Caio Mario Garrubba. FREElance sulla strada
Dal 15 Aprile 2022 al 05 Giugno 2022
Napoli
Luogo: PAN Palazzo delle Arti Napoli
Indirizzo: Via dei Mille 60
Orari: tutti i giorni ore 10.00 – 19.30 (ultimo ingresso ore 18.45)
Curatori: Emiliano Guidi e Stefano Mirabella
Enti promotori:
- Archivio storico Luce/ Cinecittà SpA
- In collaborazione con
- Comune di Napoli
- COOP Culture
- Magazzini Fotografici
Sito ufficiale: http://www.coopculture.it
Le storie dell’arte, come ogni storia, non sono fisse cristallizzazioni nel tempo, ma vivono di verifiche, arricchimenti. A volte di riscoperte. Ora una grande mostra a Napoli regala una nuova visione di un maestro della fotografia, un artista apprezzato a livello internazionale, ma appartato nella storia e nei massimi circuiti, e che attende da tempo il giusto valore della sua scala. Che è quella di uno dei più grandi fotoreporter del XX secolo.
Il suo nome è Caio Mario Garrubba.
Caio Mario Garrubba – FREElance sulla strada, è il titolo della mostra fotografica promossa e organizzata dall’Archivio storico Luce, ospitata a al PAN, il Palazzo delle Arti Napoli, dal 15 aprile al 5 giugno. Realizzata in collaborazione con il Comune di Napoli, e con COOP Culture e Magazzini Fotografici, per la cura di Emiliano Guidi e Stefano Mirabella, in un percorso di 150 scatti, per la maggior parte inediti, la mostra restituisce finalmente un fotografo che ha segnato un’influenza enorme sul fotogiornalismo internazionale e la street photography. E che ha saputo unire con uno sguardo unico racconto sociale e risultati estetici impressionanti.
La mostra del PAN segue il successo della prima esposizione allestita a Roma, e segna un ritorno, perché questo grande artista internazionale proprio a Napoli è nato, e qui ha avuto la sua prima formazione esistenziale, culturale, di rapporti con i colleghi. La città non ospita una mostra personale di Garrubba dal 1983, quasi un quarantennio: l’occasione è di quelle da non perdere. Anche grazie auna nuova sala realizzata ad hoc, interamente dedicata al rapporto tra Garrubba e Napoli: trenta scatti su una città dalla bellezza che rapisce, vista dalla strada, ad altezza dell’umanità che la vive.
L’esposizione del PAN raccoglie allora il cuore temporale dell’opera di Garrubba, con scatti che vanno dai primi anni ’50 ai primi ’80.
Nato a Napoli, classe 1923, Garrubba è stato dal suo esordio alla macchina nel 1953 – nel mitico ‘Mondo’ di Mario Pannunzio, con un seminale reportage dalla Spagna franchista – un infaticabile reporter camminatore. Un freelance dello sguardo, scopritore di quattro-cinque mondi. Di popoli lontani, città, esistenze, che i lettori spesso conoscevano proprio grazie agli scatti della sua Leica. Dopo la Spagna Garrubba ha inviato reportage dall’Unione Sovietica (nel ’57, quando in Europa non c’era chi non si chiedesse cosa vi accadeva), dall’Europa dell’Est (fino a diventarne uno dei principali narratori occidentali), dalla Cina (secondo fotografo europeo inviato a effettuare scatti nella Repubblica Popolare), dalla Thailandia. Dagli Stati Uniti, dove proseguì la lezione degli amati reporter di ‘Life’, dei Walker Evans, e dove entrò in contatto con William Klein; dal Brasile, la Francia, la Grecia… e dalla sua Napoli, e il meridione italiano.
Felicemente avulso dalla foto sensazionale che ‘fa notizia’, le sue immagini sono state regolarmente pubblicate dalle principali testate internazionali, come ‘Life’‘Stern’ ‘Der Spiegel’, ‘Nouvel Observateur’, ‘Guardian’, ‘L’Express’, e sulla stampa italiana da ‘Il Mondo’, ‘L’Espresso’, ‘Epoca’, ‘La Repubblica’, ‘Il Messaggero’, ‘il Venerdì’, ‘Vie Nuove’. Non ambiva a fotografare i grandi personaggi, ma nessuno come lui ha catturato Mao, Kruscev, JFK e Nixon, come fossero persone comuni. Perché il cuore della fotografia di Garrubba è questo: le persone, la gente comune, lo spirito della vita e del tempo. Che non è corretto dire sono immortalati, perché nelle sue immagini la vita scorre con una meravigliosa fluidità. Ma che rendono le sue foto immortali.
E con le persone, un viscerale senso della giustizia sociale e delle ingiustizie, dell’abbattimento delle differenze e distanze imposte. Mai calato dall’alto, ma sempre accanto, lo sguardo di Garrubba sulla realtà mostra tutte le contraddizioni del potere, della politica, del comunismo, dell’occidente capitalista, l’indignazione e le domande di riscatto, sempre per una via di incantata bellezza.
Forse anche in virtù della sua poetica e politica, Garrubba nonostante il riconoscimento unanime di critici e colleghi, attende ancora di entrare nel novero di alcuni fotografi internazionali più blasonati, divenuti autori di costante esposizione, addirittura dei bestseller. E si pensa al più noto dei suoi colleghi-estimatori, quel Cartier-Bresson che ripetutamente, e senza successo, lo invitava a entrare nella grande agenzia Magnum.
Oggi la mostra del PAN spiega a pubblico e appassionati perché è giunta l’ora di Caio Garrubba.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Articolata in un percorso di 150 scatti, tra foto ‘totali’, stampe vintage e provini, Caio Mario Garrubba – FREElance sulla strada nasce da un lungo certosino lavoro di revisione operato dai curatori, su tutti i negativi, stampe e provini del Fondo Garrubba: un corpus di oltre 60.000 negativi e 40.000 diapositive, che dopo la scomparsa dell’autore nel 2015 è stato acquisito interamente dall’Archivio storico Luce nel 2017.
Il percorso si dipana in una prima sezione lineare, e in un secondo tempo di ‘focus’ tematici, secondo un modulo non didascalico o cronologico, ma di associazioni visuali e ideali, con raccordi sui soggetti, sui luoghi, temi, e soprattutto sugli sguardi. Come in un viaggio, un treno continuo che invita il visitatore a cercare le proprie connessioni.
Il titolo dell’esposizione gioca con la parola FREElance, proprio su questo aspetto del suo lavoro. Di reporter freelance, libero da appartenenze ma sentendosi a casa ovunque viaggiasse.
Gran parte in bianco e nero (formato che l’autore prediligeva al ‘più semplice’ colore), gli scatti esaltano così quella che è la prima e più immediata qualità dell’immagine di Garrubba: una composizione stupefacente. Le geometrie, la disposizione dei soggetti delle foto, le profondità di campo, in qualsiasi contesto siano prodotte, evocano un’armonia assolutamente perfetta. È da questa qualità cristallina, felice, ‘pittorica’, che le foto rendono più forte il contesto sociale e politico dello sfondo. La celebre immagine del bambino moscovita che osserva una colomba dentro una valigetta, o un piccolo parco animato per bambini a Stalinstadt nella DDR o a Pechino, i visitatori addormentati in un parco con lo svettante skyline di New York, sono figure che animano e teatralizzano un preciso taglio di tempo.
Le foto divengono emblemi. I meravigliosi scatti nella metropolitana newyorchese del 1970, densamente cinematografici, sono in prima battuta ritratti di un gruppo di persone e volti. Ma in mano a Garrubba una situazione quotidiana e particolare diventa sguardo preciso sul tempo storico in cui avviene. L’immagine si fa atlante storico e geografico.
La foto quotidiana diventa documento storico. Nelle sue immagini non c’è nulla di datato e cronachistico. Eppure, da queste foto si può avere uno spaccato preciso e comunicativo di cosa è stato un certo mondo – civilizzato, moderno, in buona sostanza ‘il nostro’ mondo – nella seconda metà del XX secolo. E scoprire che si tratta del mondo in cui tutt’ora risiediamo.
Garrubba mentre ritrae persone comuni, fa in realtà un ritratto del tempo.
La strada diventa luogo privilegiato del reporter. E tale è la personalità dello sguardo garrubbiano, che le diverse città sembrano somigliarsi, e non si saprebbero distinguere ‘Mosca 1957’ da ‘New York 1970’, o ‘San Salvador de Bahia 1958’ da ‘Napoli, Italia 1956’ se non fosse per le didascalie. In Garrubba l’elemento umano è universale, lo sguardo creativo abbatte le differenze. Scrive un grande fotoreporter, e sodale, come Tano D’Amico: ‘Dedicava la sua vita a colmare il fossato che per decenni i regimi avevano scavato per dividere immagini e vita reale. Per dividere immagini e popoli’. La sua estetica precisa e ricercata, si saldava con la continua istanza sociale, di questo fotografo coltissimo che leggeva i romanzieri americani, e insieme Gramsci e Bakunin, e citava come molto utile alla fotografia Caravaggio.
Tutto è politico nelle sue foto, perché tutte riguardano l’umano e i cittadini. Sono l’opera di un grande riconosciuto fotografo umanista. Si trovano una certa povertà e un vitale cattolicesimo nelle immagini del meridione d’Italia anni ’50; il controllo perenne – ma pieno di crepe, di piccole increspature curiose – nei paesi socialisti. Si trova l’alienazione dei commessi viaggiatori e dei lavoratori delle metropoli americane. La condizione dei proletari del pianeta. Ma in nessuno di questi luoghi ‘comuni’ si trova un giudizio, uno slogan, un preconcetto. Sono invece scatti complici, di mistero, di dolce sensualità.
Ciò che prevale è il magico, l’anima di queste persone. Nelle sue foto ci sono ‘solo’ persone, tratte quasi distrattamente dalle loro vite: spesso mentre camminano, mentre sono soprappensiero, quasi sempre mentre guardano – fuori campo – qualcosa. Dentro questa umanità di migliaia di sguardi, rappresentativi di qualsiasi essere umano, Garrubba ha ritratto l’intero felice travaglio del mondo.
L’immagine rubata del bacio di un soldato a Casablanca, un ufficiale distratto e bambini che scappano sorridenti davanti alle gigantografie di Marx e Lenin, il viso inquieto e fascinoso di una ragazza di Berlino est (un’istantanea indiretta e chirurgica di Guerra fredda), piazza San Pietro sotto la neve, una folla in ‘perfetto disordine’ su una scalinata di Varsavia, in attesa di non si sa cosa, un fotografo riflesso in una vetrina (un selfie)… Garrubba ha per tecnica di cogliere tutto il mondo di sorpresa. Perciò le sue immagini sono, a distanza di decenni, così vive, e nuove.
Non si può che rimanere stupiti di quanto lo sguardo di Caio Mario Garrubba porti il nostro a un’emozione di incanto quasi infantile. Sono foto che ci lasciano a occhi e bocca aperti, come bambini, per quanto sono cristalline, felici, perfette.
La seconda parte del percorso, ricrea dei ‘focus’ tematici, che sono un programma dello stile, le manie, gli stilemi che rendono tanto unico lo sguardo-Garrubba: soggetti ritratti di spalle; persone che dormono (dove si troveranno alcune delle più belle foto della mostra); persone che fanno fotografie; foto di gruppo.
CAMERA CON VISTA SU NAPOLI
Napoli ci appare nella mostra come quasi l’origine, e poi il punto di ritorno, di tutta la fotografia di Garrubba in giro per il mondo. Ritroviamo nelle foto del PAN, 30 scatti a colori e bianco e nero che soli varrebbero la visita, l’attenzione per la vita delle strade; gli sguardi onnipresenti dei bambini, che qui forse devono crescere più in fretta che altrove; sui vecchi che invece paiono perdersi in giochi sociali. Nelle foto napoletane di Garrubba c’è tutta la città che ci si aspetta di trovare, quel luogo dove l’esterno è trattato come un salotto di casa. Ma con in più un fatto straordinario: la città del golfo ci appare come una capitale del mondo, un timbro da cui prendono vita le immagini di Mosca, di Bangkok, di Pechino, New York. Non più luogo folkloristico e tipico, Napoli dei vicoli, del porto, dell’acqua, dei mercati, della gente comune che brilla di unicità, si scopre città globale. Vera metafora di come è fatto e composto socialmente il pianeta.
E un approfondimento prezioso nel rapporto tra il fotografo e la sua città sarà il workshop, tenuto da Stefano Mirabella, cocuratore della mostra e docente di fotografia, presso Magazzini Fotografici.
Il 7 e 8 maggio, due giorni dedicati alla fotografia, ispirati dal lavoro di Garrubba, in cui i partecipanti andranno alla scoperta di Napoli, ripercorrendo i luoghi, le vie e i mercati che Garrubba amava fotografare quando si trovava a lavorare nella sua città natale.
Una selezione delle foto realizzate dai partecipanti verrà poi stampata ed esposta al PAN, accanto alle immagini di Garrubba, dalla settimana successiva al workshop fino a chiusura della mostra.
Per info: http://www.magazzinifotografici.it/category/workshop/prossimi-workshop/
Completano il percorso 5 grandi pannelli che riproducono alcuni provini di Garrubba, un modo di entrare nell’officina creativa del fotografo. E una serie preziosa di stampe vintage.
Infine, due documenti audiovisivi rari e importante: le interviste realizzate dall’Archivio Luce ad Alla Folomietov, compagna di vita e di lavoro del fotografo, sua guida linguistica e non solo nei paesi dell’est, a lungo assistente di un regista del calibro di Nikita Mikalkov, e motore insostituibile del lavoro di Garrubba. Le interviste illuminano anche visivamente il suo lascito di artista. A lei è dedicata la mostra e il suo catalogo.
IL CATALOGO. L’ARCHIVIO.
Una guida alla riscoperta, e un volume che si pone come vero e proprio libro che ‘fa testo’ per un rinnovato sguardo su Caio Garrubba, è il catalogo, pubblicato da Cinecittà / Archivio storico Luce sempre per la curatela di Emiliano Guidi e Stefano Mirabella, che accanto alle foto in mostra, riproduce un prezioso apparato di documenti manoscritti e dattiloscritti di Garrubba, appunti, foglietti, e ritratti fotografici, e testi di cospicuo approfondimento, a partire dai saggi, che sono scavi e insieme dichiarazioni di magistero e di ammirazione, di due grandissimi fotografi come Tano D’Amico e Uliano Lucas con Tatiana Agliani, a fianco dei testi dei curatori e del direttore dell’Archivio Luce, Enrico Bufalini.
L’acquisizione del fondo Garrubba da parte dell’Archivio Luce nel 2017, un impegno per il futuro di conservazione, cura, diffusione di un patrimonio straordinario, rappresenta anche un nuovo impegno di un’istituzione europea dell’immagine come il Luce, che nel suo archivio conserva oltre 3 milioni di foto ed è inserita nel Registro Memory of the World dell’Unesco (unico archivio audiovisivo italiano ad avere questa tutela). La mostra e il catalogo dedicati a Caio Garrubba vogliono essere una modalità per contribuire alla storiografia sul fotogiornalismo e la fotografia in generale. Non si tratta solo di una proposta monografica, ma di valorizzare un fotografo italiano, farlo conoscere a livello internazionale, e riscrivere una pagina di quest’arte ponendolo come un valore assoluto dell’arte visiva del XX secolo. La mostra vuole affermare con forza che Garrubba merita di stare tra i più grandi, per valore estetico, storico e sociale. L’Archivio Luce lavora costantemente per dare a lui e ai nostri grandi fotografi la casa dentro cui viaggiare ancora.
Il suo nome è Caio Mario Garrubba.
Caio Mario Garrubba – FREElance sulla strada, è il titolo della mostra fotografica promossa e organizzata dall’Archivio storico Luce, ospitata a al PAN, il Palazzo delle Arti Napoli, dal 15 aprile al 5 giugno. Realizzata in collaborazione con il Comune di Napoli, e con COOP Culture e Magazzini Fotografici, per la cura di Emiliano Guidi e Stefano Mirabella, in un percorso di 150 scatti, per la maggior parte inediti, la mostra restituisce finalmente un fotografo che ha segnato un’influenza enorme sul fotogiornalismo internazionale e la street photography. E che ha saputo unire con uno sguardo unico racconto sociale e risultati estetici impressionanti.
La mostra del PAN segue il successo della prima esposizione allestita a Roma, e segna un ritorno, perché questo grande artista internazionale proprio a Napoli è nato, e qui ha avuto la sua prima formazione esistenziale, culturale, di rapporti con i colleghi. La città non ospita una mostra personale di Garrubba dal 1983, quasi un quarantennio: l’occasione è di quelle da non perdere. Anche grazie auna nuova sala realizzata ad hoc, interamente dedicata al rapporto tra Garrubba e Napoli: trenta scatti su una città dalla bellezza che rapisce, vista dalla strada, ad altezza dell’umanità che la vive.
L’esposizione del PAN raccoglie allora il cuore temporale dell’opera di Garrubba, con scatti che vanno dai primi anni ’50 ai primi ’80.
Nato a Napoli, classe 1923, Garrubba è stato dal suo esordio alla macchina nel 1953 – nel mitico ‘Mondo’ di Mario Pannunzio, con un seminale reportage dalla Spagna franchista – un infaticabile reporter camminatore. Un freelance dello sguardo, scopritore di quattro-cinque mondi. Di popoli lontani, città, esistenze, che i lettori spesso conoscevano proprio grazie agli scatti della sua Leica. Dopo la Spagna Garrubba ha inviato reportage dall’Unione Sovietica (nel ’57, quando in Europa non c’era chi non si chiedesse cosa vi accadeva), dall’Europa dell’Est (fino a diventarne uno dei principali narratori occidentali), dalla Cina (secondo fotografo europeo inviato a effettuare scatti nella Repubblica Popolare), dalla Thailandia. Dagli Stati Uniti, dove proseguì la lezione degli amati reporter di ‘Life’, dei Walker Evans, e dove entrò in contatto con William Klein; dal Brasile, la Francia, la Grecia… e dalla sua Napoli, e il meridione italiano.
Felicemente avulso dalla foto sensazionale che ‘fa notizia’, le sue immagini sono state regolarmente pubblicate dalle principali testate internazionali, come ‘Life’‘Stern’ ‘Der Spiegel’, ‘Nouvel Observateur’, ‘Guardian’, ‘L’Express’, e sulla stampa italiana da ‘Il Mondo’, ‘L’Espresso’, ‘Epoca’, ‘La Repubblica’, ‘Il Messaggero’, ‘il Venerdì’, ‘Vie Nuove’. Non ambiva a fotografare i grandi personaggi, ma nessuno come lui ha catturato Mao, Kruscev, JFK e Nixon, come fossero persone comuni. Perché il cuore della fotografia di Garrubba è questo: le persone, la gente comune, lo spirito della vita e del tempo. Che non è corretto dire sono immortalati, perché nelle sue immagini la vita scorre con una meravigliosa fluidità. Ma che rendono le sue foto immortali.
E con le persone, un viscerale senso della giustizia sociale e delle ingiustizie, dell’abbattimento delle differenze e distanze imposte. Mai calato dall’alto, ma sempre accanto, lo sguardo di Garrubba sulla realtà mostra tutte le contraddizioni del potere, della politica, del comunismo, dell’occidente capitalista, l’indignazione e le domande di riscatto, sempre per una via di incantata bellezza.
Forse anche in virtù della sua poetica e politica, Garrubba nonostante il riconoscimento unanime di critici e colleghi, attende ancora di entrare nel novero di alcuni fotografi internazionali più blasonati, divenuti autori di costante esposizione, addirittura dei bestseller. E si pensa al più noto dei suoi colleghi-estimatori, quel Cartier-Bresson che ripetutamente, e senza successo, lo invitava a entrare nella grande agenzia Magnum.
Oggi la mostra del PAN spiega a pubblico e appassionati perché è giunta l’ora di Caio Garrubba.
IL PERCORSO ESPOSITIVO
Articolata in un percorso di 150 scatti, tra foto ‘totali’, stampe vintage e provini, Caio Mario Garrubba – FREElance sulla strada nasce da un lungo certosino lavoro di revisione operato dai curatori, su tutti i negativi, stampe e provini del Fondo Garrubba: un corpus di oltre 60.000 negativi e 40.000 diapositive, che dopo la scomparsa dell’autore nel 2015 è stato acquisito interamente dall’Archivio storico Luce nel 2017.
Il percorso si dipana in una prima sezione lineare, e in un secondo tempo di ‘focus’ tematici, secondo un modulo non didascalico o cronologico, ma di associazioni visuali e ideali, con raccordi sui soggetti, sui luoghi, temi, e soprattutto sugli sguardi. Come in un viaggio, un treno continuo che invita il visitatore a cercare le proprie connessioni.
Il titolo dell’esposizione gioca con la parola FREElance, proprio su questo aspetto del suo lavoro. Di reporter freelance, libero da appartenenze ma sentendosi a casa ovunque viaggiasse.
Gran parte in bianco e nero (formato che l’autore prediligeva al ‘più semplice’ colore), gli scatti esaltano così quella che è la prima e più immediata qualità dell’immagine di Garrubba: una composizione stupefacente. Le geometrie, la disposizione dei soggetti delle foto, le profondità di campo, in qualsiasi contesto siano prodotte, evocano un’armonia assolutamente perfetta. È da questa qualità cristallina, felice, ‘pittorica’, che le foto rendono più forte il contesto sociale e politico dello sfondo. La celebre immagine del bambino moscovita che osserva una colomba dentro una valigetta, o un piccolo parco animato per bambini a Stalinstadt nella DDR o a Pechino, i visitatori addormentati in un parco con lo svettante skyline di New York, sono figure che animano e teatralizzano un preciso taglio di tempo.
Le foto divengono emblemi. I meravigliosi scatti nella metropolitana newyorchese del 1970, densamente cinematografici, sono in prima battuta ritratti di un gruppo di persone e volti. Ma in mano a Garrubba una situazione quotidiana e particolare diventa sguardo preciso sul tempo storico in cui avviene. L’immagine si fa atlante storico e geografico.
La foto quotidiana diventa documento storico. Nelle sue immagini non c’è nulla di datato e cronachistico. Eppure, da queste foto si può avere uno spaccato preciso e comunicativo di cosa è stato un certo mondo – civilizzato, moderno, in buona sostanza ‘il nostro’ mondo – nella seconda metà del XX secolo. E scoprire che si tratta del mondo in cui tutt’ora risiediamo.
Garrubba mentre ritrae persone comuni, fa in realtà un ritratto del tempo.
La strada diventa luogo privilegiato del reporter. E tale è la personalità dello sguardo garrubbiano, che le diverse città sembrano somigliarsi, e non si saprebbero distinguere ‘Mosca 1957’ da ‘New York 1970’, o ‘San Salvador de Bahia 1958’ da ‘Napoli, Italia 1956’ se non fosse per le didascalie. In Garrubba l’elemento umano è universale, lo sguardo creativo abbatte le differenze. Scrive un grande fotoreporter, e sodale, come Tano D’Amico: ‘Dedicava la sua vita a colmare il fossato che per decenni i regimi avevano scavato per dividere immagini e vita reale. Per dividere immagini e popoli’. La sua estetica precisa e ricercata, si saldava con la continua istanza sociale, di questo fotografo coltissimo che leggeva i romanzieri americani, e insieme Gramsci e Bakunin, e citava come molto utile alla fotografia Caravaggio.
Tutto è politico nelle sue foto, perché tutte riguardano l’umano e i cittadini. Sono l’opera di un grande riconosciuto fotografo umanista. Si trovano una certa povertà e un vitale cattolicesimo nelle immagini del meridione d’Italia anni ’50; il controllo perenne – ma pieno di crepe, di piccole increspature curiose – nei paesi socialisti. Si trova l’alienazione dei commessi viaggiatori e dei lavoratori delle metropoli americane. La condizione dei proletari del pianeta. Ma in nessuno di questi luoghi ‘comuni’ si trova un giudizio, uno slogan, un preconcetto. Sono invece scatti complici, di mistero, di dolce sensualità.
Ciò che prevale è il magico, l’anima di queste persone. Nelle sue foto ci sono ‘solo’ persone, tratte quasi distrattamente dalle loro vite: spesso mentre camminano, mentre sono soprappensiero, quasi sempre mentre guardano – fuori campo – qualcosa. Dentro questa umanità di migliaia di sguardi, rappresentativi di qualsiasi essere umano, Garrubba ha ritratto l’intero felice travaglio del mondo.
L’immagine rubata del bacio di un soldato a Casablanca, un ufficiale distratto e bambini che scappano sorridenti davanti alle gigantografie di Marx e Lenin, il viso inquieto e fascinoso di una ragazza di Berlino est (un’istantanea indiretta e chirurgica di Guerra fredda), piazza San Pietro sotto la neve, una folla in ‘perfetto disordine’ su una scalinata di Varsavia, in attesa di non si sa cosa, un fotografo riflesso in una vetrina (un selfie)… Garrubba ha per tecnica di cogliere tutto il mondo di sorpresa. Perciò le sue immagini sono, a distanza di decenni, così vive, e nuove.
Non si può che rimanere stupiti di quanto lo sguardo di Caio Mario Garrubba porti il nostro a un’emozione di incanto quasi infantile. Sono foto che ci lasciano a occhi e bocca aperti, come bambini, per quanto sono cristalline, felici, perfette.
La seconda parte del percorso, ricrea dei ‘focus’ tematici, che sono un programma dello stile, le manie, gli stilemi che rendono tanto unico lo sguardo-Garrubba: soggetti ritratti di spalle; persone che dormono (dove si troveranno alcune delle più belle foto della mostra); persone che fanno fotografie; foto di gruppo.
CAMERA CON VISTA SU NAPOLI
Napoli ci appare nella mostra come quasi l’origine, e poi il punto di ritorno, di tutta la fotografia di Garrubba in giro per il mondo. Ritroviamo nelle foto del PAN, 30 scatti a colori e bianco e nero che soli varrebbero la visita, l’attenzione per la vita delle strade; gli sguardi onnipresenti dei bambini, che qui forse devono crescere più in fretta che altrove; sui vecchi che invece paiono perdersi in giochi sociali. Nelle foto napoletane di Garrubba c’è tutta la città che ci si aspetta di trovare, quel luogo dove l’esterno è trattato come un salotto di casa. Ma con in più un fatto straordinario: la città del golfo ci appare come una capitale del mondo, un timbro da cui prendono vita le immagini di Mosca, di Bangkok, di Pechino, New York. Non più luogo folkloristico e tipico, Napoli dei vicoli, del porto, dell’acqua, dei mercati, della gente comune che brilla di unicità, si scopre città globale. Vera metafora di come è fatto e composto socialmente il pianeta.
E un approfondimento prezioso nel rapporto tra il fotografo e la sua città sarà il workshop, tenuto da Stefano Mirabella, cocuratore della mostra e docente di fotografia, presso Magazzini Fotografici.
Il 7 e 8 maggio, due giorni dedicati alla fotografia, ispirati dal lavoro di Garrubba, in cui i partecipanti andranno alla scoperta di Napoli, ripercorrendo i luoghi, le vie e i mercati che Garrubba amava fotografare quando si trovava a lavorare nella sua città natale.
Una selezione delle foto realizzate dai partecipanti verrà poi stampata ed esposta al PAN, accanto alle immagini di Garrubba, dalla settimana successiva al workshop fino a chiusura della mostra.
Per info: http://www.magazzinifotografici.it/category/workshop/prossimi-workshop/
Completano il percorso 5 grandi pannelli che riproducono alcuni provini di Garrubba, un modo di entrare nell’officina creativa del fotografo. E una serie preziosa di stampe vintage.
Infine, due documenti audiovisivi rari e importante: le interviste realizzate dall’Archivio Luce ad Alla Folomietov, compagna di vita e di lavoro del fotografo, sua guida linguistica e non solo nei paesi dell’est, a lungo assistente di un regista del calibro di Nikita Mikalkov, e motore insostituibile del lavoro di Garrubba. Le interviste illuminano anche visivamente il suo lascito di artista. A lei è dedicata la mostra e il suo catalogo.
IL CATALOGO. L’ARCHIVIO.
Una guida alla riscoperta, e un volume che si pone come vero e proprio libro che ‘fa testo’ per un rinnovato sguardo su Caio Garrubba, è il catalogo, pubblicato da Cinecittà / Archivio storico Luce sempre per la curatela di Emiliano Guidi e Stefano Mirabella, che accanto alle foto in mostra, riproduce un prezioso apparato di documenti manoscritti e dattiloscritti di Garrubba, appunti, foglietti, e ritratti fotografici, e testi di cospicuo approfondimento, a partire dai saggi, che sono scavi e insieme dichiarazioni di magistero e di ammirazione, di due grandissimi fotografi come Tano D’Amico e Uliano Lucas con Tatiana Agliani, a fianco dei testi dei curatori e del direttore dell’Archivio Luce, Enrico Bufalini.
L’acquisizione del fondo Garrubba da parte dell’Archivio Luce nel 2017, un impegno per il futuro di conservazione, cura, diffusione di un patrimonio straordinario, rappresenta anche un nuovo impegno di un’istituzione europea dell’immagine come il Luce, che nel suo archivio conserva oltre 3 milioni di foto ed è inserita nel Registro Memory of the World dell’Unesco (unico archivio audiovisivo italiano ad avere questa tutela). La mostra e il catalogo dedicati a Caio Garrubba vogliono essere una modalità per contribuire alla storiografia sul fotogiornalismo e la fotografia in generale. Non si tratta solo di una proposta monografica, ma di valorizzare un fotografo italiano, farlo conoscere a livello internazionale, e riscrivere una pagina di quest’arte ponendolo come un valore assoluto dell’arte visiva del XX secolo. La mostra vuole affermare con forza che Garrubba merita di stare tra i più grandi, per valore estetico, storico e sociale. L’Archivio Luce lavora costantemente per dare a lui e ai nostri grandi fotografi la casa dentro cui viaggiare ancora.
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