Lino Fiorito. Vesuvii
Dal 05 Marzo 2016 al 04 Aprile 2016
Napoli
Luogo: Museo Archeologico Nazionale
Indirizzo: piazza Museo Nazionale 19
Orari: 9-19.30
Enti promotori:
- MiBACT
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 4
Telefono per informazioni: +39 081 4422270
E-Mail info: man-na@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://cir.campania.beniculturali.it
Gli acquerelli in mostra ci presentano un Vesuvio sereno: “I Vesuvi sono quelli che, bambini, si costruivano al mare con la sabbia, quelli che emettevano anche fumo, grazie alle pagine di un vecchio giornale e a qualche cerino” (L. Fiorito). Invita alla contemplazione: è una forma pura nel paesaggio, priva della colorata e catastrofica bellezza di altre immagini del variegato e ricchissimo repertorio iconografico stratificatosi nel tempo.
Un’iniziativa del Servizio Educativo in collaborazione con Paolo Bowinkel Galleria d’Arte e Maurizio Marinella e con il Matronato della Fondazione Donnaregina per l’arte contemporanea. Fino al 4 aprile 2016.
Non è richiesta la prenotazione. Ingresso gratuito in occasione della inaugurazione
I “Vesuvi” di Lino Fiorito
Una parte molto considerevole di questo Museo deve la sua esistenza al Vesuvio. Una parte altrettanto cospicua almeno dell’immagine esteriore di Napoli è legata alla sua pregnante presenza. L’inconfondibile linea di contorno – che speriamo conservi a lungo la sua forma odierna – in dialogo con la curva del golfo; il monumentale stagliarsi fra cielo e mare che lo fa più imponente di quanto non sia in realtà; quella seducente dolcezza che è difficile non associare alla minacciosità, forse neppure sospettata dagli abitanti delle antiche Ercolano e Pompei; le eccezionali conseguenze dell’evento del 79 dopo Cristo, che a Wolfgang Goethe fece dire “Mai nessuna catastrofe ha procurato ai posteri tanta gioia come quella che seppellì queste città vesuviane”: tutto ciò, insieme con quel che artisti e scrittori e scienziati hanno espresso accrescendone la mitica figura, ha fatto del Vesuvio uno dei luoghi e segni più riconoscibili e coinvolgenti del nostro pianeta.
Perciò è facile cedere alla tentazione di aggiungere nuove rappresentazioni allo sterminato repertorio stratificatosi nel corso del tempo. Più difficile è entrarvi a far parte con nuovi punti di vista. Vi è riuscito, abbastanza recentemente, Warhol: creando una celebre serie di quadri urlanti, esplosivi. Vi riesce, oggi, Lino Fiorito: al contrario impegnando nella sua impresa (sette lavori insolitamente grandi per essere degli acquerelli, con i loro settanta centimetri per cento) una voce sommessa eppure capace di giungere lontano, con accenti tra i più delicati della sua spesso contenuta e discreta se non minima misura: già parzialmente annunciata qui all’Archeologico anni fa in “Scatole dell’eros”, dove, non evitando l’osceno, gli restituiva, per uno sguardo giocoso e leggero, l’innocenza che anche a esso senza dubbio può appartenere.
E inoffensivo ci dipinge ora anche il “formidabil monte”, come in un sogno calmo: gli dà una luce quasi diafana, lo fa fumare aggraziatamente, lo cala in un paesaggio anacronistico mettendo fra parentesi la pericolosità della sua presenza col rimuovere del tutto, dalle pendici e dalla stretta striscia di terra fra monte e mare, l’invadente edilizia più o meno autorizzata. Così, in queste morbide vedute in cui anche il sole non eccede, Fiorito sembra in qualche modo collegarsi all’immagine sacra dell’affresco di larario conosciuto come “Bacco e il Vesuvio”, con la montagna punteggiata da filari di viti arrampicate su pali e il corpo del dio vestito da un grappolo d’uva: uno dei dipinti più originali e preziosi del Museo nonostante o, forse, in parte proprio grazie a uno stile rapido e “popolare”. E qui poco importa se non è il nostro vulcano – cioè, più correttamente, il Somma, nel quale solo dopo il 1631 si formerà il Gran Cono che vediamo oggi – a esservi raffigurato: nella sua Geographia Strabone infatti aveva parlato, per il Vesuvio, di una “sommità… quasi del tutto spianata”, non una cima appuntita come quella dell’affresco.
Fiorito passa nella sua pittura, disinvoltamente e con leggerezza tutt’altro che irresponsabile, dall’astratto al concreto, che astratti e concreti sono, tutti e due, contemporaneamente: non è mai questo il punto, la questione: e per lui entrambi stanno profondamente “Dentro”, titolo sotto cui nel 2012 ha voluto riunire diciannove acquerelli in cui si vedono forme, talvolta di una liberissima geometria, ben meno immediatamente riferibili a “cose” cui tutti subito darebbero lo stesso nome, come è per i “Vesuvi”. “A furia di scavare dentro se stesso ogni artista affiora all’esterno”, ha scritto per quei piccoli fogli l’amico Luigi Trucillo, che presta alla nuova mostra una poesia. Anche questa volta l’artista è riuscito ad affiorare, dopo avere incontrato ‒ più all’interno che fuori ‒ il grande protagonista del nostro paesaggio: e per la levità con cui ora lo presenta a noi riesce difficile immaginare uno scavo sofferto.
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