Andrea Bassani - Personale
ANDREA BASSANI, “SENZA TITOLO”, CM 72X84, TELA SAGOMATA FIRMATA A LATO
Dal 14 Aprile 2012 al 28 Aprile 2012
Milano
Luogo: Galleria Pace
Indirizzo: piazza San Marco 1
Orari: da martedì a sabato 10-12:30/ 15:30-19
Telefono per informazioni: +39 02 6590147
E-Mail info: pace@galleriapace.com
Sito ufficiale: http://www.galleriapace.com
Vi sembrerà strano ma, nell'arte, il termine estroflessione ha molto più a che fare con una visione intimista e minimalista della vita piuttosto che con quella d'un carattere espansivo.Le shaked canvas, le tele estroflesse o sagomate, nascono negli anni Sessanta come forma artistica tesa a creare una dilatazione spaziale oltre le tradizionali dimensioni delle superfici piane.
Nulla di particolarmente nuovo. In fondo era già accaduto in passato. Per esempio nelle pale d'altare rinascimentali, quando i pittori cominciavano dal basso con dei gradini per introdurre la scena e in qualche modo accompagnare lo sguardo e gli spettatori stessi ad entrare e parteciparvi. Più tardi, durante il Barocco, la tela si fa spesso ovale, anche qui per cercare di uscire in qualche modo dalle prigioni della bi-dimensionalità. L'unica, ma fondamentale, differenza è che -ovviamente- dopo la metà del XX secolo, questa spinta propulsiva non poteva che accendere i suoi motori sulle fondamenta dell'astrattismo. Se è vero che l'Impressionismo era riuscito a rendere autonomo il colore, dalla verosimiglianza al reale, altrettanto aveva fatto il Cubismo con le forme. Forma e colore rispondono ora soltanto a criteri di assonanze o dissonanze estetiche. Senza nulla dovere all'immagine reale masticata e digerita dalla tecnologia.
Così gli accorgimenti per 'bucare', 'tagliare' avrebbe detto Lucio Fontana, comunque uscire dalla tela, si avvalgono di sagome persino irregolari e quasi sempre monocromatiche. Il fine è quello di determinare un sinuoso, sottile e poetico gioco di luci e ombre capaci di creare un'illusione cinetica. Un movimento sobbalzante del colore tra dietro, sopra e fuori. Così forte da conferire all'opera un che di quasi "oggettivo". O meglio di un'immagine che esiste e sta lì solo per sé.
Non per alludere o significare altro. Le ricerche statunitensi di Frank Stella verso la metà degli anni Sessanta sono inquadrabili nella neo-avanguardia di arte minimal newyorchese, in particolare nel movimento "Top Art" del 1966.In Gran Bretagna il leader è Richard Smith. Mentre già dalla fine degli anni Cinquanta lo Spazialismo di Fontana e alcune combustioni di Burri possono senza dubbio essere letti come significative anticipazioni degli esponenti principali di questa corrente: Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Luigi
Malice. Per accostarsi ai lavori di Andrea Bassani (classe 1956) è indispensabile conoscere questi antefatti. La spinta propulsiva dello Spazialismo fu così forte da essere ancora viva oggi. Le opere di Andrea fanno scorrere il colore come fluido, incanalato da solchi neri. Incorniciando i bottoni e le venature che emergono dalle tele come una sorta di teatrino delle ombre cinesi. In questo modo, come appunto volevano i maestri antesignani dell'estroflessione, i bianchi, i blu, i rossi e i neri non sono mai colori compiuti. Pur essendo nella struttura monocrome, queste superfici si arricchiscono di movimenti e di ombre. Lasciando spazi persino a immagignifiche e suggestive sinestesie acustiche. Personalmente sono rimasto colpito dalla serie dei neri, credo per un semplice motivo. Le sagome della tela sul nero moltiplicano i riflessi della luce esterna, creando dei rimbalzi quasi fluorescenti. Mentre il bianco risulta più lirico e poetico. Ovviamente anche i rossi e i blu hanno le loro ragioni, specifiche e oggettive. Ciascun singolo colore si trasforma sotto le gobbe matematiche della tela. Il lavoro di Bassani è molto suggestivo anche nelle composizioni bicromatiche.
In ogni caso la tela si trasforma sempre in una sorta di ideale materasso cromatico. Che naviga, anziché sull'acqua, nella luce. Devo dunque fare i complimenti all'autore che mostra una semplicità giocosa nel manipolare l'orizzonte piatto trasformando la pittura in una scultura del futuro. Ma devo anche complimentarmi con il gallerista Gimmi Stefanini che con il tema dell'estroflessività ha in archivio molti ricordi, da parte di padre e di nonno. Se ben ricordo Agostino Bonalumi fece, nel lontano 1962, una mostra alla Eidac (acronimo di Ente Internazionale D'Arte Contemporanea), la galleria fondata dal nonno e dal papà di Gimmi nel 1955. I primi anni Sessanta non erano certo generosi con quel tipo di espressione artistica e infatti mi risulta che nessuna opera di quella esposizione fu venduta. Ma l'aspetto incredibile di questa storia me l'ha raccontata Gimmi nei giorni scorsi. "L'amico Agostino, per aiutare nei pagamenti dell'allestimento espositivo e del testo critico, al termine lasciò a mio padre tutte le opere esposte. Benchè allora il valore delle stesse fosse prossimo allo zero". Dei due nonni fu quello paterno (industriale attivo
nella lavorazione delle erbe palustri mantovane) a finanziare la galleria. L'altro, quello materno, "era un agricoltore diretto -racconta Gimmi- e si occupava molto di politica. Nel 1949, ricevette un diploma d'onore della CGIL, firmato dall'On. Giuseppe di Vittorio, che conservo gelosamente nel mio studio". Va bene, ma torniamo alle opere di Bonalumi. Che fine hanno fatto? "Ahh se te lo racconto...". Racconta. "Quei quadri, una trentina circa, finirono nel magazzino del nonno materno.
Non valevano nulla. Anzi, chi li vedeva li canzonava. Le estroflessioni erano fatte con all'interno della paglia. Il nonno, aveva un granaio umido.
E pensò bene, senza la contrarietà di alcuno, di rivestire con quei quadri il perimetro del suo granaio. Dopodiché vi depositò il grano, pensandolo così all'asciutto...". Non ci credo...sembra la storia del quadro di Van Gogh dato per pagare la pigione e messo a toppare una buca del pollaio.. "Sì esatto, Paolo. Sai che fine fecero quei quadri degli anni Sessanta che oggi varrebbero quasi tre milioni di euro?... Furono mangiati dai topi!".
Incredibile. "Sì, a dire il vero se ne salvarono due. Uno lo utilizzai negli anni Settanta scambiandolo con l'amico Remo Brindisi che mi diede una sua opera di pari misura. Ora il Brindisi vale massimo dieci, dodici mila euro mentre il Bonalumi centomila. Penso sia esposto al museo Brindisi di Lido di Spina. L'altro lo ritornai ad Agostino in cambio di un'opera più piccola blu, che vendetti alla Galleria Il Castello di via Brera per ottocento mila lire". Ecco un piccolo pezzo di storia dell'arte. Di quelle vissute sul serio. Nonno e papà Stefanini con l'estroflessione fecero -come si suol dire- un bel buco nell'acqua. Se è vero che l'esperienza insegna ora però con i quadri di Andrea Bassani la guardia si è davvero alzata. State sicuri che chi acquisterà una sua opera, dopo aver letto questa storia, di sicuro non permetterà a nessuno di confinarla nemmeno in caldo solaio. Buone
estro-flessioni a tutti!
Nulla di particolarmente nuovo. In fondo era già accaduto in passato. Per esempio nelle pale d'altare rinascimentali, quando i pittori cominciavano dal basso con dei gradini per introdurre la scena e in qualche modo accompagnare lo sguardo e gli spettatori stessi ad entrare e parteciparvi. Più tardi, durante il Barocco, la tela si fa spesso ovale, anche qui per cercare di uscire in qualche modo dalle prigioni della bi-dimensionalità. L'unica, ma fondamentale, differenza è che -ovviamente- dopo la metà del XX secolo, questa spinta propulsiva non poteva che accendere i suoi motori sulle fondamenta dell'astrattismo. Se è vero che l'Impressionismo era riuscito a rendere autonomo il colore, dalla verosimiglianza al reale, altrettanto aveva fatto il Cubismo con le forme. Forma e colore rispondono ora soltanto a criteri di assonanze o dissonanze estetiche. Senza nulla dovere all'immagine reale masticata e digerita dalla tecnologia.
Così gli accorgimenti per 'bucare', 'tagliare' avrebbe detto Lucio Fontana, comunque uscire dalla tela, si avvalgono di sagome persino irregolari e quasi sempre monocromatiche. Il fine è quello di determinare un sinuoso, sottile e poetico gioco di luci e ombre capaci di creare un'illusione cinetica. Un movimento sobbalzante del colore tra dietro, sopra e fuori. Così forte da conferire all'opera un che di quasi "oggettivo". O meglio di un'immagine che esiste e sta lì solo per sé.
Non per alludere o significare altro. Le ricerche statunitensi di Frank Stella verso la metà degli anni Sessanta sono inquadrabili nella neo-avanguardia di arte minimal newyorchese, in particolare nel movimento "Top Art" del 1966.In Gran Bretagna il leader è Richard Smith. Mentre già dalla fine degli anni Cinquanta lo Spazialismo di Fontana e alcune combustioni di Burri possono senza dubbio essere letti come significative anticipazioni degli esponenti principali di questa corrente: Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Luigi
Malice. Per accostarsi ai lavori di Andrea Bassani (classe 1956) è indispensabile conoscere questi antefatti. La spinta propulsiva dello Spazialismo fu così forte da essere ancora viva oggi. Le opere di Andrea fanno scorrere il colore come fluido, incanalato da solchi neri. Incorniciando i bottoni e le venature che emergono dalle tele come una sorta di teatrino delle ombre cinesi. In questo modo, come appunto volevano i maestri antesignani dell'estroflessione, i bianchi, i blu, i rossi e i neri non sono mai colori compiuti. Pur essendo nella struttura monocrome, queste superfici si arricchiscono di movimenti e di ombre. Lasciando spazi persino a immagignifiche e suggestive sinestesie acustiche. Personalmente sono rimasto colpito dalla serie dei neri, credo per un semplice motivo. Le sagome della tela sul nero moltiplicano i riflessi della luce esterna, creando dei rimbalzi quasi fluorescenti. Mentre il bianco risulta più lirico e poetico. Ovviamente anche i rossi e i blu hanno le loro ragioni, specifiche e oggettive. Ciascun singolo colore si trasforma sotto le gobbe matematiche della tela. Il lavoro di Bassani è molto suggestivo anche nelle composizioni bicromatiche.
In ogni caso la tela si trasforma sempre in una sorta di ideale materasso cromatico. Che naviga, anziché sull'acqua, nella luce. Devo dunque fare i complimenti all'autore che mostra una semplicità giocosa nel manipolare l'orizzonte piatto trasformando la pittura in una scultura del futuro. Ma devo anche complimentarmi con il gallerista Gimmi Stefanini che con il tema dell'estroflessività ha in archivio molti ricordi, da parte di padre e di nonno. Se ben ricordo Agostino Bonalumi fece, nel lontano 1962, una mostra alla Eidac (acronimo di Ente Internazionale D'Arte Contemporanea), la galleria fondata dal nonno e dal papà di Gimmi nel 1955. I primi anni Sessanta non erano certo generosi con quel tipo di espressione artistica e infatti mi risulta che nessuna opera di quella esposizione fu venduta. Ma l'aspetto incredibile di questa storia me l'ha raccontata Gimmi nei giorni scorsi. "L'amico Agostino, per aiutare nei pagamenti dell'allestimento espositivo e del testo critico, al termine lasciò a mio padre tutte le opere esposte. Benchè allora il valore delle stesse fosse prossimo allo zero". Dei due nonni fu quello paterno (industriale attivo
nella lavorazione delle erbe palustri mantovane) a finanziare la galleria. L'altro, quello materno, "era un agricoltore diretto -racconta Gimmi- e si occupava molto di politica. Nel 1949, ricevette un diploma d'onore della CGIL, firmato dall'On. Giuseppe di Vittorio, che conservo gelosamente nel mio studio". Va bene, ma torniamo alle opere di Bonalumi. Che fine hanno fatto? "Ahh se te lo racconto...". Racconta. "Quei quadri, una trentina circa, finirono nel magazzino del nonno materno.
Non valevano nulla. Anzi, chi li vedeva li canzonava. Le estroflessioni erano fatte con all'interno della paglia. Il nonno, aveva un granaio umido.
E pensò bene, senza la contrarietà di alcuno, di rivestire con quei quadri il perimetro del suo granaio. Dopodiché vi depositò il grano, pensandolo così all'asciutto...". Non ci credo...sembra la storia del quadro di Van Gogh dato per pagare la pigione e messo a toppare una buca del pollaio.. "Sì esatto, Paolo. Sai che fine fecero quei quadri degli anni Sessanta che oggi varrebbero quasi tre milioni di euro?... Furono mangiati dai topi!".
Incredibile. "Sì, a dire il vero se ne salvarono due. Uno lo utilizzai negli anni Settanta scambiandolo con l'amico Remo Brindisi che mi diede una sua opera di pari misura. Ora il Brindisi vale massimo dieci, dodici mila euro mentre il Bonalumi centomila. Penso sia esposto al museo Brindisi di Lido di Spina. L'altro lo ritornai ad Agostino in cambio di un'opera più piccola blu, che vendetti alla Galleria Il Castello di via Brera per ottocento mila lire". Ecco un piccolo pezzo di storia dell'arte. Di quelle vissute sul serio. Nonno e papà Stefanini con l'estroflessione fecero -come si suol dire- un bel buco nell'acqua. Se è vero che l'esperienza insegna ora però con i quadri di Andrea Bassani la guardia si è davvero alzata. State sicuri che chi acquisterà una sua opera, dopo aver letto questa storia, di sicuro non permetterà a nessuno di confinarla nemmeno in caldo solaio. Buone
estro-flessioni a tutti!
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