Accenti

Alberto Timossi, Simone Pappalardo. Accenti, MU.SP.A.C., L'Aquila
Dal 11 Novembre 2012 al 25 Novembre 2012
L'Aquila
Luogo: MU.SP.A.C. - Museo Sperimentale d'Arte Contemporanea
Indirizzo: via Ficara, Piazza d'Arti
Telefono per informazioni: +39 338 2374725 / 349 6365670
E-Mail info: museosperimentale@libero.it
Sito ufficiale: http://www.museomuspac.com/
Sabato 10 novembre 2012 alle ore 19 presso la sede del MU.SP.A.C. in Piazza d’Arti (via P. Ficara), all’interno di “sPiazza la Piazza” - giornata di musica, teatro, arte e poesia che, a partire dalle 9,30, coinvolgerà tutte le associazioni presenti in Piazza d’Arti - l’artista Alberto Timossi presenterà, insieme al musicista-compositore Simone Pappalardo, la scultura sonora dal titolo “ACCENTI”.
L’opera, dal forte impatto visivo, dialoga con l’ambiente circostante creando un corto circuito fra lo spazio interno ed esterno del museo. Composta di due parti tubolari - una a terra e una sospesa - collegate fra loro da cavi tesi, l’opera modifica la percezione del luogo.
La sua tensione espressiva è data da un uso dei materiali e del colore che vogliono essere azione, gesto, rapporto evidente e tangibile con lo spazio. Il suono inoltre suggerisce una lettura temporale dell’opera, costituendo con la forma un’unità espressiva. Il timbro, che attraversa i tubi e si diffonde sulla piazza, scaturisce dalla conformazione della scultura e dall’interazione con lo spazio circostante.
Riprendendo alcuni concetti fondamentali del Minimalismo e della Land Art e instaurando un dialogo serrato tra arte e architettura, l’artista pone l’accento sull’importanza del rapporto con lo spazio e con lo spettatore. Quest’ultimo rappresenta infatti un punto cardinale nell’intervento artistico: l’opera diventa tale e si completa solo nel momento in cui lo spettatore interagisce e si confronta con essa, esplorandone il suono. Egli, rendendosi conto dell’esperienza che sta compiendo di fronte all’oggetto, crea uno slittamento dei significati e dei ruoli ed è il contesto stesso a diventare opera d’arte. Come sosteneva Robert Morris nel suo “Notes on Sculpture”, la scala dell’opera deve essere tale da confrontarsi con la dimensione del corpo umano: né troppo grande - rischierebbe di diventare architettura - né troppo piccola - rischierebbe di diventare oggetto - ma qualcosa che possa essere abbracciato in un solo sguardo.
Alberto Timossi e Simone Pappalardo vogliono recuperare la purezza degli elementi primari, l'essenza originaria dell'arte. Una scultura poderosa che tuttavia rifugge dalla monumentalità, creando un “accento” per un percorso esperienziale che, nella relazione tra percezione visiva e uditiva, ci conduce verso il disvelamento di nuovi mondi.
L’opera, dal forte impatto visivo, dialoga con l’ambiente circostante creando un corto circuito fra lo spazio interno ed esterno del museo. Composta di due parti tubolari - una a terra e una sospesa - collegate fra loro da cavi tesi, l’opera modifica la percezione del luogo.
La sua tensione espressiva è data da un uso dei materiali e del colore che vogliono essere azione, gesto, rapporto evidente e tangibile con lo spazio. Il suono inoltre suggerisce una lettura temporale dell’opera, costituendo con la forma un’unità espressiva. Il timbro, che attraversa i tubi e si diffonde sulla piazza, scaturisce dalla conformazione della scultura e dall’interazione con lo spazio circostante.
Riprendendo alcuni concetti fondamentali del Minimalismo e della Land Art e instaurando un dialogo serrato tra arte e architettura, l’artista pone l’accento sull’importanza del rapporto con lo spazio e con lo spettatore. Quest’ultimo rappresenta infatti un punto cardinale nell’intervento artistico: l’opera diventa tale e si completa solo nel momento in cui lo spettatore interagisce e si confronta con essa, esplorandone il suono. Egli, rendendosi conto dell’esperienza che sta compiendo di fronte all’oggetto, crea uno slittamento dei significati e dei ruoli ed è il contesto stesso a diventare opera d’arte. Come sosteneva Robert Morris nel suo “Notes on Sculpture”, la scala dell’opera deve essere tale da confrontarsi con la dimensione del corpo umano: né troppo grande - rischierebbe di diventare architettura - né troppo piccola - rischierebbe di diventare oggetto - ma qualcosa che possa essere abbracciato in un solo sguardo.
Alberto Timossi e Simone Pappalardo vogliono recuperare la purezza degli elementi primari, l'essenza originaria dell'arte. Una scultura poderosa che tuttavia rifugge dalla monumentalità, creando un “accento” per un percorso esperienziale che, nella relazione tra percezione visiva e uditiva, ci conduce verso il disvelamento di nuovi mondi.
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