Gradi di Vuoto
![Marion Baruch, Melotti, 2012, cm. 75x67 Marion Baruch, Melotti, 2012, cm. 75x67](http://www.arte.it/foto/600x450/ba/110727-unnamed_5_.jpg)
© Viasaterna | Marion Baruch, Melotti, 2012, cm. 75x67
Dal 05 Dicembre 2020 al 23 Dicembre 2020
Milano
Luogo: Viasaterna
Indirizzo: Via Giacomo Leopardi 32
Orari: tutti i giorni dalle ore 12 alle ore 19
Telefono per informazioni: +39.02.36725378
E-Mail info: info@viasaterna.com
Sito ufficiale: http://www.viasaterna.com
“Sappiamo che lo spazio vuoto non è completamente vuoto, bensì un mare ribollente di fluttuazioni…” Lawrence M. Krauss
Viasaterna apre la collettiva Gradi di Vuoto con opere che tracciano un percorso multidisciplinare in cui il vuoto diventa generatore di spazio. La mostra include gli artisti: Marion Baruch, Alessandro Calabarese, Federico Clavarino, Gianluigi Colin, Barbara De Ponti, Teresa Giannico, Guido Guidi, Takashi Homma, Tami Izko, Kensuke Karasawa, Mario Milizia, Wan Quiang, Elena Ricci, Francesca Rivetti, Alessandro Teoldi e Lorenzo Vitturi.
I Gradi di Vuoto, sono temperature, sistemi di misurazione per rintracciare il vuoto e la sua rarefazione, funzionano dall’alto verso il basso e con i loro frammenti più o meno intensi indicano la presenza di materia distribuita nello spazio, anche nelle sue più piccole forme molecolari che arginano il concetto di vuoto perfetto. Allo stesso modo le opere di questa mostra suggerisco diversi pensieri sul vuoto, il suo spazio, la sua forma ed energie possibili.
In Preganziol Guido Guidi, cattura una stanza apparentemente spoglia in cui si studiano i movimenti della luce insieme allo scorrere del tempo, Marion Baruch presenta l’opera Chambre Vide ispirata all’omonima performance in cui l’artista invita alcune persone a sedere nella sua stanza vuota prima del suo trasloco da Parigi, per riempire lo spazio con il loro incontro e le loro storie. Takashi Homma ci invita a guardare, in un orizzonte marittimo privo di figure, in direzione della superficie terrestre del Giappone, superficie che viene ricalcata dalla linea sottile di Kensuke Karasawa nel suo lavoro scultoreo. Le esplorazioni pregeologiche di Barbara De Ponti provano a ricostruire alcuni micro-organismi fossili che antecedono l’era dell’uomo, un tempo in cui la terra non era popolata, mentre la figura umana torna protagonista silenziosa, fragile e rarefatta dei mondi di Elena Ricci, e viene ulteriormente indagata da Wang Qiang e Alessandro Teoldi, scavando e creando spazio in corrispondenza del volto.
All’interno di una porzione di vuoto, Alessandro Calabrese inscrive il suo movimento e la scansione del gesto dell’artista tra lo scanner e la cartellina colorata, anche Gianlugi Colin lascia traccia delle ripetute impressioni delle macchine rotative utilizzate per stampare i quotidiani dando vita a striature e cromature ripetute; Lorenzo Vitturi racconta il vuoto lasciato dalle macerie dei palazzi del quartiere di Dalston a Londra in fase di gentrificazione fotografandone i frammenti in piccoli set assemblati, pratica utilizzata anche nel lavoro di Teresa Giannico che, però da origine a diorami, utilizzando la carta per la stampa di alcuni elementi simili a oggetti, archiviati e giustapposti in una composizione, ma che ricalcano anche figure apparentemente vuote, come ritagli di forme. La tecnica del ritaglio viene poi applicata alla parola da Mario Milizia che segue gli studi di Brian Gysin e William Borroughs e che prevede di tagliare uno o più testi scritti per combinarne gli elementi in maniera casuale, e dalla ricerca e la disgregazione di vuoto si genera ancora un nuovo spazio, in questo caso verbale. Infine, Federico Clavarino fotografa una distesa di neve neutra, da cui spuntano due timidi ramoscelli esposti al vento, e Tami Izko, ricalca con la materia uno spazio che ondeggia al di sotto delle sculture, rarefatto e aereo come i Rotti di Francesca Rivetti.
Con un percorso ricco di suggestioni, Gradi di Vuoto riflette sul concetto di vuoto che non è assenza di materia, ma spazio di energia sempre attiva, intervallo al contenuto, vive nell’indagine al confine con il visibile e ci interroga come spettatori all’interno dei suoi passaggi.
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