City of Campagna, DDT Art, Papari
Dal 31 Marzo 2018 al 10 Aprile 2018
Napoli
Luogo: PAN - Palazzo delle Arti Napoli
Indirizzo: via dei Mille 60
Orari: 9-19,30; martedì chiuso
Curatori: Gianni Nappa
Enti promotori:
- Assessorato alla Cultura e al Turismo - Comune di Napoli
Costo del biglietto: ingresso gratuito
E-Mail info: giovanni.nappa@gmail.com
La città intesa come luogo-contenitore di tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di essere identitari e inducono ad una riflessione esistenziale nel viverli: una scena ordinaria colta ai bordi di una strada meno suggestiva ed evidente, o non-luoghi dove la vita si ferma in una sospensione quasi metafisica, ponendo i fuochi visivi fuori dalla centralità quotidiana, sbilanciando il fruitore in un dialogo con l'opera non convenzionale.
Tali tematiche cittadine si condensano nel lavoro di tre artisti napoletani, i quali parlano di Napoli e non solo; provengono da formazioni diverse, ma con il comune denominatore di essere molto attenti alla realtà dell'attualità sociale, dei cambiamenti in atto, delle criticità della città e del suo vissuto.
Per Massimo Campagna la sintesi del linguaggio visivo si fa espressione forte della condizione dei migranti e viene affrontata con opere in cui è presente il "cammino" generazionale che dalla fine del XIX secolo ha visto prima gli italiani lasciare le loro città, ed in particolare Napoli e il sud, verso destinazioni di speranza di una nuova condizione del vivere. Allo stesso modo, le ultime generazioni di migranti dal sud del mondo partono verso l'Europa su barconi fatiscenti, carichi di guerre e frustrazioni e approdano, quando hanno fortuna, scalzi e denutriti sulle nostre coste.
Campagna presenta ritratti fotografici di migranti che non hanno bisogno di rappresentatività iconografica, né di una personalizzazione che non viene loro riconosciuta.
Nell'opera l'artista inserisce anche il proprio ritratto, come unicum di un vissuto collettivo, dove la tragedia di percorsi comuni si evidenzia con due opere che presentano i passi, pesanti, barcollanti, a volte strazianti, verso società che non sempre accolgono con le aperture auspicate. Una società cieca agli obiettivi umanitari e ripiegata sui propri interessi minimi di sopravvivenza. Campagna, d’altronde, si muove da anni nei territori dell’identificazione, dove scompaiono mano a mano i tratti personalizzanti, virando verso l’indefinita esistenza. È un artista attento al tempo in cui vive e impegnato nel denunciare lo stato delle cose.
Lo fa con una tecnica in cui la fotografia è in competizione con la pittura e la pittura segue la fotografia; attraverso di essa ed il processo con cui la realizza su metallo, ci offre il senso dei tempi.
Lucio DDTArt proietta in un mondo parallelo i suoi personaggi, come esito della dissennatezza del nostro tempo. Mondi sconvolti da post esplosioni nucleari, dove la solitudine della morte sfiorata lascia sul campo solo brandelli di memoria passata, di regole biologiche oramai mutate ed inserite in territori post industriali indefiniti, soli e abbandonati dalla vita. Scenari di ricostruzioni e feticci morfologicamente virati in un mix di tessuti biologici e materiali elettronici, dove il monito dell’artista è forte, ad indicare la strada verso cui l’umanità si è incamminata inconsapevole dei frutti che produrrà.
Artista sensibile e impegnato anche sul versante dell’azione performativa, incarna le generazioni che hanno vissuto da adolescenti degli anni novanta il disastro di Chernobyl in Unione Sovietica. Nel 1986 si verificò l’incidente nucleare in assoluto più grave di cui si abbia notizia. Il surriscaldamento provocò la fusione del nucleo del reattore e l’esplosione del vapore radioattivo. Circa 30 persone morirono immediatamente, altre 2500 nel periodo successivo per malattie e cause tumorali. L’intera Europa fu esposta alla nube radioattiva e per milioni di cittadini europei aumentò il rischio di contrarre tumori e leucemia.
Questo è il mondo che Lucio DDTArt rende, nella sua “visione” dove gli esseri viventi senza identità sono il resoconto di una sconfitta collettiva. Ne presenta in mostra uno scenario in cui entrare e passeggiare tra forti odori di gas e alienati prodomi di città oramai fantasma.
Alessandro Papari è un artista che, con la pittura e le cromie, ha determinato il proprio percorso dagli anni di formazione fino ad oggi, nel solco di una nuova figurazione che sapesse trarre dall’attualità i suoi spunti e temi, con la forza del disegno e la stratificazione di materie pittoriche, con l’attenzione costante alla fattura stessa dell’opera d’arte, in quanto frutto di una conoscenza tecnica e della capacità sensibile di interpretarne i significati. E direi, soprattutto nell’era dell’arte digitalizzata, dove i social rimandano un melting pot di immagini e opere di artisti improvvidi e senza sapere, quella di Papari è una pittura sicura e determinata, dove l’aspetto del quotidiano lavoro è fondamento di risultato e di una capacità che da mera realizzazione diventa forza espressiva e di interpretazione dell’attualità. Nelle opere in mostra, le scelte di un artista che nella tavolozza e negli impasti riesce a codificare un genere.
Le serie a tema sono l’esempio di un’attenzione non solo alle criticità di sistema, ma anche ai modi e alle mode di una società che cammina di pari passo con la crescita dell’artista e il suo punto di vista. Scorci di città e paesaggi con tagli di un vissuto quotidiano, dove Papari esalta il crescente senso di appartenenza dei suoi personaggi, che sfumano e scompaiono a volte dalla scena, mentre la vocazione alla riscoperta delle sensazioni vissute è forte e pregnante nell’opera con il bambino “Green Line”, di grande impatto emozionale.
Una ricerca sempre in progress, quella di Papari che, tra astrazione e figurazione, mantiene salda la sua riconoscibilità di fine interprete della pittura contemporanea.
Gianni Nappa
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