Mano nella mano. Reperti di un amore oltre la morte
Dal 13 Settembre 2013 al 24 Novembre 2013
Modena
Luogo: Palazzo dei Musei
Indirizzo: largo Porta Sant'Agostino 337
Orari: durante il Festivalfilosofia: venerdì 13 sett 9-23; sabato 14 sett 10-01; domenica 15 sett 10-20
Enti promotori:
- Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna
- Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna
- Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena
Telefono per informazioni: +39 059 4395711/ 059 2032660
E-Mail info: sbsae-mo@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.comune.modena.it
L’amore di un uomo e di una donna sepolti insieme mano nella mano torna a vivere dopo 1500 anni.
La sensazionale scoperta della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna che nel 2009 fece il giro del mondo, viene presentata per la prima volta al pubblico.
Le analisi condotte da una équipe di archeologi e antropologi hanno fatto luce sulla storia di questa coppia e di altri membri della loro comunità sepolti tra V e VI secolo alle porte di Mutina.
L’uomo e la donna furono deposti insieme nel sepolcro dopo la morte avvenuta per entrambi all’età di circa 30 ani.
Nella tomba, una semplice fossa scavata nel terreno, fu deposto per primo il corpo dell’uomo (a sinistra), adagiato supino con il braccio sinistro disteso lungo il fianco, mentre quello destro era ripiegato sul bacino. Al momento della deposizione le mani dei due defunti furono intrecciate, sovrapponendo la mano della donna a quella dell’uomo.
Con questo gesto simbolo di amore, i familiari vollero forse sigillare per sempre all’interno del sepolcro l’affetto che li aveva uniti in vita. All’anulare della donna era infilato un semplice anello in bronzo, forse una fede nuziale.
Il sepolcreto che ospitava la tomba della coppia accoglieva anche altri membri della comunità. La parte principale della necropoli era riservata a sepolcri di uomini feriti a morte da colpi di spada, forse nel tentativo di difendere le loro case e le loro famiglie, e per questo onorarti come eroi. Le tombe infatti erano sormontate da monumenti costruiti in laterizi, talvolta coperti da lastre di pietra.
Le analisi antropologiche, condotte dall’équipe del professor Gruppioni del Laboratorio di Antropologia Archeologica del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, hanno permesso di identificare sulle ossa i segni dei colpi di fendente. Il caso più emblematico è rappresentato dallo scheletro di un individuo che presentava lesioni sia sul cranio sia sulle vertebre cervicali, dovute alla decapitazione dell’uomo per mezzo di un colpo inferto da una lama tagliente e affilata.
Non è ancora possibile precisare l’origine di questa comunità sepolta alle porte dell’antica Mutina fra la fine del V e il VI secolo d.C. Il rituale funerario, improntato sulla scelta di allineare le sepolture su file parallele e di deporre i corpi con il capo verso ovest, e forse anche la tipologia degli oggetti ritrovati, potrebbero suggerire un’origine germanica. Le prime attestazioni delle migrazioni di queste popolazioni nel modenese risalgono infatti già al IV secolo e nel secolo successivo la città dovette affrontare le conseguenze del passaggio dei Visigoti condotti da Alarico e degli Unni capeggiati da Attila. Circa un secolo dopo, nel 569, è probabile che Mutina sia stata conquistata dai Longobardi, ai quali sono riferibili importanti rinvenimenti archeologici nell’area urbana.
Il progetto di valorizzazione è stato sviluppato grazie alla collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.
La mostra rientra negli eventi in programma nell’edizione 2013 del Festival della Filosofia sull’Amore che si terrà a Modena, Carpi e Sassuolo nelle giornate del 13-14-15 settembre.
La sensazionale scoperta della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna che nel 2009 fece il giro del mondo, viene presentata per la prima volta al pubblico.
Le analisi condotte da una équipe di archeologi e antropologi hanno fatto luce sulla storia di questa coppia e di altri membri della loro comunità sepolti tra V e VI secolo alle porte di Mutina.
L’uomo e la donna furono deposti insieme nel sepolcro dopo la morte avvenuta per entrambi all’età di circa 30 ani.
Nella tomba, una semplice fossa scavata nel terreno, fu deposto per primo il corpo dell’uomo (a sinistra), adagiato supino con il braccio sinistro disteso lungo il fianco, mentre quello destro era ripiegato sul bacino. Al momento della deposizione le mani dei due defunti furono intrecciate, sovrapponendo la mano della donna a quella dell’uomo.
Con questo gesto simbolo di amore, i familiari vollero forse sigillare per sempre all’interno del sepolcro l’affetto che li aveva uniti in vita. All’anulare della donna era infilato un semplice anello in bronzo, forse una fede nuziale.
Il sepolcreto che ospitava la tomba della coppia accoglieva anche altri membri della comunità. La parte principale della necropoli era riservata a sepolcri di uomini feriti a morte da colpi di spada, forse nel tentativo di difendere le loro case e le loro famiglie, e per questo onorarti come eroi. Le tombe infatti erano sormontate da monumenti costruiti in laterizi, talvolta coperti da lastre di pietra.
Le analisi antropologiche, condotte dall’équipe del professor Gruppioni del Laboratorio di Antropologia Archeologica del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, hanno permesso di identificare sulle ossa i segni dei colpi di fendente. Il caso più emblematico è rappresentato dallo scheletro di un individuo che presentava lesioni sia sul cranio sia sulle vertebre cervicali, dovute alla decapitazione dell’uomo per mezzo di un colpo inferto da una lama tagliente e affilata.
Non è ancora possibile precisare l’origine di questa comunità sepolta alle porte dell’antica Mutina fra la fine del V e il VI secolo d.C. Il rituale funerario, improntato sulla scelta di allineare le sepolture su file parallele e di deporre i corpi con il capo verso ovest, e forse anche la tipologia degli oggetti ritrovati, potrebbero suggerire un’origine germanica. Le prime attestazioni delle migrazioni di queste popolazioni nel modenese risalgono infatti già al IV secolo e nel secolo successivo la città dovette affrontare le conseguenze del passaggio dei Visigoti condotti da Alarico e degli Unni capeggiati da Attila. Circa un secolo dopo, nel 569, è probabile che Mutina sia stata conquistata dai Longobardi, ai quali sono riferibili importanti rinvenimenti archeologici nell’area urbana.
Il progetto di valorizzazione è stato sviluppato grazie alla collaborazione tra Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna e Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.
La mostra rientra negli eventi in programma nell’edizione 2013 del Festival della Filosofia sull’Amore che si terrà a Modena, Carpi e Sassuolo nelle giornate del 13-14-15 settembre.
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