raccontano storie di un altrove che a fine Ottocento era per moltissimi ancora misterioso e perciò oltremodo affascinante.
Si tratta di un nucleo consistente capace di documentare l’intera esperienza dell’artista nel suo fecondo girovagare per il mondo narrando per immagini usi e costumi di quei popoli lontani. I dipinti si potrebbero definire una sorta di “compagni di viaggio” in quanto furono per lui fonte primaria di sostentamento divenendo merce di scambio per il cibo locale.
Arnold Henry Savage Landor, uomo dai mille interessi e dai numerosi talenti, fu pittore raffinato, prolifico scrittore, antropologo, fotografo, inventore e molto altro ancora. Ma, soprattutto, com'ebbe egli stesso a dire e scrivere in più occasioni, fu esploratore, e a questa passione dedicò gran parte delle sue energie nel corso di una vita che fu insieme avventurosa e ricca di successi.
Nipote di Walter Savage Landor (1775-1864), famoso poeta inglese che nel 1821 si era trasferito in Toscana, Arnold Henry nacque nel 1865 a Firenze, neocapitale del Regno d’Italia, dove si formò nell'arte della pittura. Dopo avere frequentato con profitto lo studio di Stefano Ussi (1822-1901), che in quel periodo era appena rientrato dai suoi viaggi in Nord Africa, ancora adolescente Savage Landor iniziò a viaggiare, e non si sarebbe più fermato se non per far ritorno nella sua amata Firenze. Qui visse gli ultimi anni di vita, coltivando multiformi interessi e ricucendo le trame dei suoi ricordi per comporre la sua autobiografia, pubblicata proprio nell'anno della morte.
Non c'è continente o territorio che questo artista non abbia visitato, dall'Europa all'Africa, dall'Asia alle Americhe e perfino l'Australia, a piedi in nave o a cavallo, sotto il sole del deserto o tra le nevi dell'Himalaya. Quest'illustre fiorentino aveva un'inesauribile curiosità e uno straordinario spirito di adattamento, doti che gli permisero di diventare giapponese nel Paese del Sol Levante e maghrebino in Egitto. Colto, acuto e reattivo dal punto di vista fisico, Arnold Henry fu in più cronista d'eccezione, autore di numerosi resoconti dei suoi viaggi. Il suo stile letterario fu scarno come si addiceva ad uno scienziato ma coinvolgente, come voleva il grande pubblico.
Non così la sua pittura. Matita, pennello e colori, tavolette e carta, furono compagni fidati dai quali non si separò mai nel corso delle sue avventure. Abile nel ritratto come nel paesaggio, Savage Landor aveva quella rara dote di riuscire nei suoi dipinti a fermare l'attimo. Come si trattasse di istantanee di vita, le sue tavolette brulicano di dettagli, scintillano di colori, diffondono emozioni, raccontano storie di un altrove che a fine Ottocento era per moltissimi ancora misterioso e perciò oltremodo affascinante.
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