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Mario Schifano. Grande angolo per uomini manifesti e paesaggi

Mario Schifano. Grande angolo per uomini manifesti e paesaggi, Fondazione Mudima, Milano
Dal 07 Novembre 2013 al 09 Novembre 2013
Milano
Luogo: Fondazione Marconi
Indirizzo: via Tadino 15
Orari: da martedì a sabato 10-13/ 15-19
Curatori: Monica De Bei Schifano, Marco Meneguzzo, Francesco Ballo
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 29419232
E-Mail info: info@fondazionemarconi.org
Sito ufficiale: http://www.fondazionemarconi.org
La Fondazione Marconi è lieta di ospitare, contestualmente alla presentazione del testo cinematografico di Mario Schifano, una selezione di opere dell’artista realizzate in quegli stessi anni.
Dopo aver conosciuto i primi lavori di Schifano a Roma, all’inizio degli anni Sessanta, Giorgio Marconi incontra l’artista di persona e diventa suo gallerista, promuovendone il lavoro allo Studio Marconi. Inizia così un’intensa e proficua collaborazione che dura fino al 1970.
Gli anni della contestazione giovanile influenzano il modo di vedere di Schifano e le opere in mostra, che di quel periodo fanno parte, ben documentano i suoi interessi socio-politici. Tra queste citiamo la grande tela su sfondo rosso Bisogna farsi un’ottica (Franco Angeli, Tano Festa) del 1965, un omaggio, non privo di ironia, agli amici e coetanei più “ideologizzati”, Franco Angeli e Tano Festa; le opere della serie Compagni compagni, del 1968, in cui l’artista raffigura degli uomini che avanzano con le bandiere rosse, falce e martello, e che probabilmente sentiva vicino a sé, condividendone apprensioni e speranze.
Più curiosa è la storia degli smalti realizzati su carta fotografica nel 1968. Alla vigilia dell’inaugurazione della mostra sulla serie Compagni compagni, Schifano invia allo Studio Marconi alcune tele e chiede a Marconi di non farle scaricare in galleria ma di portarle in un parco di Milano perché la mattina seguente vuole fotografarle mentre vengono scaricate nel verde.
Da quelle fotografie nascono, insieme ad altre, Storia nel paesaggio e Particolare del paesaggio. Queste opere, più che rappresentare la fine di un’epoca per Mario Schifano, possono intendersi come l’inizio di una sua nuova stagione artistica.
Note biografiche
Nato a Homs, in Libia, nel 1934, Mario Schifano si trasferisce a Roma nell’immediato dopoguerra. Abbandonati gli studi, lavora come assistente del padre, che è archeologo restauratore al Museo Etrusco di Villa Giulia.
Inizia a dipingere tele di matrice informale, che espone nella sua prima personale alla Galleria Appia Antica di Roma. Poi con Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini tiene la collettiva 5 pittori - Roma ’60, curata da Restany, e la critica inizia a interessarsi alla sua pittura. Abbandonati i modi informali, realizza opere monocrome con smalti industriali, dove la carta da imballaggio è incollata sulla tela e ricoperta da un solo colore.
Nel 1961 vince il Premio Lissone per la giovane pittura contemporanea e tiene una nuova personale alla Galleria La Salita di Roma. Dopo un viaggio negli Stati Uniti, dove ha partecipato alla mostra The New Realism alla Sidney Janis Gallery di New York, inizia a introdurre nelle sue tele frammenti dell’iconografia urbana.
Lavora per cicli tematici: dai Paesaggi anemici alle serie dedicate alla storia dell’arte (Futurismo rivisitato, 1966). Invitato alla Biennale di Venezia nel 1964, partecipa l’anno seguente alla mostra inaugurale dello Studio Marconi, di cui diventa uno degli artisti più rappresentativi. Insieme alle nuove serie Ossigeno Ossigeno, Oasi e Compagni compagni, realizza pellicole d’avanguardia come Anna Carini vista in agosto dalle farfalle, che presenta nel 1967 allo Studio Marconi.
Dal 1970, dopo l’impegno politico e civile negli anni della contestazione, sperimenta il riporto di immagini televisive sulla tela emulsionata, cui aggiunge interventi cromatici con smalti industriali.
Tiene numerose personali e nel 1972 espone alla X Quadriennale romana. L’anno seguente partecipa alla rassegna “Contemporanea”, curata da Achille Bonito Oliva nel parcheggio di Villa Borghese.
Nel 1974 ha luogo all’Università di Parma una vasta antologica che con un centinaio di opere ripercorre la sua carriera artistica.
In questi anni torna a rivisitare la storia dell’arte con opere ispirate ai capolavori delle avanguardie storiche e realizza nuovi cicli, tra cui Quadri equestri, Architettura, Naturale sconosciuto, Reperti.
Oltre a organizzare numerose personali in Italia e all’estero partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia ed è inserito nelle principali rassegne dedicate all’arte contemporanea italiana, tra cui: Identité italienne, 1981, Centre Pompidou, Parigi; Italian Art of the XX century, 1989 Royal Academy, Londra; The Italian Metamorphosis 1943-1968, 1994, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (poi trasferita alla Triennale di Milano e al Kunstmuseum di Wolfsburg). L’artista muore a Roma nel 1998.
Dopo aver conosciuto i primi lavori di Schifano a Roma, all’inizio degli anni Sessanta, Giorgio Marconi incontra l’artista di persona e diventa suo gallerista, promuovendone il lavoro allo Studio Marconi. Inizia così un’intensa e proficua collaborazione che dura fino al 1970.
Gli anni della contestazione giovanile influenzano il modo di vedere di Schifano e le opere in mostra, che di quel periodo fanno parte, ben documentano i suoi interessi socio-politici. Tra queste citiamo la grande tela su sfondo rosso Bisogna farsi un’ottica (Franco Angeli, Tano Festa) del 1965, un omaggio, non privo di ironia, agli amici e coetanei più “ideologizzati”, Franco Angeli e Tano Festa; le opere della serie Compagni compagni, del 1968, in cui l’artista raffigura degli uomini che avanzano con le bandiere rosse, falce e martello, e che probabilmente sentiva vicino a sé, condividendone apprensioni e speranze.
Più curiosa è la storia degli smalti realizzati su carta fotografica nel 1968. Alla vigilia dell’inaugurazione della mostra sulla serie Compagni compagni, Schifano invia allo Studio Marconi alcune tele e chiede a Marconi di non farle scaricare in galleria ma di portarle in un parco di Milano perché la mattina seguente vuole fotografarle mentre vengono scaricate nel verde.
Da quelle fotografie nascono, insieme ad altre, Storia nel paesaggio e Particolare del paesaggio. Queste opere, più che rappresentare la fine di un’epoca per Mario Schifano, possono intendersi come l’inizio di una sua nuova stagione artistica.
Note biografiche
Nato a Homs, in Libia, nel 1934, Mario Schifano si trasferisce a Roma nell’immediato dopoguerra. Abbandonati gli studi, lavora come assistente del padre, che è archeologo restauratore al Museo Etrusco di Villa Giulia.
Inizia a dipingere tele di matrice informale, che espone nella sua prima personale alla Galleria Appia Antica di Roma. Poi con Angeli, Festa, Lo Savio e Uncini tiene la collettiva 5 pittori - Roma ’60, curata da Restany, e la critica inizia a interessarsi alla sua pittura. Abbandonati i modi informali, realizza opere monocrome con smalti industriali, dove la carta da imballaggio è incollata sulla tela e ricoperta da un solo colore.
Nel 1961 vince il Premio Lissone per la giovane pittura contemporanea e tiene una nuova personale alla Galleria La Salita di Roma. Dopo un viaggio negli Stati Uniti, dove ha partecipato alla mostra The New Realism alla Sidney Janis Gallery di New York, inizia a introdurre nelle sue tele frammenti dell’iconografia urbana.
Lavora per cicli tematici: dai Paesaggi anemici alle serie dedicate alla storia dell’arte (Futurismo rivisitato, 1966). Invitato alla Biennale di Venezia nel 1964, partecipa l’anno seguente alla mostra inaugurale dello Studio Marconi, di cui diventa uno degli artisti più rappresentativi. Insieme alle nuove serie Ossigeno Ossigeno, Oasi e Compagni compagni, realizza pellicole d’avanguardia come Anna Carini vista in agosto dalle farfalle, che presenta nel 1967 allo Studio Marconi.
Dal 1970, dopo l’impegno politico e civile negli anni della contestazione, sperimenta il riporto di immagini televisive sulla tela emulsionata, cui aggiunge interventi cromatici con smalti industriali.
Tiene numerose personali e nel 1972 espone alla X Quadriennale romana. L’anno seguente partecipa alla rassegna “Contemporanea”, curata da Achille Bonito Oliva nel parcheggio di Villa Borghese.
Nel 1974 ha luogo all’Università di Parma una vasta antologica che con un centinaio di opere ripercorre la sua carriera artistica.
In questi anni torna a rivisitare la storia dell’arte con opere ispirate ai capolavori delle avanguardie storiche e realizza nuovi cicli, tra cui Quadri equestri, Architettura, Naturale sconosciuto, Reperti.
Oltre a organizzare numerose personali in Italia e all’estero partecipa a diverse edizioni della Biennale di Venezia ed è inserito nelle principali rassegne dedicate all’arte contemporanea italiana, tra cui: Identité italienne, 1981, Centre Pompidou, Parigi; Italian Art of the XX century, 1989 Royal Academy, Londra; The Italian Metamorphosis 1943-1968, 1994, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (poi trasferita alla Triennale di Milano e al Kunstmuseum di Wolfsburg). L’artista muore a Roma nel 1998.
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