Alberi! 30+1 Frammenti di Storia d’Italia
Dal 09 Marzo 2023 al 04 Giugno 2023
Padova
Luogo: Orto botanico dell’Università di Padova
Indirizzo: Via Orto Botanico 15
Sito ufficiale: http://www.ortobotanicopd.it
Raccontare la storia d’Italia attraverso i suoi alberi, il valore che custodiscono e la relazione emotiva che questi esseri viventi hanno con le persone. Questo l’obiettivo di Alberi! 30+1 Frammenti di Storia d’Italia, la mostra che vede esposti i disegni di Guido Scarabottolo accompagnati dalle narrazioni della paesaggista Annalisa Metta, dell’arboricoltore Giovanni Morelli e del divulgatore Daniele Zovi. Prodotta dall’Orto botanico dell’Università di Padova e ideata da M9 - Museo del ‘900, Alberi! apre al pubblico da oggi giovedì 9 marzo al 4 giugno 2023.
Lungo le tappe del percorso di visita e di lettura si incontrano esemplari e specie che sono vere e proprie meraviglie della natura, alberi monumentali e grandi patriarchi che popolano le colline e montagne italiane da secoli e a volte anche da millenni. Ma ci si imbatte anche, sorprendentemente, in fantasiose creazioni dell’ingegno umano: dall’Albero Finto di Natale a un’antenna rappresentata come se fosse un albero.
La mostra - e il volume di Marsilio Arte in vendita al bookshop - si compongono di 30 tavole originali realizzate appositamente per la mostra da Guido Scarabottolo, uno dei più noti illustratori italiani, e di 30 storie inedite. Ad arricchire la mostra quel +1: un’illustrazione di Guido Scarabottolo e una storia di Daniele Zovi che rappresentano proprio laPalma di Goethe, una delle piante simbolo dell’Orto botanico di Padova: la più antica, messa a dimora nel 1585, che incantò il poeta tedesco durante il suo viaggio in Italia nel 1786.
«Per una palma nana nata nel 1500 in qualche anfratto scosceso sopra il Mar Mediterraneo le aspettative di vita avrebbero potuto essere modeste, limitate dalle condizioni climatiche e dall’abitudine di essere estirpata dagli uomini per mangiarne i germogli – afferma il divulgatore Daniele Zovi –. Invece quella dell’Orto botanico di Padova è stata raccolta con cura e protetta con amore in una serra tutta per lei dove c’è ancora e dove la vide nel 1786 Wolfgang Goethe. La descrisse e le dedicò pensieri profondi sentendola simile a quella pianta originaria da cui immaginava fossero derivate tutte le altre. Una bella carriera».
«Cosa dicono gli alberi di noi, qui, adesso? Nel sentire comune oggi si attribuisce loro un destino salvifico. Però, proprio perché essi ci assomigliano, esprimono anche contraddizioni e ambiguità irrisolte, sollecitando a riconsiderare molte delle semplificazioni binarie con cui ci fingiamo di governare noi stessi e il mondo – sottolinea Annalisa Metta, architetta, paesaggista e autrice dei testi –. Undici degli alberi presenti in questa mostra manifestano una qualche forma di anomalia o stravaganza rispetto all’immaginario arboreo consueto. Sono tutti variamente perturbanti e lasciano a noi valutare se dar credito alle loro/nostre storie e se provarne conforto, divertimento, piacere o irrimediabile fastidio».
«Gli alberi monumentali sono… solo alberi. Ma le vite di questi esemplari finiscono per contenere quelle di molti uomini, espressione ultima della convivenza di lungo periodo tra ogni albero monumentale e la comunità che lo ospita – sottolinea Giovanni Morelli, arboricoltore e autore dei testi –. Così, al di là del suo indiscutibile fascino biologico, l’albero monumentale è tale quando cessa di essere un albero per diventare l’albero, facendosi simbolo, narrazione e testimonianza. Non può esistere albero monumentale senza memoria, senza narrazione, e senza contesto».
«Joyce diceva che da chi affrontava il suo Ulysses – conclude Guido Scarabottolo, uno dei più noti illustratori italiani – si aspettava che dedicasse alla lettura la stessa quantità di tempo che lui aveva dedicato alla scrittura del romanzo. Quando mi è stato proposto di disegnare questi alberi ho pensato che avrei potuto dedicare a ciascuno di essi (in media) meno di un centomillesimo del tempo che avevano impiegato a diventare quello che sono. La palma di San Pietro ha circa 160.000 giorni ed io, per disegnarla, ne ho impiegati un paio… Spero che la palma non si offenda troppo».
Una passeggiata tra alberi sopravvissuti e sopravviventi, tra alberi che non vogliono saperne di morire e altri che non germoglieranno mai, rimanendo per sempre uguali – al massimo languendo impolverati o sbiaditi dal sole – al momento in cui sono usciti non dalla terra, ma da una catena di montaggio. Alberi che sono sempre stati nella nostra penisola e intrusi del nostro paesaggio, venuti da lontano, di recente o in tempi antichissimi. Dallo smisurato Ficus di Palermo al Fico a testa in giù del Tempio di Mercurio di Baia, dal Pioppo della piccola vedetta lombarda all’unica sequoia sopravvissuta all’onda del crollo della diga del Vajont, fino all’Albero Finto Botanicamente Corretto, simbolo non più solo del Natale nei salotti e nei sogni moderni degli italiani, ma spettatore silente di tutti gli spazi pubblici che oggi abitiamo.
Gli alberi sono la nostra autobiografia ma anche parte del polmone della terra, sanno rigenerarsi e rimangono un esempio per tutti noi. Sedentari osservatori silenti che con il passare del tempo, seppur immobili, si costruiscono presente e futuro “mangiando” ostacoli e trasformando il paesaggio dove hanno messo radici. Alberi che parlano di chi eravamo e di chi siamo diventati e che potrebbero aprire qualche prospettiva sul Paese che vorremmo abitare.
Lungo le tappe del percorso di visita e di lettura si incontrano esemplari e specie che sono vere e proprie meraviglie della natura, alberi monumentali e grandi patriarchi che popolano le colline e montagne italiane da secoli e a volte anche da millenni. Ma ci si imbatte anche, sorprendentemente, in fantasiose creazioni dell’ingegno umano: dall’Albero Finto di Natale a un’antenna rappresentata come se fosse un albero.
La mostra - e il volume di Marsilio Arte in vendita al bookshop - si compongono di 30 tavole originali realizzate appositamente per la mostra da Guido Scarabottolo, uno dei più noti illustratori italiani, e di 30 storie inedite. Ad arricchire la mostra quel +1: un’illustrazione di Guido Scarabottolo e una storia di Daniele Zovi che rappresentano proprio laPalma di Goethe, una delle piante simbolo dell’Orto botanico di Padova: la più antica, messa a dimora nel 1585, che incantò il poeta tedesco durante il suo viaggio in Italia nel 1786.
«Per una palma nana nata nel 1500 in qualche anfratto scosceso sopra il Mar Mediterraneo le aspettative di vita avrebbero potuto essere modeste, limitate dalle condizioni climatiche e dall’abitudine di essere estirpata dagli uomini per mangiarne i germogli – afferma il divulgatore Daniele Zovi –. Invece quella dell’Orto botanico di Padova è stata raccolta con cura e protetta con amore in una serra tutta per lei dove c’è ancora e dove la vide nel 1786 Wolfgang Goethe. La descrisse e le dedicò pensieri profondi sentendola simile a quella pianta originaria da cui immaginava fossero derivate tutte le altre. Una bella carriera».
«Cosa dicono gli alberi di noi, qui, adesso? Nel sentire comune oggi si attribuisce loro un destino salvifico. Però, proprio perché essi ci assomigliano, esprimono anche contraddizioni e ambiguità irrisolte, sollecitando a riconsiderare molte delle semplificazioni binarie con cui ci fingiamo di governare noi stessi e il mondo – sottolinea Annalisa Metta, architetta, paesaggista e autrice dei testi –. Undici degli alberi presenti in questa mostra manifestano una qualche forma di anomalia o stravaganza rispetto all’immaginario arboreo consueto. Sono tutti variamente perturbanti e lasciano a noi valutare se dar credito alle loro/nostre storie e se provarne conforto, divertimento, piacere o irrimediabile fastidio».
«Gli alberi monumentali sono… solo alberi. Ma le vite di questi esemplari finiscono per contenere quelle di molti uomini, espressione ultima della convivenza di lungo periodo tra ogni albero monumentale e la comunità che lo ospita – sottolinea Giovanni Morelli, arboricoltore e autore dei testi –. Così, al di là del suo indiscutibile fascino biologico, l’albero monumentale è tale quando cessa di essere un albero per diventare l’albero, facendosi simbolo, narrazione e testimonianza. Non può esistere albero monumentale senza memoria, senza narrazione, e senza contesto».
«Joyce diceva che da chi affrontava il suo Ulysses – conclude Guido Scarabottolo, uno dei più noti illustratori italiani – si aspettava che dedicasse alla lettura la stessa quantità di tempo che lui aveva dedicato alla scrittura del romanzo. Quando mi è stato proposto di disegnare questi alberi ho pensato che avrei potuto dedicare a ciascuno di essi (in media) meno di un centomillesimo del tempo che avevano impiegato a diventare quello che sono. La palma di San Pietro ha circa 160.000 giorni ed io, per disegnarla, ne ho impiegati un paio… Spero che la palma non si offenda troppo».
Una passeggiata tra alberi sopravvissuti e sopravviventi, tra alberi che non vogliono saperne di morire e altri che non germoglieranno mai, rimanendo per sempre uguali – al massimo languendo impolverati o sbiaditi dal sole – al momento in cui sono usciti non dalla terra, ma da una catena di montaggio. Alberi che sono sempre stati nella nostra penisola e intrusi del nostro paesaggio, venuti da lontano, di recente o in tempi antichissimi. Dallo smisurato Ficus di Palermo al Fico a testa in giù del Tempio di Mercurio di Baia, dal Pioppo della piccola vedetta lombarda all’unica sequoia sopravvissuta all’onda del crollo della diga del Vajont, fino all’Albero Finto Botanicamente Corretto, simbolo non più solo del Natale nei salotti e nei sogni moderni degli italiani, ma spettatore silente di tutti gli spazi pubblici che oggi abitiamo.
Gli alberi sono la nostra autobiografia ma anche parte del polmone della terra, sanno rigenerarsi e rimangono un esempio per tutti noi. Sedentari osservatori silenti che con il passare del tempo, seppur immobili, si costruiscono presente e futuro “mangiando” ostacoli e trasformando il paesaggio dove hanno messo radici. Alberi che parlano di chi eravamo e di chi siamo diventati e che potrebbero aprire qualche prospettiva sul Paese che vorremmo abitare.
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