Achille Perilli. Sculture, ceramiche, disegni, opere grafiche, libri d'artista, immagini e documenti dal 1946 al 2013
Dal 09 Ottobre 2013 al 06 Dicembre 2013
Matera
Luogo: MUSMA - Museo della Scultura Contemporanea Matera
Indirizzo: via San Giacomo
Orari: da martedì a domenica 10-14
Costo del biglietto: intero € 5, ridotto € 3
Telefono per informazioni: + 39 0835 336439/ 328 3292235
E-Mail info: ufficiostampa@musma.it
Sito ufficiale: http://www.musma.it
Continua il viaggio del MUSMA tra i maggiori rappresentanti delle avanguardie artistiche italiane del ‘900 e l’indagine sul “Gruppo Forma 1”. Dopo Consagra, Sanfilippo e Carla Accardi, tocca ad Achille Perilli (Roma, 1927) che nel 1947, anche con l’apporto di Piero Dorazio e Giulio Turcato, fonda il gruppo Forma 1, il cui manifesto proclama un deciso rifiuto di tutta l’arte realistico-figurativa. Pur nella grande varietà di soluzioni adottate sarà questo il filo conduttore della ricerca artistica di Perilli sin dagli anni cinquanta, quando alle prime aperture nei confronti dell’arte europea subentrano orientamenti verso il costruttivismo sovietico, il concretismo e l’astrattismo.
Le opere che saranno esposte nelle Sale della Caccia e nella Biblioteca Scheiwiller (20 tra sculture e ceramiche datate 1963-1997, 70 tra disegni, tempere e acquarelli datati 1946-2013) ripercorreranno l’intero percorso espressivo di Perilli.
Gli anni ‘50 sono, per l’artista romano, quelli della scoperta della forma e delle sperimentazioni sul colore. Perilli parte da una forma primaria, costruita anche attraverso la tecnica del collage e poi distrutta in una esplosione di segni che alla fine rigenerano una struttura. I colori di questi anni sono luminosi, accesi, ricordano Klee, di cui Perilli scrive: “Sentirsi elemento del cosmo e avvertire in sé qualcosa che è ancora cosmo produce quell’incontro tra poesia e pittura che è la sintesi raggiunta da Klee”.
Nel 1957 inizia a pubblicare con Gastone Novelli “L’esperienza moderna”, una rivista di cultura contemporanea, dove l’arte, nel puro spirito delle avanguardie, è intesa come un tutto unitario (pittura, poesia, musica, teatro, architettura, design), per “trovare una base comune ed ampliare la nostra comunicazione”. In questo contesto, Perilli comincia a sperimentare l’incisione e il linguaggio della stampa, vuole costruire una “comunicazione nuova” nella quale i rapporti con gli spettatori si fanno complessi. “Non è più la pittura, la bella pittura – scrive - il fine del discorso, ma solo uno degli strumenti per rendere visibile quanto ancora è ignoto nell’uomo e all’uomo”.
Agli anni ‘60 risalgono i “Fumetti”: riquadri - sequenza in cui l’artista alterna ironicamente segni, immagini e zone di colore. Nel 1963 partecipa alla prima riunione del Gruppo 63, recentemente analizzato al MUSMA in una mostra allestita per il cinquantenario della nascita. In quell’occasione realizza scene, proiezioni e costumi per lo spettacolo teatro Gruppo 63 alla sala Scarlatti di Palermo. Continuerà negli anni seguenti a realizzare scene e costumi per diversi spettacoli teatrali.
A partire dalla fine del decennio, l’opera di Perilli inizia a smarrire ogni preciso riferimento all’esistente, come se fosse pressato dagli “smottamenti che la memoria produce sui dati della percezione visiva”. Sono gli anni degli scritti teorici, il Manifesto della Folle Immagine nello Spazio Immaginario (1971) e Machinerie, ma chère machine (1972/1975) che è la continuazione di quella operazione di manipolazione della prospettiva definita dal Manifesto. “Machinerie” è un’operazione mentale atta a elaborare e a definire strutture variabili in continua modificazione e soprattutto non riscontrabili nella realtà.
Gabriella Drudi scrive che la geometria negata di Perilli è fatta di “incroci sbilenchi, triangoli supplementari, diagonali rientrate, ipotenuse ipertese, in un contorto ma non sconnesso schieramento di poliedri precari. Paiono le sue opere impregnate di uno humor di matrice dada-surrealista, sono “macchine produttrici di immaginazione” .
Nel 1982 scrive la Teoria dell'irrazionale geometrico, continuando a sostenere la necessità di spostarsi verso uno spazio immaginario. Nei quadri di quel periodo la geometria continua ad essere declinata nei modi più disparati, le strutture giocano tra bidimensionalità e tridimensionalità, o diventano spigolose e acute, si allungano tanto da poter continuare anche fuori della tela, con colori brillanti, quasi lucidi.
Tra gli anni novanta e il 2000 inizia la serie degli “Alberi”, i “Distorti”, i “Bianchi” e le “Ceramiche” Già negli anni 60 Perilli aveva affrontato la scultura con il ciclo delle “Colonne”. Attraverso la scultura vuole portare nel tridimensionale quello che ha costruito come immagine sulla superficie della pittura, cercando di coniugare ricerca dell’astrazione e rapporto con la natura. Gli alberi, in particolare, sono una “manifestazione dell’assoluta irrazionalità nell’estrema razionalità della natura”; le loro strutture lignee con la loro geometria essenziale e definita rappresentano il “luogo del sogno”.
L’esperienza maturata nel corso degli anni con preziosi libri d’artista, trova sbocco negli anni 90 in una vera e propria collana: la “Librericciuola”, 20 libri (dei quali, una selezione è esposta al MUSMA) con testi di poeti, scrittori, fotografi, musicisti, architetti, illustrati esclusivamente da sue incisioni.
Un lavoro, dunque che ha esplorato in profondità ogni sentiero dell’immaginazione, intendendola come hazard, come capacità di andare oltre ogni limite.
Le opere che saranno esposte nelle Sale della Caccia e nella Biblioteca Scheiwiller (20 tra sculture e ceramiche datate 1963-1997, 70 tra disegni, tempere e acquarelli datati 1946-2013) ripercorreranno l’intero percorso espressivo di Perilli.
Gli anni ‘50 sono, per l’artista romano, quelli della scoperta della forma e delle sperimentazioni sul colore. Perilli parte da una forma primaria, costruita anche attraverso la tecnica del collage e poi distrutta in una esplosione di segni che alla fine rigenerano una struttura. I colori di questi anni sono luminosi, accesi, ricordano Klee, di cui Perilli scrive: “Sentirsi elemento del cosmo e avvertire in sé qualcosa che è ancora cosmo produce quell’incontro tra poesia e pittura che è la sintesi raggiunta da Klee”.
Nel 1957 inizia a pubblicare con Gastone Novelli “L’esperienza moderna”, una rivista di cultura contemporanea, dove l’arte, nel puro spirito delle avanguardie, è intesa come un tutto unitario (pittura, poesia, musica, teatro, architettura, design), per “trovare una base comune ed ampliare la nostra comunicazione”. In questo contesto, Perilli comincia a sperimentare l’incisione e il linguaggio della stampa, vuole costruire una “comunicazione nuova” nella quale i rapporti con gli spettatori si fanno complessi. “Non è più la pittura, la bella pittura – scrive - il fine del discorso, ma solo uno degli strumenti per rendere visibile quanto ancora è ignoto nell’uomo e all’uomo”.
Agli anni ‘60 risalgono i “Fumetti”: riquadri - sequenza in cui l’artista alterna ironicamente segni, immagini e zone di colore. Nel 1963 partecipa alla prima riunione del Gruppo 63, recentemente analizzato al MUSMA in una mostra allestita per il cinquantenario della nascita. In quell’occasione realizza scene, proiezioni e costumi per lo spettacolo teatro Gruppo 63 alla sala Scarlatti di Palermo. Continuerà negli anni seguenti a realizzare scene e costumi per diversi spettacoli teatrali.
A partire dalla fine del decennio, l’opera di Perilli inizia a smarrire ogni preciso riferimento all’esistente, come se fosse pressato dagli “smottamenti che la memoria produce sui dati della percezione visiva”. Sono gli anni degli scritti teorici, il Manifesto della Folle Immagine nello Spazio Immaginario (1971) e Machinerie, ma chère machine (1972/1975) che è la continuazione di quella operazione di manipolazione della prospettiva definita dal Manifesto. “Machinerie” è un’operazione mentale atta a elaborare e a definire strutture variabili in continua modificazione e soprattutto non riscontrabili nella realtà.
Gabriella Drudi scrive che la geometria negata di Perilli è fatta di “incroci sbilenchi, triangoli supplementari, diagonali rientrate, ipotenuse ipertese, in un contorto ma non sconnesso schieramento di poliedri precari. Paiono le sue opere impregnate di uno humor di matrice dada-surrealista, sono “macchine produttrici di immaginazione” .
Nel 1982 scrive la Teoria dell'irrazionale geometrico, continuando a sostenere la necessità di spostarsi verso uno spazio immaginario. Nei quadri di quel periodo la geometria continua ad essere declinata nei modi più disparati, le strutture giocano tra bidimensionalità e tridimensionalità, o diventano spigolose e acute, si allungano tanto da poter continuare anche fuori della tela, con colori brillanti, quasi lucidi.
Tra gli anni novanta e il 2000 inizia la serie degli “Alberi”, i “Distorti”, i “Bianchi” e le “Ceramiche” Già negli anni 60 Perilli aveva affrontato la scultura con il ciclo delle “Colonne”. Attraverso la scultura vuole portare nel tridimensionale quello che ha costruito come immagine sulla superficie della pittura, cercando di coniugare ricerca dell’astrazione e rapporto con la natura. Gli alberi, in particolare, sono una “manifestazione dell’assoluta irrazionalità nell’estrema razionalità della natura”; le loro strutture lignee con la loro geometria essenziale e definita rappresentano il “luogo del sogno”.
L’esperienza maturata nel corso degli anni con preziosi libri d’artista, trova sbocco negli anni 90 in una vera e propria collana: la “Librericciuola”, 20 libri (dei quali, una selezione è esposta al MUSMA) con testi di poeti, scrittori, fotografi, musicisti, architetti, illustrati esclusivamente da sue incisioni.
Un lavoro, dunque che ha esplorato in profondità ogni sentiero dell’immaginazione, intendendola come hazard, come capacità di andare oltre ogni limite.
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