Enea Salmeggia, il Talpino

Enea Salmeggia, il Talpino, Pinacoteca di Brera
Dal 13 Dicembre 2012 al 10 Marzo 2013
Milano
Luogo: Pinacoteca di Brera
Indirizzo: via Brera 28
Orari: da martedì a domenica 8.30-19.15
Enti promotori:
- Intesa Sanpaolo
- Soprintendenza BSAE Milano
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 7
Telefono per informazioni: +39 02 722631
E-Mail info: brera.artimi@arti.beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.brera.beniculturali.it
Brera mai vista, giunta grazie al generoso sostegno di Intesa Sanpaolo alla ventottesima edizione, presenta al pubblico della Pinacoteca la Deposizione dalla croce di Enea Salmeggia detto il Talpino, commentata nel catalogo-dossier da testi di Mariolina Olivari e di Annarosa Nicola.
La Deposizione, arrivata a Brera nel 1802, proviene dalla chiesa di san Leonardo a Bergamo, che all’epoca dell’esecuzione della pala (1602) apparteneva ancora all’antichissimo ordine dei Crociferi, soppresso da papa Alessandro VI nel 1656.
La pala era considerata uno dei capolavori di Salmeggia, detto il “Raffaello” bergamasco. Il purismo di Salmeggia, che si concretizzò anche nella stesura di un “Trattato di proporzioni” mai dato alle stampe, attraversò i secoli con inalterata stima. Le notizie sull’artista scarseggiano: non conosciamo l’anno di nascita, da collocarsi forse intorno al 1565, e la formazione resta misteriosa. L’apprendistato a Milano presso i Procaccini e i quattordici anni a Roma per studiare Raffaello tramandati dai biografi sono assai improbabili sia per ragioni cronologiche che stilistiche. Sono invece continui, nelle sue opere, i richiami alle prove bergamasche di Lorenzo Lotto, che appaiono però depurati da ogni passionale concitazione e trasferiti in un contesto che sfiora l’accademismo.
La Deposizione di Brera è un esempio paradigmatico di quanto laboriosa e lunga fosse l’elaborazione dell’artista, sempre alla ricerca di un’ideale perfezione. Non si contano i pentimenti e le correzioni intervenuti in corso d’opera, evidenziati dalle indagini diagnostiche e in molti casi visibili anche a occhio nudo. Quasi tutte le mani e molti dei profili delle figure risultano corretti e sono state cancellate numerose figure che sono ora visibili nelle indagini riflettografiche. Salmeggia concepisce la deposizione come un vero e proprio dramma sacro. Ogni personaggio è studiato con posture e atteggiamenti diversi per regolare “gli affetti”, cioè la portata emozionale di ciascun attore. In primo piano sono disposte figure di quinta avvolte in smaglianti vesti gialle, rosa e aranciate, contraddistinte da eleganti panneggi studiati sulla statuaria antica. I gesti dei protagonisti sono finalizzati ad “invitare” i devoti alla partecipazione secondo i dettami postridentini, di cui il Talpino fu un interprete apprezzatissimo. Il recente restauro è stato finanziato da Pirelli spa tramite l’Associazione Amici di Brera e realizzato da Nicola Restauri. L’intervento permette ora di apprezzare anche la raffinatezza cromatica del maestro bergamasco.
La Deposizione, arrivata a Brera nel 1802, proviene dalla chiesa di san Leonardo a Bergamo, che all’epoca dell’esecuzione della pala (1602) apparteneva ancora all’antichissimo ordine dei Crociferi, soppresso da papa Alessandro VI nel 1656.
La pala era considerata uno dei capolavori di Salmeggia, detto il “Raffaello” bergamasco. Il purismo di Salmeggia, che si concretizzò anche nella stesura di un “Trattato di proporzioni” mai dato alle stampe, attraversò i secoli con inalterata stima. Le notizie sull’artista scarseggiano: non conosciamo l’anno di nascita, da collocarsi forse intorno al 1565, e la formazione resta misteriosa. L’apprendistato a Milano presso i Procaccini e i quattordici anni a Roma per studiare Raffaello tramandati dai biografi sono assai improbabili sia per ragioni cronologiche che stilistiche. Sono invece continui, nelle sue opere, i richiami alle prove bergamasche di Lorenzo Lotto, che appaiono però depurati da ogni passionale concitazione e trasferiti in un contesto che sfiora l’accademismo.
La Deposizione di Brera è un esempio paradigmatico di quanto laboriosa e lunga fosse l’elaborazione dell’artista, sempre alla ricerca di un’ideale perfezione. Non si contano i pentimenti e le correzioni intervenuti in corso d’opera, evidenziati dalle indagini diagnostiche e in molti casi visibili anche a occhio nudo. Quasi tutte le mani e molti dei profili delle figure risultano corretti e sono state cancellate numerose figure che sono ora visibili nelle indagini riflettografiche. Salmeggia concepisce la deposizione come un vero e proprio dramma sacro. Ogni personaggio è studiato con posture e atteggiamenti diversi per regolare “gli affetti”, cioè la portata emozionale di ciascun attore. In primo piano sono disposte figure di quinta avvolte in smaglianti vesti gialle, rosa e aranciate, contraddistinte da eleganti panneggi studiati sulla statuaria antica. I gesti dei protagonisti sono finalizzati ad “invitare” i devoti alla partecipazione secondo i dettami postridentini, di cui il Talpino fu un interprete apprezzatissimo. Il recente restauro è stato finanziato da Pirelli spa tramite l’Associazione Amici di Brera e realizzato da Nicola Restauri. L’intervento permette ora di apprezzare anche la raffinatezza cromatica del maestro bergamasco.
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