Agostino Ferrari. Segni del Tempo

Agostino Ferrari, Prosegno, 2017

 

Dal 21 Giugno 2018 al 28 Ottobre 2018

Milano

Luogo: Museo del Novecento

Indirizzo: piazza Duomo 8

Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e sabato 9.30-22.30

Curatori: Martina Corgnati

Enti promotori:

  • Comune di Milano

Telefono per informazioni: +39 02 88444061

E-Mail info: c.museo900@comune.milano.it

Sito ufficiale: http://www.museodelnovecento.org



Agostino Ferrari. “Alla fine del 1962 incominciai a usare il segno come scrittura non significante... oggi esiste ancora la consapevolezza del reale, che rappresento come ho sempre fatto, sviluppando un tema con segni e forme. Contemporaneamente esiste tutto quello che non conosco sull’uomo e la sua vita, una superficie nera che sta oltre l’esistenza, prima della nascita e dopo la morte, il vuoto e il buio, la limitatezza del nostro pensiero rispetto a quell’infinita- mente grande”.
Per oltre mezzo secolo Agostino Ferrari ha utilizzato il segno come strumento espressivo ca- pace di raccontare le sue emozioni personali e le sue reazioni verso la realtà esterna ma anche come cifra di un linguaggio partecipe del mainstream contemporaneo, fra post-informale, arte programmata, minimal, pop e i vari ritorni alla pittura. Pittura a cui Agostino Ferrari non ha mai voluto rinunciare, come i compagni che nel 1962 fondano con lui il gruppo del “Cenobio” (Angelo Verga, Ettore Sordini, Arturo Vermi e Ugo La Pietra), pur riducendola ai minimi ter- mini di un fraseggio grafico di moduli a-significanti tracciati nel colore, il cui vago modello visuale erano pagine di giornale: una tattica per coniugare la cronaca di un’epoca inquieta e radicale con un’intensa sensibilità, il pubblico con il privato. Dopo lo scioglimento del gruppo e due soggiorni negli USA, nella seconda metà degli anni Sessanta il lavoro di Ferrari acquista una consistenza oggettuale, in parallelo alle coeve esperienze degli amici Agostino Bonalumi, Enrico Castellani e soprattutto Dadamaino. Il segno diventa incisione concretamente pratica- ta sulla superficie, traccia rappresentata o filo metallico in rilievo (nel ciclo intitolato “Teatro del segno”); vengono effettuate anche ricerche sulla forma, ottenuta attraverso un metodo ri- goroso, di carattere processuale (“Forma totale”) che suscita l’interesse e l’apprezzamento di Lucio Fontana. Infine, dopo il segno, la forma e lo spazio, l’artista prende in considerazione il colore, indagato in relazione a diverse figure geometriche, con un procedimento lucidamente razionale e tale da evitare qualunque implicazione espressiva (le opere si intitolano “Segno, forma colore” e “Autoritratto”).

Alla fine degli anni Settanta, una fase di ripensamento e di bilanci definita “rifondazione” por- ta Ferrari a recuperare un segno più gestuale che da quel momento non lascerà più: moduli e grafie illeggibili, di consistenza diversa, talvolta impreziosite da uno spessore di sabbia nera vulcanica e brillante, si moltiplicano attraverso nuovi cicli che impegnano l’artista per alcuni decenni, dagli “Eventi” ai “Palinsesti” alle “Maternità”, dove uno schema centrale (matrice) è ri- petuto nella fascia più esterna del quadro, dando luogo a una ripresa con valori tonali invertiti; fino ai recenti “Oltre la soglia” e “Interno-esterno”, caratterizzati dalla presenza di uno squarcio colmo di impenetrabile nero in cui il segno si immerge o da cui fuoriesce, come per connettersi all’esperienza positiva della luce con l’indefinibile alterità del nuovo spazio rivelato da Lucio Fontana con i suoi squarci e i suoi fori nella tela.
La mostra. L’antologica allestita al Museo del Novecento ricostruisce l’intero percorso dell’ar- tista milanese; nel primo ambiente saranno esposte nove opere di formato grande o grandis- simo, pietre miliari che scandiscono l’ultima parte dell’itinerario di Agostino Ferrari dopo la “rifondazione”: dai Palinsesti ai recentissimi Prosegni (Interno/Esterno), compresa anche un’o- pera inedita, eseguita appositamente per l’occasione. L’archivio invece accoglierà una serie di pezzi piccoli, esemplificativi della prima parte del percorso, dai Racconti del 1963 ai Teatri del Segno, alle Forme totali agli studi per Autoritratto (l’Alfabeto) e le analisi del colore. Moltissi- mi gli studi e le carte, che offrono, per la prima volta, un prezioso insight sul metodo creativo e i processi seguiti dall’artista milanese nel suo lavoro. In totale verrà esposto un centinaio di opere originali. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Nomos Edizioni e curato da Martina Corgnati.

Il catalogo generale. In occasione della presente rassegna, giovedì 27 settembre verrà pre- sentato nella sala conferenze del Museo del Novecento il catalogo generale dell’opera di Ago- stino Ferrari, a cura di Martina Corgnati, pubblicato da Electa in occasione dell’ottantesimo compleanno dell’artista. Circa 2500 le opere documentate, esclusi i multipli e i progetti, oltre a testi critici e apparati bio-bibliografici.

Agostino Ferrari nasce a Milano il 9 novembre 1938. Espone per la prima volta nel 1961 alla galleria Pater, presentato da Giorgio Kaisserlian. Incontra Lucio Fontana e gli artisti con cui l’anno successivo fonderà il gruppo del Cenobio. I giovani milanesi vogliono “salvare al pittura” interpretandola e rinnovandola così da renderla gesto puro, primitivo ma al con- tempo proteso verso il futuro. La via da seguire è quella che porta alla nascita di una vera e propria “poetica del segno” dove la tecnica pittorica si riduce a grafia e la composizione a un sovrapporsi di tratti archetipici cifrati. Dopo lo scioglimento del gruppo, Ferrari continua a coltivare il segno come scrittura non significante. Nel 1966 espone a New York, alla Eve Gallery. Successivamente, tornato in Italia, elabora cicli oggettuali e processuali dedicati agli ingredienti della pittura, segno, forma e colore, vere e proprie “messe in scena” dal carattere“fondamentalmente plastico”, come scrive Lucio Fontana nel 1967. Questa ricerca lo condu- ce, nel 1975, all’Autoritratto, l’unica installazione prodotta in tutto il suo itinerario creativo, esposta per la prima volta all’Arte Fiera di Bologna con la Galleria L.P.220 di Torino e, l’anno successivo, nella mostra personale a Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Negli anni successivi, tra il 1976 e il 1978, Ferrari esegue l’Alfabeto, due serie di sei opere che sono la conseguenza dei suoi studi di Segno Forma Colore e che segnano la sintesi di quanto contenuto nell’Auto- ritratto. Nel 1978, dopo un soggiorno a Dallas dove espone l’Alfabeto presso la Contemporary Art Gallery, riemerge in lui l’esigenza di esprimersi con il segno puro ed entra in un periodo di “rifondazione”. Quasi contemporaneamente incomincia l’uso della sabbia vulcanica, che resterà caratteristica costante del suo lavoro fino ad oggi.
Agostino Ferrari ha esposto in centinaia di mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Fra le più importanti si ricordano soltanto le personali al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1976), al Palazzo Braschi di Roma (1992), alla Casa del Mantegna di Mantova (2010), alla Fon- dacion Frax di Alfas del Pi (Alicante, Spagna) (2011), al Palazzo Lombardia (2013).
Ha vinto il premio per l’incisione Joan Mirò (1971) e il premio alla carriera Bugatti-Segantini (2017). Nel 2007 ha realizzato alcune opere pubbliche permanenti nella piazza Borgoverde di Vimodrone, su incarico del gruppo Land (Landscape Architecture) di Milano. Ha lavorato con gallerie di primo piano in Europa come Franz Paludetto (Torino), Thomas Levy (Amburgo), Lorenzelli (Milano), Centro Steccata (Parma). Oggi è rappresentato da Ca’ di Fra’. Sue opere figurano fra l’altro nelle collezioni Manuli, Moratti e Rabolini.  
Inaugurazione giovedì 21 giugno ore 18    

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