Alberto Viani. Disegni, sculture e opere grafiche 1939-1984
Dal 06 Maggio 2017 al 08 Luglio 2017
Longiano | Forlì-Cesena
Luogo: Castello Malatestiano di Longiano
Indirizzo: piazza Malatestiana 1
Curatori: Giuseppe Appella
Enti promotori:
- In collaborazione con MIG - Museo Internazionale della Grafica di Castronuovo Sant’Andrea (PZ)
- Con il patrocinio di Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna
- Comune di Longiano
Costo del biglietto: ingresso alle mostre temporanee e all’esposizione permanente: intero 7 €, ridotto 5 € (over 65 anni, docenti, gruppi 10 persone min., convenzioni), ridotto speciale 3 € (studenti), gratuito (under 13 anni accompagnati, disabili e accompagnatori, giornalisti, residenti nel Comune di Longiano), FTB card 15 € (ingresso per un anno alle mostre e alle collezioni)
Telefono per informazioni: +39 0547665850
E-Mail info: comunicazione@fondazionetitobalestra.org
Sabato 6 maggio 2017, alle ore 18.00, alla Fondazione Tito Balestra nel Castello Malatestiano di Longiano, si inaugura la mostra antologica di Alberto Viani (Quistello di Mantova 1906 - Mestre 1989).
La mostra, realizzata con la collaborazione di Eva Viani e del MIG. Museo Internazionale della Grafica di Castronuovo Sant’Andrea (PZ), comprende 12 sculture datate 1939 - 1983, 30 disegni che coprono gli anni 1943 - 1984, e il corpus dell’opera grafica datato 1974-1984, con paralleli poetici (Petrarca, Mallarmé, Tristan Tzara, Gaston Puel) che hanno segnato la cultura del Novecento.
Le opere selezionate da Giuseppe Appella ripercorrono, dagli anni Trenta agli anni Ottanta del secolo appena trascorso, un laboratorio formale d’alta precisione, non dissimile da un compiuto sistema poetico chiuso, dove ogni segno, ogni gesto, ogni lieve o raggelato travolgimento, sulla carta o con il gesso, è stato montato e rimontato per essere identificato in rapporto alle sue origini, esplorato nei significati più segreti, verificato in tutte le sonorità e le luminosità di una modernità sconcertante. Viani stesso, in più occasioni, ha precisato che “la validità dell’opera non è il carattere di novità ma il modo personale di riprodurre la forma come presenza assoluta, come irrazionalità segreta: che è l’inconscio, il mistero, la realtà”. Perciò, risalire alle figure del mondo, l’uomo – la donna, rappresentate all’origine del primo segno sulla caverna, è come camminare verso la sorgente con la certezza di un linguaggio che separa il soggetto dalla realtà per uscire dai codici istituiti senza finire nella pura metafora.
Viani è perfettamente conscio di tutto ciò, tanto da cercare la creatività incessante in un solo tema, trasponendo un fatto di natura nella nozione pura del nudo, nell’effetto del corpo che ordina con efficacia l’essenza delle forme nel discorso plastico e riesce ad esprimere il senso e non il significato, sentimenti e pensieri, non simboli, secondo le leggi eterne dell’esistenza.
Speculatore del proprio e dell’altrui linguaggio, Viani parte da una superficie espressiva apparentemente semplice per impegnarsi nella decifrazione delle grandi forme che gli artisti ci hanno lasciato (la statuaria greca della fine del IV secolo o della prima metà del V secolo, il Kuros attico di Monaco, l’Apollo di olimpia, il romanico), cercando di mantenere viva la tensione che sale dal riemergere dei frammenti di memoria. È qui che avviene lo stacco dello stile di Martini e dai nomi variamente attribuitigli, di cui sembra assumere la grammatica strutturale riferibile, invece, alla cultura europea di quegli anni (Brancusi, Derain, Laurens, Arp, Moore, Signori), attenta a scegliere un modello di donna vagheggiata.
L’immagine raggiunta da Viani rappresenta un ideale di ascesi della forma della quale si vuole esplorare l’assoluto. Lì dove appare una parvenza di eros o una connessione di natura onirica, diventa subito chiaro il mero pretesto, perché tende a prevalere solo la tensione al puro movimento, come punto supplementare a un’idea strutturale, come idolo ritmato per sottrarlo all’importanza che la stessa sagoma ha assunto. Come a dire: coscienza di una cultura e dialogo perpetuo passato-presente. È stato lo stesso Viani a precisarlo: “L’artista scommette sempre su se stesso, e se riesce crea qualcosa che prima non c’era: l’opera che è il senso vissuto del suo essere nel mondo”.
Alberto Viani nasce a Quistello di Mantova nel 1906. Assistente di Arturo Martini, nel 1947 ne eredita la cattedra di Scultura all'Accademia di Venezia. I torsi maschili e femminili di questo periodo tendono già a una forte sintesi plastico- costruttiva della forma. Con il "Fronte Nuovo delle Arti" partecipa alla prima mostra presso la Galleria della Spiga a Milano, e successivamente alla XXIV Biennale di Venezia (dove vince il premio per un giovane scultore, tornerà con regolarità dal 1948 in poi, vincendo il Premio Internazionale per la Scultura nel 1966) e alla prima Quadriennale di Roma del dopoguerra (poi ancora nel 1955, 1965, dove riceve il Premio per la scultura, 1972, 1986). Dalla seconda metà degli anni Quaranta giungono i primi riconoscimenti dall'estero: partecipa alle Biennali di San Paolo del Brasile, alle Biennali di Carrara e al Museo Rodin di Parigi, il Museum of Modern Art di New York acquista un suo "Nudo" in gesso, in occasione della mostra dedicata all'arte italiana; dal 1953 al 1973 è regolarmente invitato alla Biennale di Scultura al Parc du Middelheim di Anversa, nel 1955 partecipa alla prima edizione di Documenta a Kassel (poi ancora nel 1959). Nel 1952 la Biennale di Venezia gli dedica una sala personale. Un sensibile assottigliamento delle forme si nota nelle opere esposte a metà degli anni Cinquanta nell'ambito della Biennale di Venezia del 1958, per ritornare, dagli anni Sessanta in poi, a una più plastica volumetria. Con le “Bagnanti” degli anni Settanta (Biennale di Venezia, 1972) si discosta dalla produzione precedente per la frontalità e l'estrema essenzialità.
Premio Presidente della Repubblica per la Scultura nel 1970, numerose sono le personali e le antologiche italiane che lo celebrano: a Padova, alla Biennale del Bronzetto del 1975; a Bergamo, alla Galleria Lorenzelli; a Venezia, nel 1977, presso Ca' Pesaro; a Prato nel 1980; alla Quadriennale romana del 1986; alla Biennale di Venezia del 1988. In questi anni, l’ideale classico della forma assoluta segna il distacco tra la sua opera e quella del suo maestro, sempre sviluppando il mito dell’uomo, ma gravando la figura “in quanto figura storica, di tutte le esperienze che il presente impedisce o di cui distrugge la memoria" (G. C. Argan).
Il fine di Viani non era l’evidente arcaismo ma una forma che, sviluppandosi con ritmo lento e ondoso nello spazio, sensibilizzando al limite massimo i profili dell’immagine virile o muliebre, trovasse una sintesi astratto-figurativa rasserenata da una vita interiore al limite dell’ascesi.
Muore nel 1989, il 10 ottobre, a Venezia. L'ultima antologica è del 2006 a Matera, nelle Chiese Rupestri.
Orari: dal martedì alla domenica e festivi ore 10-12 / 15-19
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