Tom Porta. The Box Beauty Overkill
Dal 26 Novembre 2015 al 15 Gennaio 2016
Milano
Luogo: Galleria Mario Giusti HQ-Headquarter
Indirizzo: via Cesare Correnti 14
Orari: da lunedì a venerdì 10-19 o su appuntamento
E-Mail info: info@mariogiustihq.com
Sito ufficiale: http://www.mariogiustihq.com
Diceva Enzo Cucchi: «il teschio non è una cosa spaventosa, è solo un elemento primario, elemento di conoscenza, la cosa più vecchia e tranquilla che abbiamo». Questo, principalmente, è il motivo del ritorno a Milano di Tom Porta, alla Galleria Mario Giusti HQ-HEADQUARTER, con una grande installazione di sessanta opere, questa volta di piccolo formato (40x50cm), dal titolo THE BOX, Beauty Overkill: presentarsi appunto con un lavoro “tranquillo” che scaricasse un po’ la fatica fisica e psicologica accumulata con la grande mostra per il Centenario della Guerra Mondiale, Inferno 1914/1918, tenutasi per ben due mesi, con un successo straordinario, al Famedio di Milano, da aprile a giugno.
Scrive Porta: «La scatola. Un rimando alla scatola cranica, intesa come contenitore. Lo scrigno della mente. Il luogo dove nascono le idee. La perfetta architettura del teschio, non è altro che quello. Soggetto molto visitato nella storia dell'arte, ricco di simbolismi o semplicemente "natura morta". I miei teschi sono altro. Ironici, dissacratori, colorati. Non sono più simbolo di morte ma i silenti custodi dell'ingegno, rivestiti di tutto punto. Moda, arte, fumetto, tutto infilato in una scatola e fatto riapparire da un illusionista in un contesto inaspettato. Ancora una volta non parlo di morte, ma di quel che resta dopo la vita. Non avrei potuto scegliere testimoni migliori».
Dunque un omaggio alla vanitasche nella storia del teschio nell’arte ha un posto primario. Ma non con l’idea di natura morta che, moraleggiando, contrappone la bellezze della vita terrena all’incombere inevitabile della morte. Infatti, questa, è forse il luogo del pensiero più frequentato dall’uomo, un assillo culturale ed universale che attraversa tutta la storia dell’umanità. Mark Rothko diceva che “ tutta l’arte è in rapporto con la morte”, infatti, il teschio ha sempre costituito un potente motivo di attrazione per gli artisti.
Da un punto di vista iconologico, rimanendo in Europa, tutto inizia nel Medioevo, quando l’ossessione della morte e della precarietà dell'esistenza umana determinavano una paurosa coscienza del vuoto di senso. Ed i rimandi e le citazioni sono continui in epoca contemporanea: Guercino, Tiziano, Poussin presenti nelle opere di Adami, Klimt fino al Selfportrait at four Ages (in cui l’ultimo è appunto un teschio) di Yan Pei-Ming (2006). Lefoto di Mapplethorpe e i quadri di Haring e Basquiat (angosciati dallo spettro dell’Aids e della droga), i lavori degli anni ‘70 di Warhol. Quest’ultimo, nella serie degli Skull, mette in scena con magistrale freddezza la sua autentica ossessione per il vuoto e la morte. La mania-gioco di Damien Hirst con il suo teschio di platino e migliaia di diamanti, dal valore commerciale talmente smodato e conflittuale con l’arte da rappresentare una vera provocazione (per chi volesse approfondire, esiste un libro recente di Alberto Zanchetta, Frenologia della vanitas).
Invece il lavoro di Porta non desidera dimostrare rimandi culturali, pur nella totale consapevolezza, come di fatto scrive, che il cranio abbia una vera tensione espressiva e formale connessa a un’intensità di valori, anche quando, in modo giocosamente citazionista, dipinge sul suo teschio opere di Klimt, Picasso o Mondrian. Singolare, unico, base per tutte le opere: è l’uomo uguale che si differenzia nei pensieri!
No, in questi nuovi lavori di Porta, il teschio, già dipinto in altre opere dei suoi cicli passati, va visto come rappresentazione laica ed anarchica di vita/pensiero/azione/passione: marchi, artisti, opere d’arte, musica, cinema, oggetti e, soprattutto, miti sono così accostati a un teschio, ammonimento ironico, caustico quanto tremendo. Come ad esempio nel caso del pericolo e delle armi.
Diciamo che è più facile vederci un rimando potentemente iconico alle feste di tradizione politeista, dove spesso il teschio è usato come costume, religioso e pagano al tempo stesso, collegamento narrativo con i morti per esaltare la vita ed il passato.
Per semplificare: spettacolare esempio di relazione con la poetica immaginifica di Porta è l’incipit del nuovo 007, Spectre con una gigantesca festa dei morti a Città del Messico, dove scenario, estetica, contemporaneità e passato compiono un miracolo visivo e narrativo. Questo legame con il cinema in termini puramente visivi e di scenografia corre su 2 binari paralleli: di pura citazione, come nel caso del quadro che ritrae La Morte Nera, omaggio alla saga di Guerre Stellari o di riferimento visivo, per i potenti fondali, tipici della pittura di Porta.
Si evince dunque che, per lui, la storia delle immagini è intesa come deposito da cui trarre nuove possibilità di riflessione su un tema così intriso di rimandi simbolici: in questa mostra cambia la valenza del teschio, prima e da altri visto come memento mori o vanitas di potere, sia temporale che metafisico, per portarsi più sul piano del gioco comunicazionale, dunque educativo: troppa morte in giro quindi scherziamoci su!
Quasi una moderna visone granguignolesca e acida che ci viene consegnata con gran leggerezza e humor, anche per la formazione “rockettara” dell’artista, cui egli non rinuncia, soprattutto in questi lavori. D’altronde, l’anello col teschio di Keith Richards è il “cranio” più famoso del mondo!
Ora, se è vero che il cranio, THE BOX, utilizzato da moltissimi artisti quasi sempre in modo superficiale e falsamente provocatorio, è un elemento iconografico che è dilagato anche nella moda a livello generale, come nel caso dell’invasione di magliette e tatuaggi, per Porta, consapevole che con il gioco arrivano i fondamenti dell’etica, è invece un incrocio di testimonianze. Testimonianze anzitutto di una materia umana che percorre la terra, spesso non rispettandola, cui alludono le citazioni di grandi marchi delle benzine, che bisogna ancora e sempre denunciare, raccontare, indicare.
Sotto la banalizzazione dell’immagine del teschio, nella cultura visiva contemporanea sono sempre pronte le pulsioni ataviche della violenza estrema.
Per questo motivo, alla fine, è l’eterno gioco della vanità: il famoso mantra secondo cui tutti veniamo dalla polvere e tutti alla polvere ritorneremo torna ad essere di grandissima attualità.
Inaugurazione giovedi 26 novembre, ore 18,30
Scrive Porta: «La scatola. Un rimando alla scatola cranica, intesa come contenitore. Lo scrigno della mente. Il luogo dove nascono le idee. La perfetta architettura del teschio, non è altro che quello. Soggetto molto visitato nella storia dell'arte, ricco di simbolismi o semplicemente "natura morta". I miei teschi sono altro. Ironici, dissacratori, colorati. Non sono più simbolo di morte ma i silenti custodi dell'ingegno, rivestiti di tutto punto. Moda, arte, fumetto, tutto infilato in una scatola e fatto riapparire da un illusionista in un contesto inaspettato. Ancora una volta non parlo di morte, ma di quel che resta dopo la vita. Non avrei potuto scegliere testimoni migliori».
Dunque un omaggio alla vanitasche nella storia del teschio nell’arte ha un posto primario. Ma non con l’idea di natura morta che, moraleggiando, contrappone la bellezze della vita terrena all’incombere inevitabile della morte. Infatti, questa, è forse il luogo del pensiero più frequentato dall’uomo, un assillo culturale ed universale che attraversa tutta la storia dell’umanità. Mark Rothko diceva che “ tutta l’arte è in rapporto con la morte”, infatti, il teschio ha sempre costituito un potente motivo di attrazione per gli artisti.
Da un punto di vista iconologico, rimanendo in Europa, tutto inizia nel Medioevo, quando l’ossessione della morte e della precarietà dell'esistenza umana determinavano una paurosa coscienza del vuoto di senso. Ed i rimandi e le citazioni sono continui in epoca contemporanea: Guercino, Tiziano, Poussin presenti nelle opere di Adami, Klimt fino al Selfportrait at four Ages (in cui l’ultimo è appunto un teschio) di Yan Pei-Ming (2006). Lefoto di Mapplethorpe e i quadri di Haring e Basquiat (angosciati dallo spettro dell’Aids e della droga), i lavori degli anni ‘70 di Warhol. Quest’ultimo, nella serie degli Skull, mette in scena con magistrale freddezza la sua autentica ossessione per il vuoto e la morte. La mania-gioco di Damien Hirst con il suo teschio di platino e migliaia di diamanti, dal valore commerciale talmente smodato e conflittuale con l’arte da rappresentare una vera provocazione (per chi volesse approfondire, esiste un libro recente di Alberto Zanchetta, Frenologia della vanitas).
Invece il lavoro di Porta non desidera dimostrare rimandi culturali, pur nella totale consapevolezza, come di fatto scrive, che il cranio abbia una vera tensione espressiva e formale connessa a un’intensità di valori, anche quando, in modo giocosamente citazionista, dipinge sul suo teschio opere di Klimt, Picasso o Mondrian. Singolare, unico, base per tutte le opere: è l’uomo uguale che si differenzia nei pensieri!
No, in questi nuovi lavori di Porta, il teschio, già dipinto in altre opere dei suoi cicli passati, va visto come rappresentazione laica ed anarchica di vita/pensiero/azione/passione: marchi, artisti, opere d’arte, musica, cinema, oggetti e, soprattutto, miti sono così accostati a un teschio, ammonimento ironico, caustico quanto tremendo. Come ad esempio nel caso del pericolo e delle armi.
Diciamo che è più facile vederci un rimando potentemente iconico alle feste di tradizione politeista, dove spesso il teschio è usato come costume, religioso e pagano al tempo stesso, collegamento narrativo con i morti per esaltare la vita ed il passato.
Per semplificare: spettacolare esempio di relazione con la poetica immaginifica di Porta è l’incipit del nuovo 007, Spectre con una gigantesca festa dei morti a Città del Messico, dove scenario, estetica, contemporaneità e passato compiono un miracolo visivo e narrativo. Questo legame con il cinema in termini puramente visivi e di scenografia corre su 2 binari paralleli: di pura citazione, come nel caso del quadro che ritrae La Morte Nera, omaggio alla saga di Guerre Stellari o di riferimento visivo, per i potenti fondali, tipici della pittura di Porta.
Si evince dunque che, per lui, la storia delle immagini è intesa come deposito da cui trarre nuove possibilità di riflessione su un tema così intriso di rimandi simbolici: in questa mostra cambia la valenza del teschio, prima e da altri visto come memento mori o vanitas di potere, sia temporale che metafisico, per portarsi più sul piano del gioco comunicazionale, dunque educativo: troppa morte in giro quindi scherziamoci su!
Quasi una moderna visone granguignolesca e acida che ci viene consegnata con gran leggerezza e humor, anche per la formazione “rockettara” dell’artista, cui egli non rinuncia, soprattutto in questi lavori. D’altronde, l’anello col teschio di Keith Richards è il “cranio” più famoso del mondo!
Ora, se è vero che il cranio, THE BOX, utilizzato da moltissimi artisti quasi sempre in modo superficiale e falsamente provocatorio, è un elemento iconografico che è dilagato anche nella moda a livello generale, come nel caso dell’invasione di magliette e tatuaggi, per Porta, consapevole che con il gioco arrivano i fondamenti dell’etica, è invece un incrocio di testimonianze. Testimonianze anzitutto di una materia umana che percorre la terra, spesso non rispettandola, cui alludono le citazioni di grandi marchi delle benzine, che bisogna ancora e sempre denunciare, raccontare, indicare.
Sotto la banalizzazione dell’immagine del teschio, nella cultura visiva contemporanea sono sempre pronte le pulsioni ataviche della violenza estrema.
Per questo motivo, alla fine, è l’eterno gioco della vanità: il famoso mantra secondo cui tutti veniamo dalla polvere e tutti alla polvere ritorneremo torna ad essere di grandissima attualità.
Inaugurazione giovedi 26 novembre, ore 18,30
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