Dalla realtà all’immaginazione nelle opere di Mario Giacomelli, Ferdinando Scianna e Gian Paolo Barbieri
Dal 10 Maggio 2013 al 12 Maggio 2013
Milano
Luogo: Superstudio Più
Indirizzo: via Tortona 27
Orari: venerdì e sabato 11-21; domenica 11-20
Costo del biglietto: intero € 15, ridotto € 12
Telefono per informazioni: +39 051 222837
E-Mail info: info@artistocratic.com
Sito ufficiale: http://www.artistocratic.com
La galleria Artistocratic presenta in occasione del MIA Milan Image Art Fair - dal 10 al 12 maggio 2013 presso Superstudio Più a Milano - un’esposizione con tre grandi nomi della fotografia d’autore: Mario Giacomelli, Ferdinando Scianna e Gian Paolo Barbieri.
Un racconto che si snoda tra realtà e immaginazione attraverso oltre 40 opere di tre artisti che hanno portato al mondo della fotografia, una visione e un taglio unici, con percorsi e stili diversi, ma ugualmente innovativi. La realtà trasfigurata nel bianco e nero di Mario Giacomelli, una ricerca che affronta anche i linguaggi dell’arte contemporanea quali la performance, la land art, l’astrattismo e l’informale. Il teatro del reale di Ferdinando Scianna fatto di volti intensi, di contrasti, di luci e ombre che ripercorre la sua storia di reportage tra incontri, viaggi, bambini, città. Il teatro di Gian Paolo Barbieri è, invece, pura immaginazione con la creazione di scenari onirici e surreali che drammatizzano il messaggio. Ed è difficile trattenere un sorriso complice davanti alle sue immagini, per quell’ironia tagliente e quella voglia di giocare che riporta la moda, e forse anche noi stessi, coi piedi per terra, quasi invitando a non prendersi troppo sul serio.
"L’immagine è un prodotto di una forza interiore senza volto che esplode dentro lo spazio. Cambio la realtà per dare un senso al soggetto. Scompongo e ricompongo per significare...”. Le opere esposte appartengono all'Archivio Mario Giacomelli di Sassoferrato, di cui Artistocratic è rappresentante esclusivo, e rivelano gli ultimi trent'anni di uno degli autori più amati e potenti della fotografia italiana. “Il doppio sguardo” di Giacomelli - come l'ha definito Achille Bonito Oliva nell'introduzione del volume “Mario Giacomelli. Sotto la pelle del reale”, edito da 24 ORE Cultura e curato da Katiuscia Biondi, Marina Itolli e Catia Zucchetti - entra nelle pieghe della realtà, ne identifica i simboli, ne trova l’essenza fino quasi ad astrarre l’oggetto e trasformarlo in emozione, idea, poesia. Le terre della campagna marchigiana nelle serie “Metamorfosi della terra” e “Presa di coscienza sulla natura” sono come “le mani dei contadini, queste rughe, queste pieghe, mi davano l’idea dei solchi che aveva la terra” e i solchi di un albero in “Motivo suggerito dal taglio dell'albero” formano “il volto che doveva avere il contadino, il contadino che mentre lo fotografavo non aveva l'espressione che volevo”. I fili di ferro ritrovati danno il la alla creazione di opere astratte, perché per Giacomelli “l'astrazione è un modo di avvicinarsi ancora di più alla realtà”. E poi il mare che diventa un infinito leopardiano, un limite e un orizzonte, ed è il soggetto del suo primo scatto “L’approdo” e del suo ultimo lavoro “La domenica prima”. Il mare si trasforma nel teatro dal quale silenziosamente Giacomelli esce di scena.
“L’antropologia, nel senso dell’interesse per quello che succede ai miei simili intorno a me, mi ha spinto, ancora ragazzo, a occuparmi della vita che mi circondava e anche delle feste religiose in Sicilia. Il mio mestiere mi ha poi portato a viaggiare a collezionare altre immagini. Per un reporter, viaggiare e fare il fotografo sono quasi sinonimi. La moda ha aperto altri orizzonti.” Ecco la sintesi di Ferdinando Scianna, nella sua “intervista immaginaria”. Maestro della fotografia a livello internazionale, grande amico di Leonardo Sciascia, che lo definì un "fotografo nato", e di Henri Cartier Bresson, che lo vide entrare, primo tra gli italiani, nella storica Agenzia Magnum. In cinquant'anni di carriera Ferdinando Scianna ci ha regalato uno straordinario patrimonio di immagini: dalle “Feste religiose in Sicilia”, con cui vinse il prestigioso Premio Nadar, alla fotografia di reportage, fino alle campagne pubblicitarie per Dolce&Gabbana.
Le opere in mostra sono un viaggio che parte dalla sua Sicilia, quella dei riti religiosi, dove le immagini sono costruite a partire dall’ombra, per poi spostare lo sguardo nelle grandi metropoli e da lì raggiungere mete più lontane e scoprire i giochi dei bambini a Benares. E ancora altri luoghi, immersi nella coltre di neve: la vicina Val Padana o la più lontana Osaka, dove il paesaggio, le cose, le persone si trasformano, grazie all’ironico sguardo del fotografo. Infine si ritorna in Sicilia, dove Scianna si trova a essere, quasi per caso, il regista di Marpessa per D&G. “Non ho mai fotografato la moda, ma una donna che indossa certe vesti [...] la moda non è un oggetto se tu la inserisci nel mondo [...] la fotografia di moda diventa una specie di metateatro della fotografia di reportage”.
"Gian Paolo Barbieri come un artista-artigiano del Rinascimento? In realtà la sua fotografia di moda, soprattutto negli anni ’70, ha la struttura e il perfezionismo, la ricostruzione maniacale dei dettagli e la “grandeur” di un'opera classica, a tratti... leonardesca!” Così la grande giornalista di moda Anna Piaggi ritrae il lavoro di Gian Paolo Barbieri che ha saputo creare, fin dagli anni ’60, la giusta liaison tra moda e arte contemporanea. La teatralità dei suoi set porta Barbieri a diventare uno degli interpreti prediletti del made in Italy, da Valentino ad Armani, da Versace a Ferré. Ed ecco che per Vogue France una candida Jill Kennington si ritrova a Port Sudan, in equilibrio sul cornicione di un capannone, mentre alle sue spalle un dromedario viene sollevato con un argano...In mostra un’inedita selezione di scatti vintage del 1969 per un servizio di Valentino. Pezzi unici che rivelano una Audrey Hepburn “al naturale”, come sempre sorridente e ironica, avvolta in abiti di raso senza tempo. Il suo obiettivo ha catturato anche il mondo dell'arte, come gli inglesi Gilbert&George, fotografati come sculture viventi per l’Uomo Vogue nel 1995. Barbieri ha cambiato la tecnica della fotografie di moda, con il suo particolare studio delle luci e la scelta di ambientazioni esterne, perché per lui “la foto di moda è un’emozione sui nostri sensi. È una sensazione e una seduzione...”
Un racconto che si snoda tra realtà e immaginazione attraverso oltre 40 opere di tre artisti che hanno portato al mondo della fotografia, una visione e un taglio unici, con percorsi e stili diversi, ma ugualmente innovativi. La realtà trasfigurata nel bianco e nero di Mario Giacomelli, una ricerca che affronta anche i linguaggi dell’arte contemporanea quali la performance, la land art, l’astrattismo e l’informale. Il teatro del reale di Ferdinando Scianna fatto di volti intensi, di contrasti, di luci e ombre che ripercorre la sua storia di reportage tra incontri, viaggi, bambini, città. Il teatro di Gian Paolo Barbieri è, invece, pura immaginazione con la creazione di scenari onirici e surreali che drammatizzano il messaggio. Ed è difficile trattenere un sorriso complice davanti alle sue immagini, per quell’ironia tagliente e quella voglia di giocare che riporta la moda, e forse anche noi stessi, coi piedi per terra, quasi invitando a non prendersi troppo sul serio.
"L’immagine è un prodotto di una forza interiore senza volto che esplode dentro lo spazio. Cambio la realtà per dare un senso al soggetto. Scompongo e ricompongo per significare...”. Le opere esposte appartengono all'Archivio Mario Giacomelli di Sassoferrato, di cui Artistocratic è rappresentante esclusivo, e rivelano gli ultimi trent'anni di uno degli autori più amati e potenti della fotografia italiana. “Il doppio sguardo” di Giacomelli - come l'ha definito Achille Bonito Oliva nell'introduzione del volume “Mario Giacomelli. Sotto la pelle del reale”, edito da 24 ORE Cultura e curato da Katiuscia Biondi, Marina Itolli e Catia Zucchetti - entra nelle pieghe della realtà, ne identifica i simboli, ne trova l’essenza fino quasi ad astrarre l’oggetto e trasformarlo in emozione, idea, poesia. Le terre della campagna marchigiana nelle serie “Metamorfosi della terra” e “Presa di coscienza sulla natura” sono come “le mani dei contadini, queste rughe, queste pieghe, mi davano l’idea dei solchi che aveva la terra” e i solchi di un albero in “Motivo suggerito dal taglio dell'albero” formano “il volto che doveva avere il contadino, il contadino che mentre lo fotografavo non aveva l'espressione che volevo”. I fili di ferro ritrovati danno il la alla creazione di opere astratte, perché per Giacomelli “l'astrazione è un modo di avvicinarsi ancora di più alla realtà”. E poi il mare che diventa un infinito leopardiano, un limite e un orizzonte, ed è il soggetto del suo primo scatto “L’approdo” e del suo ultimo lavoro “La domenica prima”. Il mare si trasforma nel teatro dal quale silenziosamente Giacomelli esce di scena.
“L’antropologia, nel senso dell’interesse per quello che succede ai miei simili intorno a me, mi ha spinto, ancora ragazzo, a occuparmi della vita che mi circondava e anche delle feste religiose in Sicilia. Il mio mestiere mi ha poi portato a viaggiare a collezionare altre immagini. Per un reporter, viaggiare e fare il fotografo sono quasi sinonimi. La moda ha aperto altri orizzonti.” Ecco la sintesi di Ferdinando Scianna, nella sua “intervista immaginaria”. Maestro della fotografia a livello internazionale, grande amico di Leonardo Sciascia, che lo definì un "fotografo nato", e di Henri Cartier Bresson, che lo vide entrare, primo tra gli italiani, nella storica Agenzia Magnum. In cinquant'anni di carriera Ferdinando Scianna ci ha regalato uno straordinario patrimonio di immagini: dalle “Feste religiose in Sicilia”, con cui vinse il prestigioso Premio Nadar, alla fotografia di reportage, fino alle campagne pubblicitarie per Dolce&Gabbana.
Le opere in mostra sono un viaggio che parte dalla sua Sicilia, quella dei riti religiosi, dove le immagini sono costruite a partire dall’ombra, per poi spostare lo sguardo nelle grandi metropoli e da lì raggiungere mete più lontane e scoprire i giochi dei bambini a Benares. E ancora altri luoghi, immersi nella coltre di neve: la vicina Val Padana o la più lontana Osaka, dove il paesaggio, le cose, le persone si trasformano, grazie all’ironico sguardo del fotografo. Infine si ritorna in Sicilia, dove Scianna si trova a essere, quasi per caso, il regista di Marpessa per D&G. “Non ho mai fotografato la moda, ma una donna che indossa certe vesti [...] la moda non è un oggetto se tu la inserisci nel mondo [...] la fotografia di moda diventa una specie di metateatro della fotografia di reportage”.
"Gian Paolo Barbieri come un artista-artigiano del Rinascimento? In realtà la sua fotografia di moda, soprattutto negli anni ’70, ha la struttura e il perfezionismo, la ricostruzione maniacale dei dettagli e la “grandeur” di un'opera classica, a tratti... leonardesca!” Così la grande giornalista di moda Anna Piaggi ritrae il lavoro di Gian Paolo Barbieri che ha saputo creare, fin dagli anni ’60, la giusta liaison tra moda e arte contemporanea. La teatralità dei suoi set porta Barbieri a diventare uno degli interpreti prediletti del made in Italy, da Valentino ad Armani, da Versace a Ferré. Ed ecco che per Vogue France una candida Jill Kennington si ritrova a Port Sudan, in equilibrio sul cornicione di un capannone, mentre alle sue spalle un dromedario viene sollevato con un argano...In mostra un’inedita selezione di scatti vintage del 1969 per un servizio di Valentino. Pezzi unici che rivelano una Audrey Hepburn “al naturale”, come sempre sorridente e ironica, avvolta in abiti di raso senza tempo. Il suo obiettivo ha catturato anche il mondo dell'arte, come gli inglesi Gilbert&George, fotografati come sculture viventi per l’Uomo Vogue nel 1995. Barbieri ha cambiato la tecnica della fotografie di moda, con il suo particolare studio delle luci e la scelta di ambientazioni esterne, perché per lui “la foto di moda è un’emozione sui nostri sensi. È una sensazione e una seduzione...”
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