Vive la Liberté. La Battaglia di Normandia: dal D-Day alla liberazione di Parigi nelle immagini di Rue des Archives - Tips Images
Dal 17 Maggio 2014 al 28 Giugno 2014
Milano
Luogo: La Casa di Vetro
Indirizzo: via Luisa Sanfelice 3
Orari: da lunedì a sabato 14.30-19.30; chiuso giovedì
Curatori: Alessandro Luigi Perna
Telefono per informazioni: +39 02 55019565
E-Mail info: federica.candela@effeci-facciamocose.com
Sito ufficiale: http://www.lacasadivetro.com
Nel settantesimo dello sbarco in Normandia delle truppe alleate e della liberazione di Parigi, in anteprima per l’Italia a La Casa di Vetro a Milano, si inaugura il 17 maggio 2014 dalle 15 alle 19 la mostra “Vive la Liberté. La Battaglia di Normandia: dal D-Day alla liberazione di Parigi nelle immagini di Rue des Archives – Tips Images”. Aperta fino al 28 giugno 2014, curata da Alessandro Luigi Perna per il progetto History & Photography 2014 e prodotta da EFF&CI – Facciamo Cose (www.effeci-facciamocose.com), l’esposizione è composta di 54 foto che raccontano il D-Day, l’avanzata degli Alleati verso Parigi da Nord e da Sud, la battaglia nelle strade della capitale francese tra le truppe naziste e i partigiani francesi, e infine la liberazione della città. Tra le immagini, di fotografi per lo più sconosciuti, ci sono quelle dell’insurrezione nella Capitale dei fratelli Seeberger, autori che hanno fatto la storia della fotografia francese, soprattutto di moda, nel secondo dopoguerra. A proporre i loro scatti, insieme alle altre foto, sono gli archivi francesi di Rue des Archives, distribuiti in Italia in esclusiva da Tips Images, agenzia milanese che fa della fotografia storica proveniente dagli archivi internazionali privati e pubblici uno dei suoi punti di forza con oltre un milione di foto d’epoca on-line sul suo sito (www.tipsimages.it). L’esposizione ha come partner La Casa di Vetro (www.lacasadivetro.com) che è nello stesso tempo un luogo, un concept e un’associazione culturale. A fare da sponsor tecnico è la scuola Sistema Counseling (www.sistemanet.com) che offre gli spazi de La Casa di Vetro e affianca ai propri corsi di formazione professionale incontri culturali, mostre, seminari, etc.
La fotografia di reportage e in particolare di guerra ha già raggiunto la piena maturità artistica con il primo conflitto mondiale. A mancare, e succederà ancora a lungo, sono i nomi dei suoi autori. All’epoca infatti non usava firmare le foto, che venivano cedute ai quotidiani senza alcune limite di sfruttamento editoriale. A partire dagli anni ‘30, cioè dalla Guerra Civile Spagnola, l’autore diventa invece una nota essenziale, anche se non obbligatoria, della didascalia. Il primo principe riconosciuto della fotografia di guerra è Robert Capa, ricordato in tutto il mondo anche per le immagini che scattò nell’inferno normanno di Omaha Beach, dove la fanteria americana venne inchiodata dal fuoco nemico al suo arrivo sulla spiaggia. Nella mostra non ci sono le sue immagini famose, ma quelle di molti altri fotografi rimasti sconosciuti, inquadrati nelle forze alleate o inviati di giornali e agenzie, che, come lui, documentarono il D-Day, l’avanzata americana, la liberazione delle città francesi e la battaglia di Parigi. Ai fotografi al seguito delle truppe alleate si aggiungevano poi i fotografi francesi, di cui si sa molto poco, che ripresero gli scontri tra partigiani e tedeschi nelle strade e le vendette sui collaborazionisti – gli uomini picchiati, imprigionati o giustiziati direttamente, le donne rasate a zero in piazza ed esposte al ludibrio e alla violenza della folla. Non tutti i fotografi francesi che documentarono la liberazione del paese erano però senza nome: a fotografare l’insurrezione di Parigi c’erano anche i fratelli Seeberger, che diventeranno famosi nel dopoguerra per le loro fotografie di moda. È del prezioso e pericoloso lavoro di tutti loro, sconosciuti o illustri, sempre condotto in prima linea e mai abbastanza celebrato, che la mostra si compone in un percorso narrativo che cerca di raccontare nello stesso tempo la storia della Battaglia di Normandia, l’atmosfera drammatica di cui furono testimoni gli autori delle fotografie e le suggestioni iconografiche dell’epoca.
La fotografia di reportage e in particolare di guerra ha già raggiunto la piena maturità artistica con il primo conflitto mondiale. A mancare, e succederà ancora a lungo, sono i nomi dei suoi autori. All’epoca infatti non usava firmare le foto, che venivano cedute ai quotidiani senza alcune limite di sfruttamento editoriale. A partire dagli anni ‘30, cioè dalla Guerra Civile Spagnola, l’autore diventa invece una nota essenziale, anche se non obbligatoria, della didascalia. Il primo principe riconosciuto della fotografia di guerra è Robert Capa, ricordato in tutto il mondo anche per le immagini che scattò nell’inferno normanno di Omaha Beach, dove la fanteria americana venne inchiodata dal fuoco nemico al suo arrivo sulla spiaggia. Nella mostra non ci sono le sue immagini famose, ma quelle di molti altri fotografi rimasti sconosciuti, inquadrati nelle forze alleate o inviati di giornali e agenzie, che, come lui, documentarono il D-Day, l’avanzata americana, la liberazione delle città francesi e la battaglia di Parigi. Ai fotografi al seguito delle truppe alleate si aggiungevano poi i fotografi francesi, di cui si sa molto poco, che ripresero gli scontri tra partigiani e tedeschi nelle strade e le vendette sui collaborazionisti – gli uomini picchiati, imprigionati o giustiziati direttamente, le donne rasate a zero in piazza ed esposte al ludibrio e alla violenza della folla. Non tutti i fotografi francesi che documentarono la liberazione del paese erano però senza nome: a fotografare l’insurrezione di Parigi c’erano anche i fratelli Seeberger, che diventeranno famosi nel dopoguerra per le loro fotografie di moda. È del prezioso e pericoloso lavoro di tutti loro, sconosciuti o illustri, sempre condotto in prima linea e mai abbastanza celebrato, che la mostra si compone in un percorso narrativo che cerca di raccontare nello stesso tempo la storia della Battaglia di Normandia, l’atmosfera drammatica di cui furono testimoni gli autori delle fotografie e le suggestioni iconografiche dell’epoca.
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