Novecento

 

Dal 26 Marzo 2025 al 25 Settembre 2025

Milano

Luogo: Officina Antiquaria

Indirizzo: Via Pietro Maroncelli 2

Curatori: Antonella Mazza

E-Mail info: info@officinaantiquaria.com


Raffaello Bassotto nasce a Verona nel 1946 e attraversa attivamente gli anni del boom economico, armato della sua macchina fotografica. Già dagli anni ’70 è attivo nell’ambito della fotografia giornalistica col fratello Enzo, nel 1980 i due costituiscono e curano l’Archivio Fotografico del Comune di Verona. Progettano e realizzano molti libri fotografici e mostre in spazi pubblici e privati, alternando indagini di carattere socio-letterario alla rilettura del paesaggio urbano.
I primi lavori di fotografia documentaria sono dedicati al sociale. Borgo Nuovo 1980 (affresco di un quartiere ai margini di Verona), Cent’anni di vita 1983 (micro racconti di storie di vita di anziani) e Il Concorso 1989 (sequenza di Bodybuilders anni ’80) si inseriscono nella ricerca, che gli autori hanno svolto sul ritratto, iniziata nel 1978 con Intervista-azione a Joseph Beuys.
Sarà con questi progetti fotografici che i fratelli Bassotto verranno invitati da Italo Zannier a partecipare alla mostra L’io e il suo doppio. Cento anni di ritratto fotografico in Italia 1895-1995 al Padiglione Italia della 46. Biennale di Venezia nel 1995. Questi lavori sono già arricchiti e caratterizzati dall’utilizzo di strategie postmoderne prese dall’arte concettuale, come l’uso di testi nelle didascalie, di oggetti trovati e vecchie foto che contestualizzano il ritratto, lo fanno parlare, raccontare storie.
Modalità espressiva che coerentemente ritroviamo declinata nei suoi lavori su carta, che hanno potenti fondamenta radicate in quegli anni così sostanziali, centrali, imprescindibili culturalmente.
Dopo aver collaborato al programma di documentazione del territorio per l’Archivio dello Spazio della Provincia di Milano, i fratelli Bassotto lavorano con il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri di Verona, curando esposizioni e contribuendo alla costituzione del Centro di Documentazione Fotografica.
Nel contempo si dedicano all’Architettura e all’Archeologia Industriale: Opifici Manifatture Industrie 1990 (nascita e sviluppo dell’industria nel Veronese), L’Officina degli Angeli 1995 (i segreti di una dismessa fabbrica di campane), Architettura Scavata 2002 (lo spazio e la pietra nelle antiche cave di Prun), Archeologia del Novecento 2014 (fotografie dall’Archivio Bassotto).
Una vita passata a ritrovare oggetti, metterli in posa, focalizzare particolari, seguire tracce, incrostazioni, rendere visibili memorie, inquadrare macchinari, angoli di musei, muri di fabbriche, bottiglie polverose estratte da una cantina, nature morte. Ad archiviare scatti, reperti, testimonianze, ricordi.
Un continuo, meticoloso e poetico lavoro sul tempo, per dare valore alle cose passate. Raffaello Bassotto è stato amico di Luigi Ghirri, Giovanna Calvenzi e Gabriele Basilico. Del primo condivide la poetica, la semplicità, il ricercato minimalismo, la purezza delle immagini. Del secondo lo studio analitico delle architetture delle aree urbane, frutto dell’opera dell’uomo.
Sviluppa nel tempo una poetica tutta sua. Le sue foto hanno una cifra molto personale, si riconoscono per la luce naturale, morbida, per i soggetti bizzarri, curiosi, che possono sembrare surreali, enigmatici, tutti permeati da un’inconfondibile patina del tempo. Annota riflessioni sui ‘bodegones’, le nature morte, gli still life: “tutto si ‘ritrattizza’ attraverso l’uso scultoreo della luce, che parifica, ponendoli su uno stesso piano egualitario oggetti, animali, frutta. Li scorpora da qualsiasi idealizzazione per restituirne l’unicità. Un uovo fritto, un attrezzo, una faccia, tutto diventa individualità. Individuum, materia prima.
La fotografia non rifà il ‘simile’, fa il ‘vero’, tutto diventa ‘natura morta’ ancorché vivissima.”
E ancora: “il ritrovamento è una fase molto importante - afferma Bassotto - quando si trova l’oggetto, in realtà, lo si crea nuovamente. Vedere è inventare la forma inventata. Ogni volta è un oggetto tra una miriade di oggetti, che racconta la sua storia e attraverso la fotografia trova espressione, la sua ‘invenzione’… Sono ‘sculture inventate’… È l’oggetto che prima trova me, poi qualcun altro a cui comunicare qualcosa e mette in moto un meccanismo immaginativo.” Gli scatti di Bassotto esaltano la bellezza di piccole cose quotidiane, scovano la magia nascosta di arnesi polverosi, densi di memorie. Il misterioso silenzio degli oggetti diventa eloquente come i visi ritratti in gioventù.
Il profumo del tempo passato gli è rimasto nell’anima.
Questa sua ricerca, desiderio, bisogno di tempo passato, si espande a partire dagli anni ‘90 e Bassotto comincia un viaggio tutto personale, parallelo alla fotografia. Una sua estensione creativa, un suo ampliamento spontaneo e necessario. Opere su carta che disegna lui stesso, che inventa, mischia, assembla, incolla e che continuerà a produrre incessantemente fino ad oggi.

NOVECENTO - IL SECOLO ILLUSTRATO

Raffaello Bassotto è un testimone oculare del Novecento, un suo ironico interprete, poiché riesce a tradurre e riportare sulla carta le sue variegate sfumature, attraverso le sue icone più popolari.
I suoi lavori su carta ci appaiono come ‘schegge impazzite’ di Poesia Visiva, la sperimentazione interartistica che impiegò il codice visivo e quello linguistico nel clima della Neoavanguardia a partire dagli anni ’60.
I suoi originali collage sono il frutto di una nuova germinazione estetica, che affonda le sue radici nel fertile humus delle correnti artistiche del Novecento: l’espressionismo, il futurismo, l’astrattismo, il dadaismo e il surrealismo, senza dimenticare la Pop art, l’arte concettuale e l’arte povera.
Mentre fa l’occhiolino al poeta francese Jean Cocteau e al pittore britannico David Hockney, rende omaggio con disinvolta educata nonchalance a Mario Sironi, Giorgio De Chirico, René Magritte, Giorgio Morandi, Edward Hopper, Joseph Kosuth, Dino Buzzati, Alex Katz, Hanna Höch, Domenico Gnoli, Mirco Marchelli, con analogie, citazioni e rimandi affettuosi.
Appassionatamente assimilati, metabolizzati, ora riemergono in modo spontaneo, libero, come una melodia amata interiorizzata, ora improvvisata e canticchiata ad orecchio.
Alla sua festa visiva Bassotto invita anche il padre della fantascienza Isaac Asimov, la creatrice di Barbie Ruth Handler, il criminologo Alphonse Bertillon, il progettista della Scarzuola Tomaso Buzzi, l’incisore tedesco Albrecht Dürer, le fumettiste sorelle Giussani che diedero vita a Diabolik, Eadweard Muybridge il fotografo che ha catturato per primo il movimento, il pittore settecentesco veneziano Pietro Longhi, il padre di Superman Jerry Siegel, Walker Evans con le sue foto scarne della vita di tutti i giorni in America e l’elegante Richard Avedon.
Il tutto condito con gli echi dell’ironia di Buster Keaton, la leggerezza di Charlie Chaplin, l’intelligenza di Woody Allen, con frammenti di scrittura infantile di vecchi quaderni, ritagli di pubblicità, vecchie immagini trovate chissà dove, fino ad arrivare agli immancabili personaggi di Walt Disney, nostri inseparabili compagni di giochi. “Si costituisce così un retroterra emotivo, con tutto un mondo di variegate suggestioni, quasi a creare un’onda hertziana di energia visuale, fatta di invenzioni, rimandi, idee ammiccanti, tutte concorrenti a costruire una nuova immagine dell’immagine poetica.” Ben commenta Francesco Bletzo.
Per salvarsi dal presente, Raffaello Bassotto guarda la realtà attraverso la lente estetica del Novecento, con qualche rara incursione nelle Wunderkammer ottocentesche.
La sua visione comprende tutto, ogni singolo elemento del vivere: la storia, l’architettura, la letteratura, l’arte, la poesia, la fotografia, la musica, la fede, la politica. “Sono venute a galla autonomamente tutte le esperienze di una vita” ci dice.
I suoi collage sono capsule del tempo, rebus delicatissimi e molto poetici, che possono risultare anche molto pungenti, quasi esplosivi.
Riflessioni che risultano dall’accostamento di immagini e disegni accoppiati con una speciale alchimia, grande libertà e arguzia.
La loro lettura è sempre aperta, la loro interpretazione è multipla, mai binaria. Si sente una sana famigliarità, una simpatia profonda, un profumo di casa.
Cenni, allusioni, sberleffi, che ci suggeriscono grandi verità.
Si capisce da dove veniamo.
Cosa assolutamente fondamentale per capire dove è meglio andare.

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