Seconda Soluzione di Eternità
© Studio Sant'Orsola | Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese 1964-1965
Dal 16 May 2018 al 14 July 2018
Milano
Luogo: Building
Indirizzo: via Monte di Pietà 23
Orari: da martedì a sabato 10-19
Curatori: Helmut Friedel, Giovanni Iovane
E-Mail info: events@building-gallery.com
Sito ufficiale: http://www.building-gallery.com
Building presenta, dal 16 maggio al 14 luglio, Seconda Soluzione di Eternità, una mostra curata da Helmut Friedel e Giovanni Iovane, una collettiva di artisti contemporanei, che, attraverso diverse tecniche e linguaggi,dagli anni ’60 ad oggi, hanno rivolto la loro attenzione alla percezione del tempo: tempo esistenziale, durata,“un atto di fede nell’infinito” (Lucio Fontana) e persino una ossessione.
Una mostra di ‘ricerca’, la prima di Building, in un percorso di carattere museale, per l’importanza dei prestiti- da istituzioni pubbliche e private - che offre alla città di Milano una nuova chiave di lettura per decodificare alcune visioni, che affascinarono artisti e tendenze dal secondo Novecento Italiano agli albori del terzomillennio; un’ossessione sempre attuale e assolutamente atemporale.
Il titolo, ispirato al progetto espositivo di Gino De Dominicis (1947 - 1998), per la Biennale di Venezia nel 1972 (Seconda soluzione d'immortalità), mira a descrivere il senso, la mise en scène - nella vera accezione di riflessione e attuazione di un atto performativo - l’ossessione per il tempo, significato e significante, fenomenofisico incommensurabile, difficile da immortalare, contenere e comprendere, inscenare e ripetere, da qui la tensione, ora mistica ora autoironica, in molti artisti contemporanei, per cogliere e replicare un ossimoro: un tempo senza tempo (timelessness).
Questa meditazione, già dichiarata nel manifesto spazialista di Lucio Fontana (1899 - 1968), nella sua formulazione e iterazione, in diversi esemplari di Concetto Spaziale e Attese, dialoga in mostra con gli esiti di Giovanni Anselmo (1934) e Vincenzo Agnetti (1926 - 1981), ma soprattutto di Luciano Fabro (1936 - 2007), cheporge all’osservatore una visione più poetica e rarefatta dell’idea di spazio e di tempo, ad esempio nelleImpronte del 1982, o in Tre modi di mettere le lenzuola del 1968 e in Davanti dietro, destra, sinistra, cielo. Tautologia, sempre del 1967/1968.
Le meridiane - tempus mentis di Agnetti offrono invece una rappresentazione del tempo come reminiscenza architettonica e naturalistica, nell’ombra del sole, inseguita mentre scandisce le ore del giorno, strumento antico, che racchiude una sapienza inconsapevole, come una serie di Vanitas, del XVII secolo sono allegorie storiche e senza tempo.
I numeri sono segni, universali e univoci, tangibili e concreti, predisposti a ‘contare’ il tempo, o l’assenza delmedesimo; il numero diviene cellula, monema e fonema, nel linguaggio di Roman Opalka (1931-2011): la sua voce, opera sonora, ne ritma in mostra la pratica artistica.
Un’altra progressione numerica, illuminata nell’oscurità, ritorna in un’opera del 1984 di Tatsuo Miyajima (1957). Mentre Hiroshi Sugimoto (1948), con la serie dei Teatri (2014-2015) introduce all’idea dell’esposizione, duratatemporale, tecnica e metaforica, nelle sue fotografie, così come avviene nella pellicola e negli scatti di Kimsooja (1957), A Laundry Woman - Yamuna River, India, 2000 e A Needle Woman-Kitakyushu, sempre del 2000, mimesi e sintesi di una pratica artistica performativa.
One million years e I Got up di On Kawara (1932 - 2014), sono ulteriore esito di questa ricerca: la scrittura e la recezione di un messaggio, la lettura, intima o ad alta voce, da cui affiora un ricordo e la conseguente aspirazione alla eternità di un segno che intende comprendere passato, presente e futuro.
Nel percorso non manca un’ulteriore elaborazione, durata dieci anni (dal 2001 al 2010), eseguita su cartavelina intagliata a mano, dall’artista italiana Elisabetta Di Maggio (1964).
Helmut Friedel, art historian and curator, was director of the Lenbachhaus in Munich from 1990 to 2013 and was also a professor at the Academy of Fine Arts in Munich.
Giovanni Iovane, art critic and independent curator, is Professor of History of Contemporary Art at the Brera Academy of Fine Arts.
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