Stefano Grondona. Il negativo nell'arte
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Stefano Grondona, The secret world of Irene - Irene ci riprova number three, 2016, cartoncini intagliati e poliplat
Dal 25 Novembre 2017 al 06 Dicembre 2017
Genova
Luogo: SATURA art gallery
Indirizzo: piazza Stella 5/1
Orari: da lunedì a domenica ore 10-13 / 15-19
Curatori: Flavia Motolese, Mario Napoli
Telefono per informazioni: +39 010.24.68.284
E-Mail info: info@satura.it
Sito ufficiale: http://www.satura.it
A proposito della condizione esistenziale dell’artista, a cui spesso viene collegato il binomio genio e sregolatezza, è emblematica la vicenda di Stefano Grondona. Figura controversa ed eclettica, la cui prerogativa a distinguersi dal contesto di ricerca contemporaneo non è esternazione di vanità, ma l’ennesima dimostrazione del suo essere visceralmente aderente a ciò che crea: Grondona ha fatto della propria vita un’opera d’arte e delle sue opere la vita. Credo siano calzanti per definire la sua visione le parole che il critico Flavio Caroli dedica a De Dominicis: “Gino era bizzarro, perché la vita è bizzarra. Direi anzi che il suo pensiero più profondo consisteva nell’identificazione, direi quasi nella formalizzazione, delle bizzarrie della vita, che – per lui – coincidevano con il senso della vita stessa.” Quello che si apre è un mondo capovolto in cui realismo e visionarietà si fondono fino a sovvertire le regole. Per capire la produzione di questo artista, si devono ripercorrere le tappe che hanno portato alla realizzazione dei lavori che oggi rappresentano la sua cifra stilistica ed un esempio avanguardistico unico in Italia e forse nel mondo. Appassionato da sempre di disegno, Grondona si avvicina alla pittura e, dopo aver abbandonato il liceo artistico perché insufficiente a soddisfare la sua bramosia creativa, si dedica alla fotografia. Saranno proprio le sperimentazioni tecniche in questo ambito a determinare la sua visione in negativo della rappresentazione. Oltre la fotografia tradizionale, l’artista, anche influenzato dalle esperienze di Paolo Gioli e dalle indagini sul foro stenopeico, elabora una tecnica di incisione fotografica in cui, dopo aver realizzato un negativo di cartone, sviluppa l’immagine su carta emulsionata tramite esposizioni consecutive con l’ingranditore. Da qui deriva la tecnica dell’intaglio di cartoncini e successivo montaggio degli stessi in sequenza che oggi connota il suo lavoro: l’immagine che si ottiene è data dalla sovrapposizione dei vari strati, ma in negativo, poiché Grondona intaglia ed elimina la parte rappresentata, i pieni, realizzando un’operazione di sottrazione. Non solo, la profondità che viene ad acquisire l’opera determina un anamorfismo che ne accentua, esasperandola, la prospettiva interna. Sotto questo punto di vista è evidente anche l’influenza del cinema che permette all’opera di acquisire una sua valenza spaziale. La struttura dell’opera contribuisce alla sintesi perturbante delle figure simulando la normale visione impositiva della pellicola. Obiettivo principale dell’artista è suscitare un forte impatto psicologico che diventa, perciò, simile alla luce che impressiona la pellicola e attiva un meccanismo mentale tra l’opera e lo spettatore. Il suo modo di vedere e di comporre non conosce regole, entrare nell’universo immaginifico di Grondona, significa abbandonare l’ambito delle certezze e fronteggiare ambiguità di visione e, quindi, di comprensione perché l’insegnamento cardine è che non ci deve essere per forza un senso così come accade nella vita. Come testimoniano le sue parole: “Tale è l’enormità delle notizie che mi arrivano dalla superficie del nostro pianeta, tale, appunto, che mi costringe a variare costantemente nella produzione, con periodicità estrema: arrivo a quelli che chiamo degli “apparenti opposti” e cambio continuamente i soggetti; non ho una vera tematica se non la visionarietà.” Nella sua concezione l’arte è evoluzione costante, da cui deriva la ricerca continua di curiose associazioni visive ed inedite invenzioni che stupiscano e destabilizzino, ma nonostante questo ci sono temi che ricorrono come il dualismo amore e morte, l’assurdità dell’esistenza, il confronto con Dio, la violenza, la satira sociale, l’ipocrisia, la miseria della condizione umana, oltre a riferimenti musicali, letterari e cinematografici desunti dal suo immenso bagaglio culturale. Il senso tragico della vita che permea la sua arte lo lega istintivamente alle figure di Bacon, Munch e Van Gogh, che sono riferimento ed allusione in molte delle sue opere. Tutto alla fine converge ad alimentare il dubbio, l’enigmaticità simbolica, la percezione di catastrofe imminente. Grondona mette a nudo, con ironica crudeltà, la consapevolezza che la vita, in realtà, è una condanna.
(Testo critico a cura di Flavia Motolese)
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